[A cura di: avv. Gerardo Michele Martino – presidente Mapi]
Negli ultimi giorni si assiste alla rinascita di un paradossale dibattito, tra gli addetti ai lavori, sull’impellente necessità, quale unico rimedio alla crisi irreversibile della professione di amministratore condominiale, di costituire un ordine con relativo albo degli amministratori di condominio.
Da parte di alcuni si chiede che il legislatore intervenga celermente attivandosi con idonee iniziative, affinché si istituisca il nuovo albo professionale degli amministratori di condominio, con tutto quello che ne consegue; un nuovo esame di stato, una nuova cassa previdenziale autonoma, una nuova legge professionale ad hoc. E nuovi oneri per lo stato.
A un più scrupoloso cultore della materia non sfuggirà che l’iniziativa non è nuova, ma risale al lontano 1993, quando la materia fu trattata dal disegno di Legge n. 1256 avente a oggetto la “Istituzione dell’albo degli amministratori di stabili in condominio”. Approvato dalla seconda commissione permanente (Giustizia) della Camera dei deputati il 20 maggio 1993, il dettato normativo accontentava totalmente le richieste oggi avanzate, riservando l’attività professionale esclusivamente agli iscritti, istituendo un esame statale di abilitazione, un contributo annuale per gli iscritti, le tariffe professionali obbligatorie.
Gli irredentisti della materia dimenticano di ricordare che il disegno di Legge ricevette la sonora bocciatura dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che, con nota del 5 ottobre 1993, dichiarò il disegno di legge, tanto nel suo complesso, che nelle singole disposizioni, restrittivo della libera concorrenza. E la nota colpì nel segno, tanto che l’iniziativa naufragò irrimediabilmente.
Appare necessario, a delucidazione di quanto argomentato, riportare un estratto originale della nota: “L’Autorità ha ritenuto che, nel caso degli amministratori di stabili, difficilmente possano riconoscersi quelle esigenze di tutela del consumatore che giustificano la limitazione agli accessi alla professione. La proposta legislativa, quindi, introduce ingiustificate restrizioni all’esercizio di tale attività. In particolare, in evidente contrasto con i principi della libertà di iniziativa economica, si pone il divieto di esercitare la professione di amministratore per i soggetti iscritti in altri albi professionali (salvo che non si tratti di uno dei condòmini). Una ingiustificata violazione dei principi concorrenziali appare, inoltre, la fissazione dei compensi per decreto, perché impedisce al sistema dei prezzi di operare. In conclusione, l’Autorità ha ritenuto che, soprattutto in un momento in cui indicative tendenze nazionali e comunitarie sono orientate verso una deregolamentazione del settore delle libere professioni, il disegno di legge in questione risulta, tanto nel suo complesso che nelle singole disposizioni, restrittivo della libera concorrenza”.
I nostalgici di una iniziativa nata morta dimenticano di ricordare che ad oggi, nel 2017, le tariffe professionali sono state abolite anche per i professionisti ordinistici (avvocati, commercialisti, ingegneri ecc…) e che la materia delle professioni non inserite in ordini o collegi è stata mirabilmente regolata da una legge, la n. 4/2013, che ha determinato, accanto alle professioni ordinistiche, la nascita delle professioni associative, tra cui appunto i medesimi amministratori.
Il particolare che più sconcerta e che nel dibattito intervengono, forse inconsapevolmente, i referenti delle attuali associazioni private di categoria a tutela della professione, i quali invece di avallare inutili passatismi, a parere di chi scrive dovrebbero attivarsi per sponsorizzare tra i condomini le nuove leggi che regolano la professione di amministratore: la già citata legge 4/2013 e il regolamento n. 140 del 2014, che regola formazione degli amministratori di condominio e che finalmente, dopo tempo, ha avviato un percorso di dignità e riconoscimento della qualifica professionale.
Noi del Mapi, non vogliamo illudere gli amministratori professionisti con inapplicabili retaggi storici, ma avanziamo la nostra proposta per il pieno riconoscimento dell’attività professionale: la modifica del 14° comma dell’articolo 1129 del Codice Civile, prevedendo, a pena di nullità, per l’amministratore, l’obbligo all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo di fornire al condominio idonea prova dell’adeguamento agli obblighi di formazione e/o aggiornamento professionale.