Un cubo di Rubik. Un rompicapo con tante facce difficili da far quadrare. Quella abitativa resta un’emergenza, a prescindere che la si guardi dal punto di vista dei proprietari immobiliari o degli inquilini più o meno regolari.
Sul primo versante, non si è ancora spenta la eco della motivazione con cui i giudici del Tribunale civile di Roma hanno condannato il ministero dell’Interno all’indennizzo di oltre 260mila euro mensili alla società proprietaria di uno stabile nella Capitale, società che non ne può usufruire dal 2013 perché centinaia di persone ne hanno fatto la propria dimora stabile. In sostanza, secondo i giudici capitolini, lo Stato ha l’obbligo di sgomberare i palazzi occupati perché deve impedire che vengano commessi reati. Se non lo fa, deve risarcire i proprietari. Soddisfazione a metà per Federproprietà, che per voce del presidente, Massimo Anderson, commenta: “Prendiamo atto con soddisfazione che finalmente vengono presi provvedimenti nei confronti di chi ha occupato abusivamente un’abitazione. Ma è preferibile la prevenzione, con una seria e concreta politica della casa, perché non si verifichino atti illegali e violenti quali appunto le occupazioni delle case di proprietà”.
Il problema è che le case continuano a scarseggiare, a fronte di una richiesta crescente. Un dato tra i tanti, è quello diffuso nei giorni scorsi dalla Regione Toscana, che in una nota a firma di Pamela Pucci ha riportato le cifre fornite (anche) dalle undici aziende pubbliche per la casa.
Ebbene, in Toscana una famiglia su 33 vive in una casa popolare (2,9% dei residenti nella regione, 18,3% di chi vive in affitto), per un totale di 47.384 nuclei familiari che vivono negli alloggi Erp. Altre 21.798 famiglie, tuttavia, sono nelle graduatorie dei Comuni in attesa di assegnazione. Numeri importanti, anche se relativamente migliori rispetto al resto del Paese, dove le domande di alloggio popolare sono in tutto circa 650.000 (stime Federcasa): numero equivalente a quello degli alloggi già assegnati. Peraltro, questa elevata richiesta di alloggi di edilizia residenziale pubblica si scontra con un dato – quello relativo al possesso di un’abitazione – che vede ancora l’Italia come uno dei Paesi europei con la più elevata percentuale di proprietari di casa (72,9% contro una media del 66,4%).
Sempre stando ai dati forniti dalle undici Aziende pubbliche per la casa, in Toscana sono destinati all’edilizia residenziale pubblica 5.916 fabbricati, composti da 49.694 unità immobiliari, di cui 12.772 (il 25,7%) sono localizzati nel LODE di Firenze, 8.475 (17,1%) in quello di Livorno e 6.335 (12,7%) in quello pisano. Queste tre realtà da sole fanno il 55,5% del totale. Il rapporto sulla condizione abitativa in Toscana relativo ai dati del 2016 dice che nello scorso anno sono state realizzate o acquisite 245 nuove unità immobiliari, mentre 661 nuovi alloggi sono in costruzione. Il 93,9% degli alloggi è stato assegnato con regolare contratto di locazione, e solo l’1,6% è occupato abusivamente (dato nazionale al 6,4%).
Dei 47.384 nuclei familiari che abitano in case Erp, il 26,3% è composto da persone che vivono da sole, il 20,4% da nuclei con soggetti invalidi, il 2,4% da famiglie con figli disabili a carico. Il 91,2% degli assegnatari degli alloggi è italiano, l’8,8% è straniero.
Dei 931 assegnatari nell’anno 2016, 681 sono stati tratti da graduatorie ordinarie, 82 da graduatorie speciali, 168 dalle graduatorie per l’emergenza abitativa. Il tasso annuo di soddisfazione delle domande è del 3,1%. Il 35,9% degli alloggi è andato a famiglie straniere (33,3% da graduatoria ordinaria). Rispetto al 40,6% del 2015 si osserva un calo delle assegnazioni a famiglie straniere.
Tra gli assegnatari di alloggio popolare ci sono poi 9.890 nuclei morosi attivi da almeno sei mesi. È rimasto inevaso il 6,2% dei canoni di locazione e l’11,6% dei canoni da servizi nel periodo 2007-2016. I morosi sono oltre un quinto (il 20,9%) del totale dei 47.384 nuclei familiari presenti in alloggi Erp. Tra i morosi, con 3.592 nuclei è stato concordato un piano di rientro rateale, 1.639 sono seguiti dai servizi sociali, mentre per 1.016 sono in corso provvedimenti di sfratto. Si ricorda che il 29,9% degli incassi è destinato alla manutenzione degli alloggi.
Nel 2016 le richieste e le esecuzioni di sfratto sono cresciute del 3,7% (12.109 richieste, 3.431 esecuzioni), mentre i provvedimenti sono diminuiti del 14,18 % (4.613). Gli sfratti in Toscana riguardano il 2,1% delle famiglie che vive in affitto, e sono determinati nel 94,3% dei casi (contro una media nazionale dell’88,8%) da situazioni di morosità legate, soprattutto, alla perdita del lavoro o alla scadenza di contratti di lavoro a termine. Per prevenire o sanare tali situazioni Stato, Regione e Comuni utilizzano strumenti creati appositamente, come il Contributo affitto o il Fondo morosi incolpevoli, regionale e nazionale.
Il Fondo sociale per l’affitto (L. 431/1998), statale, nel 2016 non è stato rifinanziato e dunque alla Toscana sono mancati 6,3 milioni di risorse statali, solo in parte compensati da un forte aumento delle risorse stanziate dalla Regione (passate dai 2 milioni di euro del 2015 ai 5 milioni del 2016). Anche le risorse stanziate dai Comuni hanno subito una contrazione nell’ultimo anno, passando da 6 a 5,4 milioni di euro. In tutto, il Fondo sociale per l’affitto nel 2016 è stato finanziato con 10,4 milioni di euro, cui sono stati sommati anche 1,5 milioni di residui non utilizzati del Fondo morosità incolpevole dei LODE di Firenze e Grosseto. Il numero delle richieste di contributo affitto è rimasto stabile rispetto al 2015 (21.426 in totale, -1% su base annua), ma la diminuzione delle risorse disponibili ha portato a soddisfare circa il 20% del fabbisogno, contro il 23% del 2015.
Il Fondo nazionale per inquilini morosi incolpevoli destinato ai Comuni capoluogo e ad alta tensione abitativa, ha destinato alla Toscana 5,3 milioni di euro per sanare la morosità incolpevole (dovuta. cioè, alla perdita improvvisa del lavoro, ad una sua drastica diminuzione o a malattia) oppure per favorire il passaggio ad una nuova abitazione dai canoni più contenuti. Il Fondo regionale per gli inquilini morosi incolpevoli, invece, invece, è destinato ai Comuni esclusi dal fondo nazionale, e nel 2016 è stato finanziato con 1 milione di euro, cui si aggiungono i 3,1 milioni di euro residui delle precedenti annualità.
Per aumentare il numero degli alloggi Erp a disposizione delle Agenzie pubbliche per la casa sono stati programmati investimenti, tra i quali il più recente da parte della Regione Toscana, pronta a impiegare 100 milioni di euro (di cui 35 già assegnati) nel triennio 2017-2019. A questi investimenti si affiancano le azioni previste dal Piano nazionale di edilizia abitativa (che in Toscana prevede la realizzazione di 179 alloggi Erp e 89 alloggi in locazione a canone sostenibile); gli interventi di cui alla LR 25/2011 (per la realizzazione di 535 alloggi Erp); e ulteriori misure rivolte alla riqualificazione delle case popolari esistenti attraverso il recupero degli alloggi di risulta in attesa di manutenzione (ad esempio i circa 26 milioni di euro previsti dal Piano Casa, che con 4,38 milioni di euro finanzia interventi di non rilevante entità in 356 alloggi e con oltre 22 milioni di euro rende possibile la manutenzione straordinaria su 1.681 alloggi).
Per completare il quadro, il rapporto sulla condizione abitativa in Toscana analizza anche il mercato privato della casa. Ebbene, nel 2016 ci sono state 35.960 transazioni, il miglior dato degli ultimi 5 anni (+20% per immobili residenziali), seppur ancora lontano dai dati pre-crisi. Il merito della ripresa è da imputare alla stabilità dei prezzi degli immobili e alla ripresa del mercato dei mutui, che supporta circa la metà degli acquisti. Il trend toscano risulta perfettamente allineato a quello nazionale dove, nell’ultimo anno, le transazioni sono cresciute del 18,9%.
La ripresa delle compravendite, con conseguente minore disponibilità di alloggi destinati all’affitto, non sembra invece aver avuto effetti sul mercato della locazione, nel quale si è avuto un generale abbassamento dei prezzi in tutte le zone. Il Rapporto dunque mostra in Toscana mercato privato dell’abitazione a due velocità: ripresa nelle compravendite e stasi nelle locazioni.
“Gli inquilini Ater non devono preoccuparsi: l’invito che hanno ricevuto dalle rispettive aziende territoriali a presentare il modulo Isee relativo alla proprie condizioni reddituali e patrimoniali, rappresenta un sondaggio preliminare. È una ricognizione utile alla Giunta regionale, che entro il prossimo 3 marzo deve scrivere il regolamento che determinerà i criteri di calcolo dell’Isee-Erp, le modalità di acquisizione dell’attestazione, nonché la definizione dei canoni e l’aggiornamento del valore di controllo”. Come rimarca il Sunia, è con queste parole che l’assessore all’edilizia residenziale pubblica della Regione Veneto, Manuela Lanzarin, ha risposto alle preoccupazioni mosse da inquilini e Caf in merito alla richiesta di presentare la dichiarazione ISEE entro il prossimo 15 dicembre.
“La nuova legge sull’assegnazione degli alloggi pubblici è entrata in vigore il 4 novembre – ricorda l’assessore – e, nella fase di avvio, prevede una serie di adempimenti che andranno a definire nel dettaglio un modo diverso di assegnare e gestire il patrimonio immobiliare delle Ater. Proprio per questo, la legge ha previsto, come atto iniziale, di completare entro 45 giorni la ricognizione sulla situazione economica degli assegnatari, acquisendo le dichiarazioni ISEE degli inquilini”.
Come rimarca ancora Lanzarin, “proprio perché siamo in una fase di primo avvio e di costruzione condivisa delle nuove regole, non ci sarà nessun ultimatum o penalità. Ogni legge ha bisogno di un periodo di rodaggio per essere ben applicata e ad è mia intenzione procedere alla definizione degli atti applicativi confrontandomi con le parti sociali e gli Enti locali. Faccio presente, inoltre, che il 25 % degli inquilini Ater ha già presentato il modello ISEE nel corso dell’anno. Ora le aziende territoriali stanno invitando anche chi non ne è in possesso a fornire la propria dichiarazione, in modo da rendere più completo e attendibile il quadro generale di riferimento, al fine di stabilire in modo coerente e congruo i canoni e i criteri di assegnazione degli alloggi”.
“Stiamo cambiando le regole di assegnazione e gestione di circa 37mila alloggi – conclude l’assessore – e lo vogliamo fare nel pieno rispetto delle persone e delle famiglie che si avvalgono o necessitano di una casa pubblica, tenendo fede al cronoprogramma stabilito dal Consiglio regionale. So bene che le novità possono creare paure ed apprensione. Ma abbiamo solo allineato l’edilizia pubblica a tutti gli altri servizi sociali, per i quali l’accesso è sempre normato dai requisiti ISEE. La ricognizione avviata dai sette commissari e dai Comuni proprietari degli alloggi pubblici è, quindi, solo la necessaria fotografia dell’esistente, il primo atto indispensabile per scrivere regolamenti ben fatti e applicabili”.
Sempre il Sunia, ma questa volta relativamente allo specifico di Brescia, lamenta invece quanto sia penalizzante la nuova legge regionale 16/2016, che in Lombardia “ha stravolto il sistema delle politiche abitative. Alcune modifiche presentate dai Sindacati confederali e degli inquilini sono state accolte. Ad esempio la tutela degli anziani e delle famiglie con patologie croniche gravemente invalidanti o il mantenimento delle autogestioni dei servizi effettuate dagli inquilini, ma la legge resta comunque una riforma sbagliata che non risolve i problemi dell’edilizia pubblica”. A spiegare il perché è lo stesso sindacato, aderente alla Cgil:
Secondo il Sunia, il nuovo regolamento, approvato lo scorso 31 luglio, è figlio (peggiore) della legge regionale 16/2016. Innanzitutto, non tutti potranno presentare la domanda, ma solo gli appartenenti ad alcune categorie, al fine di formare un mix sociale, nei caseggiati popolari, che non sarà comunque rispettato. Inoltre, agli indigenti sarà riservato solo il 20% delle assegnazioni. È poi introdotto un complesso sistema di bandi e pseudo-graduatorie per ogni appartamento, al quale si deve concorrere in base alla propria categoria, e alla fine ci sarà una sola assegnazione mentre gli altri richiedenti esclusi dovranno rifare la domanda ripartendo da zero. Infine, l’unico mezzo per concorrere al bando sarà la piattaforma informatica, meccanismo molto complicato.
Come illustra la regione Piemonte in una nota a firma di Gianni Gennaro, sono nove i Comuni piemontesi che, grazie ad un contributo complessivo di 200.000 euro stanziato dalla Regione, riutilizzeranno a scopi sociali immobili e terreni confiscati alle mafie e alla criminalità organizzata ubicati nei rispettivi territori. Si tratta di: Volpiano, Nichelino, Coazze, Volvera, Novara, Borgomanero, Moncalvo, Dusino San Michele e Bosco Marengo.
Gli interventi selezionati si concentrano in ambiti come l’agricoltura sociale, l’emergenza abitativa, il contrasto alla marginalità e al disagio, la creazione di luoghi per l’aggregazione sociale e le attività educative. Sono previsti sia nuove iniziative che il rafforzamento di quelle già intraprese negli anni passati. I Comuni che hanno aderito al bando emanato dalla Regione hanno confermato una diffusa capacità del territorio di progettare interventi di rigenerazione socio culturale e una decisa volontà di aumentare la consapevolezza dell’importanza del recupero dei beni confiscati.
I progetti finanziati sono stati giudicati da un’apposita commissione, tra tutti quelli arrivati, come i più rispondenti alle principali finalità del bando:
“In questi Comuni – commenta il presidente della Regione, Sergio Chiamparino – potrà essere attuata una precisa volontà della Regione: destinare immobili e terreni acquistati con denaro derivante da attività criminose ad iniziative in grado soprattutto di aiutare concretamente le fasce più deboli della popolazione. Ringrazio pertanto le amministrazioni che hanno aderito al nostro bando”.
L’assessore alle Politiche sociali, Augusto Ferrari, aggiunge che “riutilizzare beni confiscati alle mafie mettendoli a disposizione dell’intera comunità per finalità educative e sociali rappresenta la miglior risposta della Regione Piemonte alla criminalità”, mentre l’assessora alle Pari opportunità ed Immigrazione, Monica Cerutti, ricorda che “questo bando ha avuto una valenza molto concreta nel restituire alla comunità beni sottratti alla malavita”.
Nel dettaglio: