[A cura di: Avv. Silvio Rezzonico – pres. Fna Confappi] Salvo che diversamente dispongano il regolamento edilizio o il regolamento di igiene comunale, lo sbocco delle canne fumarie installate dopo il 31 agosto 2013 è regolato dall’art. 5, comma 9, del DPR 26 agosto 1993, n. 412, ripetutamente modificato, per il quale “gli impianti termici installati successivamente al 31 agosto 2013 devono essere collegati ad appositi camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione con sbocco sopra il tetto dell’edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione tecnica vigente“. Quest’ultima regolamentazione è contenuta nella norma UNI 7129.
Il citato art. 5, comma 9, prevede, peraltro, alcune deroghe, generali e speciali, all’obbligo dello scarico sopra il tetto, stabilendo i requisiti per fruirne.
La giurisprudenza amministrativa, per la prima volta, ha puntualizzato il principio secondo cui l’obbligo di scaricare i fumi da riscaldamento oltre il colmo del tetto – previsto dalla previgente normativa sul risparmio energetico – deve ritenersi superato dal comma 9-bis, dell’art. 5, lettera “d”, che sancisce la facoltà di deroga all’obbligo di espellere, al di sopra del tetto, i prodotti della combustione e consente lo scarico a parete di tali fumi.
Ulteriormente, per la segnalata giurisprudenza, a seguito della normativa sopravvenuta, diventano incompatibili le disposizioni previste da precedenti regolamenti edilizi comunali, con obbligo per il Giudice di disapplicarle (TAR Lombardia – Milano, 13 settembre 2017, n. 1808).
Nell’appartamento costituito da un monolocale con bagno, ubicato al secondo piano di un edificio, era presente una caldaia di tipo C, che scaricava i prodotti della combustione nella canna fumaria condominiale, posta a servizio dell’intera colonna verticale di alcuni appartamenti tra cui quello della proprietaria dell’appartamento. In base alla norma tecnica nazionale in materia di sicurezza degli impianti a gas per uso domestico, UNI 7129 – recepita ai sensi della Legge 1083 del 06/12/1971, dal D.M. 13/08/2009 – le caldaie di tipo B caratterizzate dall’essere caldaie a camera aperta e tiraggio naturale, non possono essere installate all’interno di un monolocale, nel quale è invece necessario installare caldaie di tipo C tradizionale o a condensazione.
La ricorrente ha fatto eseguire una videoispezione, da cui è risultato che la canna fumaria collettiva ramificata condominiale, a cui erano collegate tutte le caldaie degli appartamenti che si trovano sulla stessa colonna di quella di proprietà della ricorrente, presentava una serie di irregolarità. Produceva quindi una relazione tecnica dimostrando che le caldaie di tipo B e quelle di tipo C non potevano essere collegate alla canna fumaria collettiva ramificata. Essendo risultato che la canna fumaria collettiva ispezionata non era a norma e che il condominio non aveva effettuato alcuna opera di risanamento del manufatto, la proprietaria dell’appartamento, in ottemperanza a quanto previsto dalle norme regolanti la materia, e su richiesta del condominio, ha provveduto ad installare una nuova caldaia di tipo C a condensazione, con scarico a parete.
A seguito delle contestazioni avanzate da un altro condomino che abitava nell’appartamento sovrastante, il Comune, su indicazione dell’ASL, ha chiesto alla ricorrente l’adeguamento dello scarico dei fumi della relativa caldaia in quanto non conformi al proprio Regolamento di Igiene e di presentare il certificato di conformità dell’impianto e dell’avvenuto adeguamento redatto da tecnico abilitato, secondo la normativa vigente, entro un determinato termine. L’ordinanza comunale ingiungeva anche all’amministratore condominiale di eseguire tutti gli interventi tecnici necessari a risolvere le criticità riscontrate nella canna fumaria collettiva, senza che il condominio vi provvedesse.
Il proprietario dell’appartamento cui era stato vietato lo scarico a parete si rivolgeva quindi al TAR che accoglieva il ricorso per “Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del DPR n. 412 del 26 agosto 1993” e per “Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto e per motivazione illogica, carente e contraddittoria” ed emetteva una sentenza che annullava l’ordinanza del Comune e condannava il Comune stesso (per aver emesso l’ordinanza) ed il condominio (per non aver adeguato la canna fumaria e condiviso l’ordinanza del Comune) al pagamento delle spese processuali e accessorie.