Una fessurazione della canna fumaria a servizio di un alloggio fa sì che venga puntualmente “inondato” di odori sgradevoli di cucina l’appartamento dei vicini di casa. Questi ultimi, come conferma la Cassazione, vanno risarciti. Di seguito, un estratto della sentenza.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III pen., sent. n. 50620/2017
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1. Con sentenza del 16 aprile 2008 il Tribunale di Gorizia aveva assolto perché il fatto non sussiste R.V. e M.P. dal reato di cui all’art. 674 cod. pen. (contestato per avere provocato immissioni continue di fumi, odori e rumori nell’appartamento sovrastante, occupato dai coniugi V.P. e W.H., idonee a imbrattare l’immobile di loro proprietà e a cagionare loro offesa e molestia).
La Corte d’appello di Trieste, provvedendo sulla impugnazione delle parti civili, ha riformato tale sentenza, condannando gli imputati in solido tra loro al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio, e alla rifusione alle parti civili delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto congiuntamente ricorso per cassazione entrambi gli imputati, affidato a due motivi.
2.1. Con un primo motivo hanno lamentato la mancata assunzione di una prova decisiva e vizio della motivazione.
Hanno lamentato la mancata disposizione di un accertamento in concreto del superamento dei limiti di normale tollerabilità di cui all’art. 844 cod. civ., essendo stata accertata solamente la presenza di odori sgradevoli, legata a una impressione soggettiva, e di una crepa nella canna fumaria, a un metro di distanza dall’imbocco dell’abitazione delle parti civili, da cui non era però possibile desumere l’entità delle immissioni, con la conseguente omissione di un accertamento avente portata decisiva ai fini dell’accertamento del fatto.
(omissis)
3. La parti civili, W.H. e V.P., hanno depositato memoria, mediante la quale hanno resistito alla impugnazione degli imputati, evidenziando quanto emerso dall’istruttoria svolta, a proposito delle immissioni provenienti dalla canna fumaria in uso alla abitazione degli imputati e alla intollerabilità dei fumi e degli odori dalla stessa provenienti, e contestando la rilevanza della prescrizione del reato eccepita dai ricorrenti, in considerazione della formazione del giudicato in ordine alla pronuncia di assoluzione degli imputati.
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Le censure sollevate dai ricorrenti con il primo motivo, mediante il quale hanno prospettato vizio della motivazione della sentenza impugnata e lamentato la mancata assunzione di una prova decisiva (consistente in una perizia volta a stabilire l’entità delle immissioni), oltre che generiche e disancorate dalla motivazione della sentenza impugnata, non tengono conto che il controllo demandato alla Corte di legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza alcuna possibilità di rivalutare in una diversa ottica, gli argomenti di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o di verificare se i risultati dell’interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo.
(omissis)
La Corte territoriale ha, con motivazione congrua e immune da vizi logici, fondato la condanna dei ricorrenti al risarcimento del danno in favore delle parti civili sulla accertata esistenza (mediante video ispezione) di una fessurazione nella canna fumaria a servizio della loro abitazione, a circa un metro di distanza dall’appartamento soprastante abitato dalle parti civili, e sulla regolare e costante provenienza dalla stessa di odori di cucina sgradevoli, emergente dalla deposizione dello stesso W.H., nonché del teste C., e di quanto accertato negli altri giudizi penali e civili relativi alla medesima vicenda, conclusisi, a seguito di accertamenti tecnici, con la condanna degli imputati alla esecuzione dei lavori necessari ad eliminare la fessurazione presente nella condotta di aspirazione dei fumi e degli odori a servizio della loro abitazione.
I ricorrenti, invece, come risulta dallo stesso ricorso, pur prospettando, peraltro genericamente, vizi della motivazione e mancata assunzione di una prova decisiva (della quale, peraltro, non hanno prospettato l’idoneità a sovvertire la struttura argomentativa della sentenza impugnata, con la conseguente inammissibilità della doglianza), propongono, in realtà, una rivisitazione del materiale probatorio, censurando l’accertamento del superamento della normale tollerabilità dei fumi e degli odori provenienti dalla loro abitazione, cui la Corte territoriale è pervenuta in modo logico, attraverso quanto riferito dai testimoni esaminati e sulla base delle precedenti decisioni di condanna degli imputati, con la conseguente manifesta infondatezza della doglianza, volta a censurare un accertamento di fatto immune da vizi logici, non sindacabile, di conseguenza, sul piano del merito, nel giudizio di legittimità.
(omissis)
4. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, a cagione della manifesta infondatezza di entrambe le doglianze cui è stato affidato.
(omissis)
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.