Il completamento di una strada. L’inquinamento acustico ed atmosferico che deriva dal più massiccio transito dei veicoli. La veduta in parte compromessa. I proprietari che fanno causa al Ministero delle Infrastrutture per ottenere un risarcimento. Il Tribunale prima, e la Cassazione poi, che danno loro torto. Sono gli ingredienti di una singolare vicenda processuale. Di seguito un estratto dell’ordinanza emessa dagli Ermellini lo scorso 12 settembre.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 12.9.2017,
n. 21150
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1. O.B. e G.M., deducendo di essere proprietari di un appartamento sito in Ancona, convenivano il Ministero delle Infrastrutture al fine di ottenere il risarcimento dei danni prodotti alla propria abitazione che a causa dei lavori di completamento della variante SS 16 e del viadotto della sopraelevata avrebbe subito una considerevole svalutazione stante la struttura e l’inquinamento acustico e atmosferico derivante dalla circolazione dei veicoli.
Gli attori precisavano, nelle successive memorie ex art. 183 comma 6 n. 1, due ordini di danno: l’uno da svalutazione dell’edificio in dipendenza sia dell’enorme struttura stradale realizzata sia dell’inquinamento acustico e atmosferico compromettente la qualità della vita e la salubrità dei luoghi; l’altro danno, biologico ed esistenziale ex artt. 844 e 2043 c.c., per le immissioni rumorose e di gas di scarico degli autoveicoli.
Gli attori allegavano la c.t.u. esperita nel precedente giudizio dinnanzi al medesimo Tribunale intentato contro il Comune di Ancona che si concludeva dichiarando il difetto di legittimazione passiva del convenuto.
Rimaneva contumace il Ministero delle Infrastrutture.
Il Tribunale di Ancona sulla base delle risultanze probatorie acquisite in giudizio con sentenza n. 745/2011 respingeva la domanda risarcitoria avanzata dagli attori non ritenendo debitamente provati i lamentati danni.
2. Avverso la pronuncia resa in primo grado proponevano appello O.B., in proprio e quale erede di G.M., nonché S.B e L.B., quali eredi della nominata defunta.
(omissis)
La Corte d’Appello di Ancona, con sentenza n. 701 dell’8 giugno 2016, rigettava l’appello non ritenendo sufficienti le prove dei danni effettivamente subiti a causa dei lavori pubblici così come allegate dagli attori a suffragio delle pretese risarcitorie avanzate.
3. Avverso tale pronuncia propongono ricorso in Cassazione O.B. in proprio e quale erede di G.M., nonché S.B. e L.B., con due motivi.
(omissis)
5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio con le seguenti precisazioni, di condividere le conclusioni cui perviene la detta proposta.
6.1. Con il primo motivo di ricorso lamentano l’illegittimità per violazione e falsa applicazione dell’art. 46 L.2359 del 1865 e, ora, art. 44 DPR 327 del 1865, nonché degli artt. 2043 e 2697 c.c. (art. 360 n 3 c.p.c.). Il giudice del merito avrebbe errato perché sostiene che parte appellante non abbia mai allegato il fatto della ridotta luminosità, panoramicità e godibilità dell’immobile e non abbia mai avanzato richieste istruttorie finalizzate a provare le limitazioni delle predette utilità. Invece nell’atto introduttivo di lite si legge che “l’abitazione ha subito una considerevole svalutazione dalla realizzazione dell’enorme infrastruttura che la sovrasta, regione del notevole inquinamento acustico e atmosferico, causato dalla circolazione dei veicoli. Inoltre gli attori hanno documentato il danno, producendo la consulenza tecnica d’ufficio della precedente causa introdotta contro il Comune di Ancona. Hanno chiesto ed ottenuto dal giudice la produzione di tutta la documentazione afferente l’esecuzione dei lavori di completamento della variante alla S.S. 16 e del viadotto della sopraelevata nel tratto prossimo alla loro abitazione. Quindi sostengono i ricorrenti che l’onere della prova è stato dunque pienamente assolto.
6.2. Con il secondo motivo di ricorso denunciano l’illegittimità per violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 c.c., 115 c.p.c. e ss., artt. 191 e 156 c.p.c., art. 2697 c.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.). Sostengono i ricorrenti che l’art. 115 c.p.c. integra il principio dispositivo della prova con due facoltà riconosciute al giudice: di porre a fondamento della decisione i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita; senza bisogno di prova, le nozioni che rientrano nella comune esperienza. Quindi il giudice nel merito avrebbe potuto fondare il proprio convincimento su tali nozioni anche senza bisogno di ulteriori supporti probatori.
7. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono entrambi inammissibili.
I ricorrenti non colgono la ratio decidendi della sentenza. Il giudice di merito ha affermato che il nuovo orientamento giurisprudenziale introdotto da Cass. 3 luglio 2013 n. 16619 consente al giudice di valutare il danno da svalutazione in termini di amenità e panoramicità dell’immobile, ma che nel caso di specie sotto tale profilo la domanda non sia stata provata. Sostiene il giudice che gli odierni ricorrenti non hanno mai allegato il fatto della ridotta luminosità panoramicità e godibilità dell’immobile, né sono mai state avanzate richieste istruttorie finalizzate a provare la limitazioni delle predette utilità. Ha anche analizzato sotto tale aspetto la consulenza espletata.
(omissis)
8. Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il ricorso va dichiarato inammissibile. Non occorre pronunciarsi sulle spese in considerazione del fatto che l’intimato Ministero non ha svolto attività difensiva.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.