[A cura di: Andrea Tolomelli – pres. Alac Confcommercio Bologna] È ora che il legislatore affronti i veri problemi dell’inadeguatezza dell’attuale normativa condominiale. Occorre, difatti, una precisa disposizione di legge in ordine alle rispettive competenze sulla manutenzione dei balconi negli stabili in condominio. Non basta la mera affermazione giurisprudenziale in ordine alla valenza estetica e/o alla pregevolezza di alcuni elementi esterni dei balconi per ricondurli o meno alla responsabilità e competenza condominiale.
Ci rendiamo benissimo conto che allo stato del vigente diritto la giurisprudenza – anche quella più innovativa – non può far di più rispetto ad una normativa nata nel 1940 fortemente radicata alla “fisicità” della proprietà privata, e che difficilmente poteva immaginare il valore collettivo di beni immateriali quali il decoro architettonico, purché citato nella norma, per il “nuovo” istituto del condominio. Purtroppo il legislatore riformatore del 2012/2013 ha perso un importante occasione di adeguamento delle norme che disciplinano i rapporti tra i proprietari in condominio alle effettive recenti necessità, concentrandosi piuttosto sul falso problema di riforma della categoria degli amministratori di condominio, che avrebbe meritato una specifica normativa piuttosto che alcune impositive disposizioni calate impropriamente in quella che dovrebbe essere la disciplina di un tipo di proprietà.
Oggigiorno, stante la complessità degli edifici e l’urbanizzazione delle città, è quanto mai opportuno riconoscere e tutelare beni e valori collettivi quali il decoro architettonico, il “calore” o meglio la “risparmiosità” energetica o la sicurezza attiva e passiva degli edifici (in termini di protezione da intrusi e di prevenzione incendi). Beni e valori, questi, che spesso si spingono ben oltre i confini delle proprietà esclusive e comuni. Tali beni possono essere tutelati solo con una visione collettiva d’insieme.
Troppe vertenze sull’argomento stanno lacerando i rapporti di condominio, intasando le aule di giustizia quasi a confermare il noto brocardo: “causa che pende causa che rende”. E in tutti questi casi gli amministratori sono involontariamente coinvolti e colpevolizzati per l’applicazione di uno o l’altro criterio, comunque attaccabile e contestabile, per l’applicazione più che soggettiva del flebile criterio dell’interesse estetico.
Purtroppo, non è dirimente l’affermazione giurisprudenziale in virtù della quale “gli elementi esterni, quali i rivestimenti della parete frontale e di quella inferiore, e quelli decorativi di fioriere, balconi e parapetti di un condominio svolgono una funzione di tipo estetico rispetto all’intero edificio, del quale accrescono il pregio architettonico, costituiscono, come tali parti comuni, ai sensi dell’articolo 1117 c.c., n. 3, con la conseguenza che le spese per la relativa ripartizione ricade su tutti i condòmini, in misura proporzionale al valore delle proprietà di ciascuno (Cassazione civile 21641 del 19 settembre 2017)”.
Occorre un chiaro intervento legislativo che introduca esatte norme sulla ripartizione delle competenze manutentive per quanto attiene i balconi negli stabili in condominio, che esplicitamente riconosca la condominialità di tutti quegli elementi esterni di facciata. Si tratterebbe della prima forma di “economia processuale”: quella di evitare inutili giudizi e dispendi di denaro attraverso l’introduzione di norme chiare e risolutrici delle vertenze che attualmente si ripropongono costantemente.
Auspichiamo che i prossimi deputati e senatori si impegnino in tal senso risolvendo i problemi concreti dei cittadini.