[A cura di: Avv. Rodolfo Cusano]
La questione di seguito esposta ha per oggetto il caso, assai frequente, di un condominio in cui vi sono più terrazzi di copertura/lastrici solari e una delibera di riparto delle spese straordinarie relative al rifacimento di un terrazzo di copertura. La domanda è: il deliberato dell’assemblea, pur derogando al riparto indicato dall’art. 1126 c.c. (essendo stato già approvato e non impugnato) è da ritenersi meramente annullabile e non completamente nullo?
L’art. 1126 c.c. recita:
“Quando l’uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico : gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno”.
Come risulta palese dall’interpretazione letterale l’articolo, questo si riferisce ai possessori delle porzioni immobiliari comprese nella proiezione verticale (anche definita colonna d’aria) del manufatto da riparare o costruire, per i quali funge, quindi, da copertura.
Quindi, la spesa per la riparazione o ricostruzione del lastrico solare va sopportata, ex art. 1126 c.c., per 1/3 da chi ne ha l’uso esclusivo e per i restanti 2/3 da tutti i condòmini proprietari di unità immobiliari cui lo stesso serve da copertura. Laddove chi ha l’uso esclusivo del lastrico risulti proprietario anche di metà immobile ad esso sottostante, si verifica la cd. doppia contribuzione tale per cui detto condomino, oltre ad accollarsi interamente la quota di 1/3 quale utente esclusivo, dovrà contribuire anche quanto ai rimanenti 2/3. Ciò, tuttavia, in proporzione alla sola parte che trae utilità dalla copertura e non con riferimento alla quota millesimale rappresentativa dell’intera superficie dell’appartamento (Cassazione civ., Sez. II, 23 gennaio 2014, n. 1451).
Questo è il principio di diritto da applicarsi rispetto alla situazione dello stato dei luoghi, laddove il fabbricato in questione ha diversi lastrici di copertura e, conseguentemente, diverse e molteplici sono le colonne d’aria sottostanti relative al rispettivo lastrico di copertura.
Su tali previsioni si innesta il deliberato dell’assemblea del condominio (Omissis) del 10.02.2016, con il quale la spesa per i lavori straordinari è stata deliberata attribuendone il terzo al proprietario del lastrico solare (che come tale ne ha l’uso esclusivo), nel rispetto del dettato normativo di cui all’art. 1126 c.c.. Mentre, invece, i restanti due terzi sono stati attribuiti a tutti i condòmini del fabbricato in tabella A-generale. In violazione, quindi, del dettato di cui al predetto articolo 1126 c.c..
il quesito cui si intende dare soluzione è quello che, essendo intervenuta nelle more una delibera assembleare e, trattandosi di un riparto in concreto della spesa necessaria per i lavori straordinari, essa dovrebbe considerarsi meramente annullabile e come tale, essendo decorsi i trenta giorni dalla sua approvazione e comunicazione agli assenti, sarebbe ormai definitiva ? Ovvero è completamente nulla ?
In altri termini, per l’invalida ripartizione delle spese vige l’annullabilità o la nullità della delibera?
La domanda non è di poco conto, in quanto, nel caso di nullità della deliberazione, l’azione dell’impugnazione può essere esercitata sine die e la legittimazione attiva compete a tutti i condòmini (cfr. Cass. n. 17101/ 2006; Cass. n. 126/2000).
Diversamente, nel caso dell’annullabilità, l’azione per l’impugnazione della decisione assembleare deve essere esercitata – a pena di decadenza – entro il termine di 30 giorni di cui all’art. 1137 cod. civ. e solo a opera dei condòmini dissenzienti e/o assenti. Con l’ulteriore conseguenza che il termine decadenziale decorre, per i primi dalla riunione e, per i secondi dalla conoscenza (Cass. n. 8449/ 2008) del contenuto del relativo verbale.
Trattasi di un orientamento consolidato con diverse pronunce le quali hanno stabilito che:
Tale orientamento può dirsi, appunto, del tutto consolidato in quanto fonda la sua autorevolezza nel precedente arresto delle Sezioni Unite (Cass. n. 4806/2005) per il quale occorre partire dal rilievo che le attribuzioni dell’assemblea ex art. 1135 cod. civ. sono circoscritte alla verificazione e all’applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge e non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe, venendo a incidere sui diritti individuali del singolo condomino di concorrere nelle spese per le cose comuni dell’edificio condominiale in misura non superiore a quelle dovute per legge, possono conseguire soltanto a una convenzione cui egli aderisca. Da ciò deriva, conseguentemente, che si verifica un’ipotesi di nullità nella delibera che modifichi i suddetti criteri di spesa (nell’ipotesi sia di individuazione dei criteri di ripartizione ai sensi dell’art. 1123 c. c., sia di cambiamento dei criteri già fissati in precedenza), mentre si verte in ipotesi di annullabilità nel caso in cui si abbia la violazione dei criteri già stabiliti nel momento di concreta ripartizione delle spese medesime (Cass. sent. 19 marzo 2010, n. 6714).
In realtà se il principio sembra chiaro esso soffre di una difficile applicazione pratica ai diversi casi che possono verificarsi.
Tale operazione interpretativa (e di verifica) appare assolutamente necessaria in quanto se, da una parte, le affermazioni giurisprudenziali sembrano, di primo acchito, più che chiare, d’altra parte, è proprio la loro applicazione pratica che si rivela certamente non immediata, se non a volte addirittura contraddittoria. Infatti, una cosa è affermare in astratto che la deliberazione è annullabile quando è errata in sede di ripartizione “concreta” delle spese, e un’altra è individuare esattamente – cioè, nel contenuto (nel “fatto”) della specifica decisione assembleare – quando ciò si verifichi e non si ricada, invece, nell’ipotesi di “modifica” dei criteri di ripartizione previsti dalla legge.
In realtà il principio da cui occorre partire è quello relativo all’attribuzione all’assemblea condominiale dei poteri di gestione dell’edificio che si fonda sulle norme contenute nell’art. 1135 cod. civ. (cardine della potestà decisoria attribuita all’assemblea) in base alle quali, in sede di ripartizione, l’assemblea può solo verificare e/o applicare in concreto i criteri stabiliti dalla legge e non può, invece, introdurre deroghe ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe, venendo ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino di concorrere nelle spese per le cose comuni dell’edificio condominiale in misura non superiore a quelle dovute per legge, possono conseguire soltanto a una convenzione cui egli aderisca (Cass. Sez. Unite n. 4806/2005).
Pertanto, dall’esame delle varie pronunce della Suprema Corte è emerso che:
Qualora la deroga sia contenuta implicitamente nel deliberato (come nel caso dell’adozione del criterio di ripartizione per quote uguali, che, appunto, non è presente tra i criteri di legge previsti dall’art. 1123 cod. civ. -(cfr. Cass. n. 2301/2001) oppure nel caso di attribuzione dei costi a uno solo dei condomini, anch’esso criterio non legale (cfr. Cass. n. 126/2000) si incapperà ugualmente nella nullità della decisione stante l’ugualmente implicita violazione del disposto legale.
In entrambi i casi (deroga esplicita o implicita), si conserva la nullità della deliberazione anche se l’eccezione al criterio legale è adottata una tantum (cfr. Cass. n. 2301/2001 nonché, sullo specifico punto, Cass. n. 6714/2010).
Al contrario di quanto sopra, un’erronea applicazione in concreto di un criterio legale di ripartizione determina mera annullabilità della relativa delibera, come avviene nei casi di:
A questo punto possiamo avviarci verso le conclusioni della nostra disamina.
Delineati così i confini tra le ipotesi di nullità ed annullabilità delle delibere condominiali, risulta, a sommesso avviso dello scrivente, necessario considerare che, la delibera con cui il condominio, in violazione del criterio di riparto delle spese straordinarie previste dall’art. 1126 c.c. nel caso di uso esclusivo del lastrico solare, abbia deciso in maniera difforme da esso sarà da considerarsi completamente nulla e come tale impugnabile in ogni tempo. Per poter, procedere a detta diversa ripartizione occorreva invece l’unanimità dei condomini.
Non solo, ma anche le conseguenze di una diversa interpretazione (a favore dell’annullabilità) sarebbero aberranti, nel senso di attribuire pro quota (tab. generale) il pagamento a chi non rientra affatto nella colonna d’aria sottostante il lastrico da riparare perché essa decisione sarebbe non solo fuori dalla previsione normativa ma anche in contrasto con il principio del cd. condominio parziario. Insomma, finirebbero per pagare chi di quel bene non gode affatto.
A ciò si aggiunge che, anche in condominio, è pur sempre possibile esercitare l’azione di accertamento negativo ai sensi dell’art. 1123 c.c. che porterebbe ad una esclusione di qualsivoglia obbligazione in capo ai condomini che sono proprietari di appartamenti non ricompresi nella colonna d’aria così come definita dal succitato art. 1126 c.c.
In conclusione: ogni volta che esplicitamente si adotti a maggioranza una ripartizione in deroga ai criteri legali, la deliberazione sarà affetta da nullità e non “semplicemente ” annullabile.