[A cura di: Guido Pesaro, responsabile nazionale Cna Installazione Impianti]
Quella che manca è una strategia. Anche quest’anno nella Legge di Bilancio è stata inserita la consueta proroga temporanea agli incentivi fiscali per le ristrutturazioni edilizie, come da 20 anni a questa parte, ed agli ecobonus per gli interventi di efficientamento energetico. Non si è avuto il coraggio, per l’ennesima volta, di rendere stabili e strutturali dei provvedimenti che hanno contribuito non poco a mitigare gli effetti della crisi che ha colpito il settore delle costruzioni ed a migliorare l’efficienza dei nostri impianti ed il risparmio energetico dei nostri edifici.
La strutturalità delle detrazioni fiscali resta, infatti, uno dei principali elementi di politica industriale che può garantire al settore delle costruzioni nel suo complesso una prospettiva di uscita dalla crisi. In Parlamento si è ormai sviluppata una coscienza comune sul problema, risultato a cui non è stata estranea l’azione compiuta in questi anni dalla Cna. Non va del resto dimenticato che è stata proprio la Cna, nel lontano 1994, a lanciare per la prima volta la proposta di detrazioni fiscali per i lavori di ristrutturazione, e che sempre la Cna è stata in prima linea nel chiedere ai vari governi che si sono succeduti alla guida del paese la stabilizzazione delle detrazioni.
Secondo quanto riportato dal dossier predisposto dal servizio studi della Camera dei Deputati, in collaborazione con il Cresme, gli incentivi fiscali per il recupero edilizio e per la riqualificazione energetica hanno interessato – dal 1998 al 2017 – circa 16 milioni di interventi, ed attivato investimenti pari a 264 miliardi di euro, di cui 229,4 miliardi hanno riguardato il recupero edilizio e 34,6 miliardi la riqualificazione energetica. Va inoltre sottolineato che le misure di incentivazione hanno attivato un volume importante di investimenti proprio a partire dal 2013, cioè in corrispondenza della maggiorazione dal 36% al 50% delle aliquote per le ristrutturazioni edili e dal 55% al 65% per le riqualificazioni energetiche.
Diminuire, quindi, dal 65% al 50% l’aliquota per l’installazione di caldaie a condensazione assomiglia molto ad un autogol. Si è, in pratica, equiparato un intervento di efficientamento energetico, che ha determinate complessità tecniche e procedurali, ad uno di ristrutturazione edilizia che gode, invece, di procedure molto più semplificate e non deve dimostrare requisiti prestazionali.
Per quale ragione un cittadino che vuole installare una caldaia a condensazione dovrebbe accedere all’ecobonus, con tutti gli adempimenti burocratici da espletare, se può tranquillamente usufruire dell’analogo incentivo del 50% per le ristrutturazioni edilizie? Tanto varrebbe equipararli ufficialmente, evitando, a chi vuole far installare una caldaia a condensazione per migliorare l’efficienza energetica della propria casa, pratiche burocratiche che confermino la reale riqualificazione e che, evidentemente, per qualcuno sono solo degli inutili pezzi carta che non servono.