[A cura di: Studio legale MaBe & Partners] Con Ordinanza del 28 giugno 2017, n. 16258, la Cassazione si è soffermata sui limiti del diritto di sopraelevazione, focalizzandosi nello specifico sul decoro architettonico. Per la Suprema Corte, l’aspetto architettonico, indicato dall’articolo 1127 del Codice civile, comma 3, quale limite alle sopraelevazioni, sottende una nozione diversa da quella di decoro architettonico, contemplata dagli articoli 1120 comma 4, 1122 comma 1 e 1122-bis, dovendo l’intervento edificatorio in sopraelevazione comunque rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l’originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista, in modo percepibile da qualunque osservatore.
Il giudizio relativo all’impatto della sopraelevazione sull’aspetto architettonico dell’edificio deve essere svolto esclusivamente in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell’immobile condominiale, e verificando l’esistenza di un danno economico valutabile, mediante indagine di fatto demandata al giudice del merito.
A dire della Cassazione, nessuna rilevanza ha la distinzione tra facciata principale, o meno, dell’edificio, in quanto, nell’ambito del condominio edilizio, le facciate stanno ad indicare l’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che connotano il fabbricato, imprimendogli una fisionomia autonoma e un particolare pregio estetico. La facciata rappresenta, quindi, l’immagine stessa dell’edificio, la sua sagoma esterna e visibile, nella quale rientrano, senza differenza, sia la parte anteriore, frontale e principale, che gli altri lati dello stabile. Nel caso in cui si riscontri un pregiudizio dell’aspetto architettonico nell’immobile tutto – comprese le facciate secondarie -, che si traduce in una diminuzione del pregio estetico e economico del fabbricato, la sopraelevazione deve essere demolita.