[A cura di: Corrado Sforza Fogliani – presidente Centro studi Confedilizia]
Con la sentenza n. 11504/2017 in tema di assegno di mantenimento post divorzio, la Cassazione ha spazzato via il granitico e consolidato riferimento al “tenore di vita in costanza di matrimonio” come parametro per determinare obbligo ed ammontare del contributo economico dovuto al cosiddetto “coniuge debole”, ritenendo tale assunto in contrasto con l’effetto giuridico che il divorzio produce: l’estinzione di ogni comunione economico-patrimoniale.
La Suprema Corte ha così sostituito il suddetto criterio con quello del raggiungimento dell’indipendenza economica del richiedente. In buona sostanza, se è accertato che quest’ultimo è economicamente indipendente – o è potenzialmente in grado di esserlo – non gli è riconosciuto il diritto all’assegno divorzile. E grava sul richiedente l’assegno – concludono gli ermellini – fornire la prova di non avere mezzi adeguati e di non essere oggettivamente in grado di procurarseli.
Con il procedimento di divorzio, la casa familiare può essere anche d’imperio assegnata (attribuita in godimento esclusivo provvisorio) ad uno dei due coniugi, prescindendo dalla titolarità della proprietà (la casa, infatti, può anche essere di proprietà dell’altro coniuge, o addirittura di terzi). Presupposto per l’assegnazione sono, invece, l’esistenza e l’interesse dei figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti. L’abitazione nella casa familiare spetta, dunque, di preferenza al genitore cui viene affidata la prole o con il quale i figli non autosufficienti convivono oltre la maggiore età. E questo (Cass. n. 15367/2015) fino all’effettiva indipendenza economica dei figli medesimi.
Il diritto al godimento della casa familiare in capo all’ex coniuge non proprietario viene vieppiù meno anche nel caso in cui l’assegnatario cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o contragga nuovo matrimonio. Nell’ipotesi, invece, in cui l’abitazione familiare sia in comproprietà tra i coniugi e non vi siano esigenze primarie concernenti la prole, la medesima abitazione può diventare parte integrante dell’assegno divorzile solo su espresso accordo dei coniugi; accordo, per così dire, ratificato dal Tribunale. L’assegnazione, in quanto trascritta, è poi opponibile al terzo acquirente ai sensi dell’articolo 1599 del c.c..