[A cura di avv. Andrea Marostica – andrea.marostica@studiomarostica.com]
In questo contributo si esaminano le conseguenze dell’inosservanza, da parte dell’amministratore di condominio, dell’obbligo di svolgere attività di formazione professionale periodica. Appare utile, allora, anzitutto comprendere in cosa consista questo obbligo formativo, non tanto in termini di ore e di certificati, quanto con riferimento allo scopo.
Il D.M. 13 agosto 2014, n. 140, che ha stabilito criteri e modalità della formazione degli amministratori di condominio, all’art. 2, rubricato “Finalità della formazione e dell’aggiornamento”, indica quali siano gli obiettivi dell’attività formativa:
“a) migliorare e perfezionare la competenza tecnica, scientifica e giuridica in materia di amministrazione condominiale e di sicurezza degli edifici;
b) promuovere il più possibile l’aggiornamento delle competenze appena indicate in ragione dell’evoluzione normativa, giurisprudenziale, scientifica e dell’innovazione tecnologica;
c) accrescere lo studio e l’approfondimento individuale quali presupposti per un esercizio professionale di qualità”.
Si vuole, in sostanza, che l’amministratore: acquisisca competenze; mantenga aggiornate le competenze acquisite; studi ed approfondisca individualmente.
L’art. 71 bis disp. att. cod. civ. al primo comma indica i requisiti necessari per lo svolgimento dell’attività di amministratore di condominio.
“Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio coloro:
a) che hanno il godimento dei diritti civili;
b) che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni;
c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione;
d) che non sono interdetti o inabilitati;
e) il cui nome non risulta annotato nell’elenco dei protesti cambiari;
f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;
g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale”.
Esaminando i requisiti elencati, si nota una differenza tra quelli di cui alle lettere a), b), c), d), e), e quelli di cui alle lettere f) e g): i primi si possono perdere, i secondi no.
Perdita dei requisiti del primo gruppo. L’articolo citato al quarto comma stabilisce la conseguenza della perdita dei requisiti del primo gruppo: la cessazione dell’incarico. La disposizione precisa che “In tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore”.
Non si comprende che cosa si debba intendere per la possibilità di convocare l’assemblea “senza formalità”. Le attività connesse alla convocazione di una assemblea in generale sono (ex art. 66, co. 3, disp. att. cod. civ.): la redazione dell’avviso di convocazione (che non può essere orale, deve essere scritto, il che si ricava dalle modalità di comunicazione dello stesso, su cui qui di seguito); l’inserimento, nell’avviso, di indicazione dell’ordine del giorno e del luogo e dell’ora della riunione; la comunicazione dell’avviso agli aventi diritto almeno cinque giorni prima della data fissata per la riunione; la comunicazione dell’avviso agli aventi diritto a mezzo di posta raccomandata, PEC, fax o tramite consegna a mano.
In relazione al diverso caso della mancanza dell’amministratore (ex art. 66, co. 2, disp. att. cod. civ.), il codice prevede la possibilità di convocare l’assemblea ad iniziativa di ciascun condomino, senza alcun riferimento alle formalità da osservarsi. Se in tale caso non c’è dubbio che le modalità di convocazione debbano essere le stesse osservate dall’amministratore nella convocazione di una normale assemblea, ossia quelle descritte sopra, nel caso della cessazione dell’incarico per difetto del requisito della formazione l’incertezza rimane, a causa di quell’inciso “senza formalità”.
Certamente non potrà essere omessa, nell’avviso, l’indicazione dell’ordine del giorno e del luogo e dell’ora della riunione. Forse l’avviso di convocazione potrà essere comunicato oralmente? Oppure scritto, ma con mezzi diversi da quelli indicati? Forse potrà non essere osservato il termine dei cinque giorni? Dalla lettera della legge non si ricava alcuna risposta.
L’assenza dei requisiti del secondo gruppo. Per quanto riguarda i requisiti del secondo gruppo, la legge non dice quale sia la conseguenza della loro (non perdita, si è detto, ma) assenza. A tale proposito il Tribunale di Padova, con la Sentenza n. 818 del 24.03.2017, ha enunciato importanti principi.
Anzitutto, il fatto. L’assemblea del condominio nominava amministratore un soggetto privo del requisito di cui all’art. 71 bis, co. 1, lett. g), disp. att. cod. civ., ossia privo del requisito della formazione periodica. La delibera veniva impugnata da un condomino; nelle more della procedura di mediazione la stessa veniva revocata da una nuova delibera, con la quale nuovamente l’assemblea nominava amministratore il medesimo soggetto privo del requisito; il condomino impugnava anche questa seconda delibera, specificando come l’amministratore, alle rimostranze da egli avanzate in assemblea, avesse risposto affermando che “gli obblighi quelli previsti dalla normativa vigente saranno eseguiti a seconda della propria disponibilità”. Nelle more della procedura di mediazione la delibera veniva revocata, ma il giudizio proseguiva comunque per la statuizione sulle spese.
Ora, il diritto. Il Tribunale ha affrontato tre questioni: 1) quale sia la decorrenza del periodo annuale al quale la norma fa riferimento nel prevedere l’obbligo formativo; 2) se sia possibile recuperare i corsi di formazione per periodi antecedenti; 3) quale sia la conseguenza della mancata frequentazione dei corsi obbligatori.
Premesso che non si comprende dove si rinvenga l’orientamento giurisprudenziale asserito pacifico, dato che la Sentenza in commento risulta la prima ad essersi pronunciata sul punto, la propensione del Tribunale di Padova per il vizio della nullità (anziché per il meno grave vizio della annullabilità) trova riscontro in parte della dottrina, essendosi autorevolmente sostenuto che “l’art. 71-bis disp. att. c.c. (…) appare norma di ordine pubblico, per la sua incidenza su interessi generali della collettività, in quanto tale avente carattere imperativo, con la conseguenza che la relativa violazione dovrebbe determinare la nullità della deliberazione di nomina e del conseguente contratto di mandato stipulato con il soggetto designato. La disposizione è preordinata alla finalità di assicurare ai condomini edilizi amministratori meritevoli di fiducia e provvisti di esperienza e capacità, per esigenze di rilievo anche pubblicistico, sicché soltanto la sanzione della nullità può ritenersi idonea ad assicurare effettività alla prescrizione legale.” (SCARPA, in CELESTE-SCARPA, Il condominio negli edifici, Milano, 2017, p. 579). Ancora: “Va, in proposito, rilevato che l’inosservanza della predetta normativa sui requisiti dell’amministratore provoca la nullità della deliberazione di nomina e del conseguente contratto di mandato.” (DE TILLA, Codice del nuovo condominio commentato, Milano, 2016).
Si è da altri sostenuto, al contrario, che “una delibera siffatta – non incidendo, all’evidenza, sugli interessi (generali) della collettività ma solo su quelli (particolari) della compagine condominiale – non sembra essere contraria all’ordine pubblico. Il che trova conferma, del resto, anche dal fatto che ove il legislatore della riforma avesse voluto dare particolare rilievo al citato art. 71-bis, avrebbe senz’altro inserito questa previsione tra quelle definite inderogabili dal successivo art. 72.” (NUCERA, Formazione periodica per amministratori, dal Tribunale di Padova una pronuncia che non convince, in ALC 2017, p. 596).
L’art. 71 bis disp. att. cod. civ. al secondo comma stabilisce che “I requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma non sono necessari qualora l’amministratore sia nominato tra i condòmini dello stabile.”. Non si comprende la ratio di questa disposizione, con cui il legislatore, in sostanza, esonera dall’obbligo formativo un soggetto meno qualificato di un amministratore professionista e, dunque, più bisognoso di formazione. Se lo scopo della norma è rendere più semplice l’assunzione della gestione dell’edificio in condominio nel quale si abita, il risultato ottenuto si rivela l’opposto.
L’art. 71 bis disp. att. cod. civ. al quinto comma stabilisce che “A quanti hanno svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell’arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, è consentito lo svolgimento dell’attività di amministratore anche in mancanza dei requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma. Resta salvo l’obbligo di formazione periodica.”. La norma esonera dalla formazione iniziale l’amministratore che abbia esercitato la professione di amministratore nei tre anni antecedenti all’entrata in vigore della Riforma. La previsione è senz’altro condivisibile, in considerazione del fatto che l’esperienza maturata sul campo vale quale preparazione di base. D’altra parte e giustamente, resta fermo l’obbligo di formazione periodica.