[A cura di: Avv. Gabriele Bruyère – Presidente Nazionale Uppi]
È senza dubbio necessaria e doverosa una puntualizzazione in merito al registro anagrafe condominiale a seguito dell’intervento sulla disciplina del condomino da parte del D.L. 145/2013, convertito con modificazioni dalla L. 21 febbraio 2014 n. 9, noto come Decreto Destinazione Italia, e per quanto qui interessa particolarmente sull’art. 1130 n. 6 del codice civile da parte dell’art. 1 comma 9 lettera c).
L’intervento normativo ha senza dubbio apportato un ulteriore aggravio alle attribuzioni dell’amministratore laddove dopo le parole “nonchè ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza” sono state inserite le parole “delle parti comuni dell’edificio”.
L’aggravio è dato non solo dal fatto che il registro anagrafe condominiale è uno dei quattro libri “obbligatori” che la nuova legge n. 220/2012 ha imposto all’amministrare di tenere e di curarne la tenuta (a pena di revoca), ma anche dalla mancanza di ogni specificazione sulla tenuta di questo registro. E a tutt’oggi, nonostante le richieste ai Ministeri competenti di UPPI, Federproprietà, Arpe, Confappi e Anaci, e nonostante i convegni organizzati in merito da queste associazioni, non è ancora giunta alcuna interpretazione legislativa di tale norma né una qualche spiegazione su come deve essere tenuto dagli amministratori tale registro “obbligatorio”: proprio la mancanza quantomeno di circolari ministeriali esplicative ha impedito ancora oggi la pubblicazione e la vendita di appositi regolari registri anagrafe condominiale. I dubbi di redazione ovviamente non riguardano le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, e i dati catastali di ciascuna unità immobiliare che il registro anagrafe condominiale deve contenere, ma proprio la nuova prescrizione legislativa riferita ad ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni del condominio. E la giustificazione di tale integrazione è facilmente reperibile nella “relazione” che ha accompagnato il nuovo testo: “con la lettera c) si specifica che i dati relativi alle condizioni di sicurezza da inserire nell’anagrafe condominiale sono quelli relativi alle parti comuni dell’edificio, di cui all’articolo 1117 del Codice civile, evitando che la formulazione normativa più generica possa dar luogo a intromissioni nelle proprietà individuali anche allorché le attività ivi realizzate non interferiscano in alcun modo con la tutela delle strutture essenziali e comuni (tra cui quelle portanti dell’edificio), indicate nell’articolo 1117”.
Orbene, né nel testo del decreto legge, né nella relazione di accompagnamento, né soprattutto nella legge di conversione si fa riferimento alcuno ad un fantomatico RAS definito, non si sa bene da chi, registro anagrafe sicurezza; ed ancor meno, come si rinviene in molte note ed articoli anche di operatori del settore, che tale fantomatico registro dovrebbe essere allegato in qualche modo all’unico registro previsto dal legislatore che deve essere tenuto a cura dell’amministratore del condominio, e cioè al registro anagrafe condominiale. Detto inesistente registro anagrafe sicurezza – definito, si ribadisce non si sa da chi, RAS – non è assolutamente previsto da alcuna legge, né dall’art. 1130 n. 6 cod. civ. come modificato dalla legge n. 220/2012. Né è previsto alcun modulo VCS (valutazione condizioni sicurezza), altra invenzione, che viene spacciato come obbligatorio e la cui nascita sarebbe dovuta al predetto decreto-legge n. 145/2013. Poiché gli amministratori di condominio sono oberati dal legislatore di responsabilità ed i condomini (i proprietari) sono i soggetti più oberati di spese (ivi compresa una tassazione al di là dell’inverosimile) non pare il caso di addossare incombenze e oneri al di là di quanto prevede la legge in materia di sicurezza delle parti comuni del condominio. Ed il legislatore, tenuto conto che un libretto del fabbricato potrebbe essere effettivamente troppo oneroso per tutti non ha fatto altro che istituirlo semplicemente richiedendo che nel registro dell’anagrafe condominiale (libro che obbligatoriamente deve essere tenuto dall’amministratore) fossero inseriti semplicemente dall’amministratore stesso i dati delle sicurezza delle parti comuni del condominio: non ha richiesto di inserire all’interno di detto registro altri registri (il fantomatico RAS)e meno che meno che dovesse essere fatta una valutazione delle condizioni di sicurezza (VCS) che comporterebbero una serie di costi notevoli per i condomini ed un impegno dell’amministratore che non rientra nelle sue competenze ed anche nel suo compenso. Vediamo allora, nel tentativo di semplificare quanto richiesto all’amministratore quali sono questi dati della sicurezza in relazione alla sua responsabilità e a quella del condominio quanto meno in via esemplificativa. Appare ovvio immediatamente che i dati relativi alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell’edificio non possono derivare dalla semplice constatazione delle parti stesse d parte dell’amministratore, ma sono, in primis, i dati inseriti nelle certificazioni obbligatorie come quelle di cui alle normative di legge sugli impianti comuni che devono attestare la conformità degli impianti alle norme vigenti (ad esempio la documentazione relativa alla centrale termica, all’ascensore, etc…).
Pertanto l’amministratore dovrà inserire nel registro dell’anagrafe condominiale:
Quanto sopra senza dimenticare che non possono in ogni caso mancare:
Non vi è allo stato, come si è detto, alcuna indicazione di alcun genere su come devono essere inseriti i dati della sicurezza nel Registro Anagrafe Condominiale, ma certo è che l‘amministratore non deve tenere due registri. Dovendo solo inserire detti dati è sufficiente che i dati della sicurezza siano inseriti in qualche modo all’interno del Registro Anagrafe, senza particolari formalismi ma con la semplice accortezza che tutti i dati siano immediatamente individuabili all’occorrenza da chi ha necessità di consultare il registro per qualsiasi motivo; e considerato anche che questi dati devono già essere in possesso dell’amministratore l’inserimento degli stessi dati è un preciso obbligo di legge che incombe sull’amministratore stesso. Laddove non ne sia in possesso, ma non se ne vede il motivo, l’amministratore non potrà procrastinare nel tempo la registrazione e dovrà senza indugio informare l’assemblea della necessità dell’adempimento al fine di eseguirla al più presto perché, a prescindere dalla revoca cui può andare incontro, dalla documentazione mancante può derivare pericolo per le cose comuni di cui egli ed il condominio sono indubbiamente custodi a sensi dell’art. 2051 cod. civ. con le relative responsabilità. Superfluo poi ricordare che a seguito del mancato inserimento dei dati sulla sicurezza richiesto dalla legge potrebbero sorgere problematiche anche per gli eventuali risarcimenti da parte delle compagnie di assicurazioni. Né possono essere procrastinati nel tempo eventuali aggiornamenti dei medesimi dati in conseguenza di variazioni delle condizioni di sicurezza delle parti comuni che dovessero verificarsi anche a causa di manutenzioni o di lavori straordinari che nel tempo dovessero essere eseguiti dal condominio. Alla luce di quanto sopra è evidente che non solo non è previsto un autonomo registro della sicurezza (che peraltro non esiste in alcuna norma di legge) da inserire all’interno del Registro Anagrafe Condominiale, ma che i dati della sicurezza delle parti comuni del condominio dovrebbero già essere in possesso dell’amministratore non essendovi pertanto necessità di effettuare per i proprietari di casa particolari spese se non in casi eccezionali.