[A cura di: Daniele Barbieri – segretario generale Sunia]
È già assurdo che si ritorni a parlare dopo il DL 50/2017 della tassazione sugli affitti turistici. Ma ancor più sconcertante è che si ipotizzi una cedolare al 10%, motivandola con la necessità di contrastare l’evasione fiscale. Se il contrasto all’evasione fiscale si fa abbassando le tasse sulle rendite, i lavoratori dipendenti continueranno a pagarle per tutti. Ricordiamo ai paladini di questa ingegnosa proposta che già la cedolare al 21% prevista dalla manovra correttiva di giugno è un vantaggio secco per la proprietà, prima assoggettata alla tassazione Irpef. Ridurla ulteriormente prevedendo un vantaggio, peraltro molto dubbio sotto il profilo costituzionale, solo a chi utilizza le piattaforme di multinazionali come Airbnb, è sinceramente inaccettabile.
Ma non basta. Mentre a Parigi, Amsterdam, Barcellona si studiano e si adottano norme per arginare il fenomeno della trasformazione degli alloggi da abitazione a bed e breakfast, in Italia, dove già città come Venezia e Firenze sembrano abitate solo da turisti, si fa esattamente il contrario.
Così, si consuma anche qualsiasi tentativo di governare la dinamica degli affitti abitativi con la conferma della cedolare al 10% per i contratti concordati. La domanda è scontata: perché si dovrebbe affittare ad un canone più basso di quello di mercato quando si può tranquillamente affittare per brevi periodi a canoni molto più alti pagando la stessa tassa?