[A cura di: Finco] Alcuni stanno insistendo sulla presunta, assoluta, necessità di procedere ad una riforma “lampo” del Codice degli Appalti. I suddetti si arrogano il diritto di parlare “per conto delle imprese”.
“Ebbene le imprese specializzate e specialistiche – afferma Carla Tomasi, vice presidente Finco con delega per gli appalti – sono state e sono favorevoli ad una riforma epocale degli appalti come quella che è stata, sia pure con fatica, portata a termine pur mancando ancora alcuni provvedimenti attuativi, circostanza da taluni strumentalizzata per sostenere che è tutto da rifare”.
Questa riforma del Codice degli Appalti ha prodotto uno zoccolo duro di consultazioni con gli operatori, con decine e decine di incontri a livello parlamentare, di competenti uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministeri e, non ultima, un’intensa relazione con l’Autorità Anticorruzione per quanto riguarda la “soft law”: tutto ciò è sinonimo di ampia partecipazione democratica e non può essere disatteso per il cambiamento di indirizzo politico o, peggio, per la pressione lobbistica di alcuni settori. Sarebbe quindi da irresponsabili chiedere di ricominciare tutto da capo (o svuotare i capisaldi della riforma che è, poi, la stessa cosa).
Fatta questa premessa è chiaro che alcuni aspetti (ma solo alcuni aspetti) vanno rivisti ma con tempi e modi che non sono quelli della riforma lampo.
“Le Stazioni Appaltanti – continua Carla Tomasi – sono spesso carenti sia per la parte progettuale che per la parte organizzativa. Per contrastare questa grave criticità era stata indicata la necessaria specializzazione e riduzione delle suddette: chi sta controllando il miglioramento di questi aspetti? La resistenza delle Stazioni Appaltanti ad un processo di razionalizzazione ed accorpamento è comprensibile (ed il ritardo del Decreto che dovrebbe definire questo punto è sintomatico) perché riduce il loro potere, ma non è accettabile. Questo è forse il nodo fondamentale”.
Ma non l’unico. “Un altro aspetto, collegato al primo – prosegue Tomasi – è l’assenza di una progettazione di qualità e l’uso eccessivo della OEPV (Offerta Economicamente più Vantaggiosa) attraverso il quale talune delle suddette Stazioni vogliono mantenere discrezionalità nell’aggiudicazione delle gare anche laddove la Legge esplicitamente non lo chiede. Questo scoraggia le imprese a partecipare in quanto dà luogo ad un sistema di gara opaco. Le regole europee sono mirate ad ampliare la partecipazione delle piccole imprese: le gare a OEPV riducono la partecipazione, non solo per la necessità di una maggiore – per quanto auspicabile su gare di maggior impatto – capacità progettuale, ma anche per l’incertezza del risultato”.
Aver aperto ad una maggiore discrezionalità delle Stazioni Appaltanti in assenza della necessaria “professionalizzazione” sta portando distorsioni sul mercato forse più marcate che in precedenza, ed è su questo aspetto (peraltro già in via di regolazione pur con le difficoltà sopra citate) che bisognerebbe accelerare.
“No quindi – conclude Tomasi – ad una riforma lampo, che sarebbe un blitz pasticciato e nell’interesse solo di alcuni; sì all’apertura di un sereno dialogo su due o tre punti effettivamente da rivedere”.