La corretta tenuta della contabilità da parte dell’amministratore condominiale. Un tema delicato quanto di estrema attualità; che, non a caso, è stato tra i focus della tavola rotonda tra avvocati e magistrati svoltasi nel corso di CondominioItalia Expo: l’evento organizzato all’Oval Lingotto di Torino da Italia Casa e Quotidiano del Condominio.
Numerosi i nodi ancora da sciogliere: aspetti controversi portati alla luce, in un’ampia esposizione, dal legale biellese Andrea Marostica (leggi anche: “Contabilità e rendiconto condominiale: il cambio di passo imposto dalla legge 220/2012“), le cui sollecitazioni sono state oggetto delle relazioni del dottor Gianandrea Chiesi, Magistrato addetto all’Ufficio del Massimario presso la Suprema Corte di Cassazione; e della dottoressa dott.ssa Elisabetta Massa, presidente della III sezione civile del Tribunale di Torino.
Riportiamo, di seguito, un estratto dei loro interventi.
L’attività dell’amministratore, nell’ottica della riforma, deve essere volta a una maggiore professionalizzazione del proprio lavoro, senza con ciò venir meno al dovere di leale interfaccia con i condòmini. Il passaggio dall’uso degli appunti su foglietti di carta, a forme più specifiche di contabilità condominiale, non implica una complicazione della materia. Stiamo parlando di scritture private.
Ovviamente, è giusta l’osservazione secondo cui, professionalizzazione a parte, la condomina ottantenne deve comunque essere posta nelle condizioni di poter leggere e comprendere i documenti prodotti dall’amministratore. Ecco, ad esempio, il motivo dell’introduzione della nota sintetica che, in maniera riassuntiva, cerca di dare conto delle entrate e delle uscite e, comunque, delle evenienze più rilevanti della vita condominiale nel corso dell’anno di gestione.
È ugualmente vero che vi deve essere, poi, perfetta corrispondenza tra il consuntivo e il registro di contabilità, vale a dire, ciò che entra e che esce deve risultare chiaramente e portare a zero il rendiconto finale. Il vero problema può sorgere quando, per sfuggire al creditore, non si procede più a pagamenti attraverso bonifici bancari ma si usano pagamenti pro manibus. Cioè quando, nel perfetto rispetto della legge, sotto la soglia minima prevista, dunque, il pagamento degli oneri condominiali o della piccola spesa viene effettuato in denaro contante. In questo caso potrebbe verificarsi il problema della non perfetta corrispondenza tra il registro di contabilità e il consuntivo. Tanto è vero che si è teorizzato il cosiddetto “bilancio virtuale”, cioè il caso di un bilancio chiuso, ad esempio relativo al 2016, ma i cui pagamenti sono versati, poco alla volta, nel 2017 perché intervengono successivamente. Pratica che accadeva spesso nel passato, quando l’amministratore si trovava scoperto con incassi per determinate voci e andava a pescare nell’altro cassetto per pagare, ad esempio, il portiere. Oggi questo meccanismo non dovrebbe essere più possibile.
È evidente che bisogna andare a vedere, poi, se un amministratore agisce in questo modo per specifica deliberazione condominiale: non dimentichiamoci che l’amministratore potrebbe essere esonerato dall’assemblea dal procedere al recupero dei crediti ex articolo 63 disposizioni di attuazione del codice civile. Dunque non rispondere né con il proprio patrimonio, né essere soggetto a revoca. L’assemblea e il regolamento potrebbero prevedere dei limiti minimi al di sotto dei quali non si deve procedere al recupero dei crediti, o ancora, potrebbe essere prevista una particolare procedura per il recupero dei crediti: ad esempio, prima la lettera di messa in mora, poi, dopo 15 giorni, una seconda lettera, e così via. Nel frattempo, però, la gestione condominiale va avanti e si potrebbe arrivare alla data di approvazione del consuntivo.
Ultima notazione: se è vero che il consuntivo è necessario per l’ottenimento del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, ex articolo 63 disp. att., esso non è l’unico strumento che legittima l’emissione di tale decreto. In mancanza di consuntivo, infatti, il decreto ingiuntivo può essere comunque emesso, ovviamente non munito della clausola di provvisoria esecuzione. In sostanza, l’amministratore ha vari strumenti per poter recuperare i crediti che dovrebbero poi risultare a bilancio.
Segnalo, infine, la possibilità di sospendere i servizi comuni in caso di inadempimento o inottemperanza, così come la possibilità di poter prevedere delle sanzioni di carattere pecuniario aggiuntive. Qui la questione si fa molto più complicata, perché si va ad indagare se si tratta di una clausola penale o meno, se occorre un regolamento contrattuale o approvato all’unanimità, o se è sufficiente una delibera assembleare votata a maggioranza. Ma sono tutti argomenti correlati. Ovviamente, poi, la tematica del rendiconto, della mancata predisposizione, della mancata approvazione, della mancata ottemperanza alle modalità di estensione, si ricollega inscindibilmente a quella della revocabilità dell’amministratore che non tenga correttamente la “barra dritta” della gestione condominiale.
Come diceva il collega Chiesi, giustamente in tema di rendiconto condominiale la forma è rilevante, ma quello che più importa è che vi sia chiarezza nelle indicazioni delle entrate e delle uscite. Nel senso che, se questo non si verificasse, diventerebbe un’altra grave irregolarità, prevista dall’art. 1129, codice civile, inerente la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condomini.
La possibilità di un “passaggio” da un patrimonio all’altro non è prevista e, per quanto mi riguarda, a Torino l’amministratore che attua in questo modo viene immediatamente revocato, senza neanche chiedere il perché di tale comportamento. Se tale fattispecie risulta, c’è una grave irregolarità che non ammette valutazioni discrezionali da parte del giudice: l’amministratore va revocato. Certamente era una realtà molto frequente e, devo dire che, anche piuttosto lealmente, gli amministratori che vengono a difendersi ammettono che questa era la prassi, sapendo però esattamente che verranno revocati.
Quanto alla nullità della nomina per la mancata specificazione del compenso, di cui all’art. 14 dell’articolo 1129 del Codice Civile, ricordo che “L’amministratore deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta”. In tal senso devo pensare che il legislatore volesse intendere anche “è nulla la delibera”, che normalmente andrebbe impugnata. Se l’impostazione è che la nomina dell’amministratore che non ha specificato il suo compenso è nulla, allora vuol dire che può essere fatta valere eccependo la nullità della delibera che, nonostante questa non specificità, abbia nominato l’amministratore.
Sulla non specificità dei dati, invece, sono d’accordo che la normativa sia troppo rigorosa: secondo me, è inserita malamente tra una delle otto gravi irregolarità del comma 12 dell’articolo 1129. Quando mi capitano casi del genere, personalmente cerco di “salvare” l’amministratore, ma non è sempre possibile. Anche da ultimo abbiamo cercato di scrivere un provvedimento che evidenziasse la possibilità di recuperare il codice fiscale e altri dati presenti in altra documentazione. Ma non è semplice.