[A cura di: Studio legale MaBe & Partners]
Con sentenza del 26 luglio 2017 n. 18569, la Corte di Cassazione ha dichiarato che, qualora l’amministratore di condominio ritenga una assemblea condominiale ingovernabile in ragione del comportamento dei condòmini, lo stesso è legittimato a chiuderla e, inoltre, le successive liberazioni dei condomini prese al di fuori della suddetta seduta assembleare sono da considerarsi come non valide.
La vicenda prende spunto da un’assemblea condominiale, ritualmente convocata e tenutasi in seconda convocazione, con all’ordine del giorno l’approvazione dei consuntivi, nonché la conferma e nomina dell’amministratore e l’approvazione del bilancio preventivo. Successivamente alle contestazioni mosse da alcuni condòmini, l’amministratore – ritenendo l’assemblea ingovernabile – decideva di chiudere il verbale alle ore 21,10, concludendo la seduta; alle ore 21,15, alcuni dei condòmini rimasti aprivano un successivo e nuovo verbale, deliberando sui restanti punti, chiudendo l’assemblea alle ore 22,10.
La Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire che le deliberazioni prese dai condòmini nel caso de quo non potevano essere considerate valide ed efficaci in ragione del lasso temporale intercorso fra la chiusura della prima assemblea e le successive deliberazioni prese dai condòmini “ammutinati”: infatti, secondo la Suprema Corte, le decisioni prese da tali condòmini non possono essere considerate come un “prolungamento temporale” della prima assemblea, ma devono essere atomisticamente considerate come parte di un’autonoma e diversa assemblea, per la quale non risultava sufficiente, dunque, la presenza dei condòmini dissenzienti. Secondo le parole della Cassazione “è stato necessario che occorresse una nuova convocazione di tutti i condòmini al fine di considerare valida l’assemblea, osservandone i quorum costitutivi prescritti per la prima convocazione”.
Tale presa di posizione risulta essere innovativa, in quanto per lungo tempo la Corte di Cassazione ha ritenuto essere legittima la correzione apportata nella copia del verbale assembleare, nella quale è stato eliminato l’errore in relazione al computo dei millesimi: in questo caso si trattava di mera correzione di errore materiale che, quand’anche effettuata nel termine dell’assemblea, non può essere in grado di inficiare la validità della stessa, ben invece potendo il verbale essere corretto ove si riscontri un errore materiale successivamente alla conclusione dell’assemblea (così, Cass. Civ., Sez. II, n. 6552/2015).
Inoltre, ai sensi del disposto dell’art. 1336, co. 2, c.c., “se l’assemblea non può deliberare per mancanza di numero, l’assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima”: la seconda seduta deve celebrarsi il giorno successivo a quella prevista per la prima, e non oltre dieci giorni da essa.
Nel caso soprammenzionato, sembrerebbe trovarci di fronte ad un’interpretazione creativa della giurisprudenza della Cassazione.