Sì a costruzione in aderenza se è “addizione” di opera preesistente
Non vi sono ragioni per negare la possibilità di costruire un manufatto in aderenza ad un fabbricato realizzato dal vicino sul confine per il solo fatto che tale manufatto costituisca addizione di un fabbricato preesistente (non importa se realizzato prima o dopo quello del vicino: per l’affermazione della possibilità di mutare in ogni tempo la soluzione costruttiva – a distanza legale, in aderenza o in appoggio – purché la situazione lo consenta e la soluzione originaria sia legittima). È il principio di diritto richiamato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 23986 del 12 ottobre 2017, di cui riportiamo un estratto.
————
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 12.10.2017,
n. 23986
————
Rilevato
- che con atto di citazione notificato in data 15.05.1998 la società T.C.M. s.r.l. conveniva in giudizio dinanzi al tribunale di Firenze la P. s.r.l., oggi incorporata dalla E. s.p.a., assumendo che la convenuta aveva costruito una scala sul confine tra le rispettive proprietà in violazione delle norme sulle distanze legali previste dal codice civile e dal PRG del comune di Empoli, nonché della disciplina delle vedute, e, conseguentemente, chiedendo la demolizione dell’opera ed il risarcimento del danno;
- che la convenuta, costituitasi, chiedeva in via riconvenzionale la demolizione della scala e del vano in allumino anodizzato realizzati dalla società attrice in aderenza al muro di confine tra le due proprietà, oltre al risarcimento dei danni;
- che, istruita la causa mediante c.t.u., il tribunale di Firenze, con la sentenza n. 1586/2007, dichiarava l’illegittimità della scala realizzata dalla convenuta e, in accoglimento della domanda dell’attrice, condannava l’E. s.p.a. a demolirla (ma non a risarcire il danno), mentre rigettava la domanda riconvenzionale;
- che la corte d’appello di Firenze, adita dall’E. s.p.a., ha confermato la condanna di quest’ultima a demolire la scala dalla stessa realizzata, ma – accogliendo la riconvenzionale dalla stessa proposta, rigettata in primo grado – ha condannato anche la T.M.C. a demolire la scala esterna e il manufatto in alluminio nero anodizzato da quest’ultima realizzati;
- che avverso la sentenza di secondo grado la T.C.M. ha proposto ricorso per cassazione sulla scorta di un solo motivo, censurando congiuntamente l’omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. e la violazione o falsa applicazione degli art. 873 e 877 c.c., nonché dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.;
- che l’immobiliare E. s.p.a. si è costituita con controricorso ed ha altresì proposto ricorso incidentale, censurando, con un solo promiscuo motivo, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione in relazione all’art. 360 n. 5 e violazione o falsa applicazione dell’art. 873 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.;
- che per l’adunanza di Camera di consiglio ex art. 180 bis 1 c.p.c. del 16.5.17, in cui la causa è stata decisa, hanno depositato una memoria la ricorrente ed il Procuratore Generale.
Considerato
- che secondo la ricorrente principale la corte distrettuale, per giungere all’accoglimento della domanda riconvenzionale dell’E. s.p.a. di demolizione della scala realizzata dalla T.C.M. in aderenza all’edificio della stessa E. s.p.a., avrebbe errato nel ritenere detta scala una nuova costruzione, pacifico essendo che la nuova costruzione realizzata dalla T.C.M. in base alla concessione del 1991 era solo il manufatto in vetro e alluminio, mentre la scala in aderenza al fabbricato E. s.p.a. era preesistente al 1991 e, secondo l’argomentazione della T.C.M., era stata realizzata contemporaneamente alla edificazione del fabbricato della stessa T.C.M.;
- che, preliminarmente, va confutato l’assunto della controricorrente secondo cui non sarebbe stato impugnato (e sarebbe quindi passato in giudicato) il capo di sentenza contenente la condanna alla demolizione del manufatto in alluminio anodizzato;
- che, infatti, l’impugnazione di detto capo è consequenziale all’impugnazione dell’accertamento dell’illegittimità della scala (vedi il secondo capoverso di pagina 8 del ricorso, ove si sottolinea che il vano in alluminio è stato realizzato all’interno della proprietà T.C.M., essendo posteriore alla scala costruita dalla stessa T.C.M. in aderenza al fabbricato E. s.p.a.);
- che il motivo va giudicato fondato, sia perché la statuizione secondo cui la scala della T.C.M. sarebbe una costruzione nuova (comunque successiva alla edificazione originaria dell’edificio T.C.M.) risulta del tutto apodittica e non supportata da alcuna motivazione, sia perché tale statuizione è giuridicamente errata laddove pretende di applicare alla costruzione in aderenza un principio elaborato da questa Corte in materia di costruzione in prevenzione;
- che, infatti, il precedente di legittimità invocato a pag. 7 della sentenza gravata (Cass. 6926/01, secondo la quale il diritto di prevenzione riconosciuto a chi per primo edifica si esaurisce con il completamento della costruzione e non può, quindi, giovare automaticamente per un successivo manufatto, ancorché accessorio al primo) riguarda, appunto, l’edificazione in prevenzione a distanza dal confine inferiore alla metà della distanza di tre metri prevista tra costruzioni dall’873 c.c. e non si occupa dell’edificazione in aderenza;
- che, per contro, non vi sono ragioni per negare la possibilità di costruire un manufatto in aderenza ad un fabbricato realizzato dal vicino sul confine per il solo fatto che tale manufatto costituisca addizione di un fabbricato preesistente (non importa se realizzato prima o dopo quello del vicino: per l’affermazione della possibilità di mutare in ogni tempo la soluzione costruttiva – a distanza legale, in aderenza o in appoggio – purché la situazione lo consenta e la soluzione originaria sia legittima, cfr. Cass. 11488/15);
- che, quindi, il ricorso principale va accolto;
- che, per contro, il ricorso incidentale va giudicato inammissibile per l’insufficiente esposizione del fatto processuale (Cass. 76/10, Cass. 18483/15);
- che quindi, in definitiva, la sentenza gravata va cassata in relazione al solo ricorso principale, con rinvio alla corte territoriale perché la stessa, per un verso, accerti se la realizzazione della scala della società T.C.M. sia o meno antecedente a quella del vano in alluminio anodizzato e, per altro verso, si attenga al principio che la costruzione in aderenza è consentita anche se si tratti di addizione di opera preesistente.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza gravata in relazione alla statuizione impugnata con il ricorso principale e rinvia ad altra sezione della corte d’appello di Firenze, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.