Alla conclusione del rapporto di locazione, il conduttore è tenuto a restituire l’immobile nelle medesime condizioni in cui l’ha ricevuto e ha risarcire al proprietario i danni eventualmente causati all’unità abitativa locata che non siano riconducibili a un normale deterioramento. È il principio di diritto richiamato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 6387 del 15 marzo 2018, di cui si riporta un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III civ., ord. 15.3.2018,
n. 6387
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Con sentenza del 24/11/2015 la Corte d’Appello di Bologna, in accoglimento del gravame interposto dalla società C. s.p.a. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Parma n. 644/2013, ha rigettato la domanda nei confronti della medesima spiegata dai sigg. R.G.P., N. e M. quali usufruttuari dell’immobile sito in …, oggetto del contratto di locazione stipulato il …, di pagamento di somma a titolo di risarcimento danni lamentati in conseguenza della riconsegna del medesimo in cattivo stato di manutenzione.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i R. e il sig. F.M., erede della defunta R.M., propongono ora ricorso per cassazione affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso la società C. s.p.a., che ha presentato anche memoria.
Con il 2° motivo denunziano “violazione e falsa applicazione” dell’art. 2909 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si dolgono che la corte di merito non abbia considerato che “il danno, consistente nella diminuzione patrimoniale dell’immobile condotto in locazione addebitabile al conduttore, si determina in capo al locatore al momento della riconsegna dello stesso, senza che possano rivestire alcuna incidenza eventi successivi, quali la vendita o la sua concessione in locazione ad un altro conduttore”.
Lamentano che “la (parziale) ristrutturazione dell’immobile che … avrebbe eliso il danno in capo ai locatori è fatto indipendente dal danno cagionato da C, s.p.a., essendo correlata ad un diverso rapporto giuridico, sorto successivamente alla produzione dell’evento ed a carico di un soggetto terzo, con la conseguenza che non potrebbe mai portare ad una riduzione dell’obbligazione a carico del danneggiante, essendo questa completamente autonoma e distinta”.
Con il 3° motivo denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si dolgono non essersi dalla corte di merito considerato che “la ristrutturazione riguardava, a ben vedere, solo i piani bassi”, e pertanto “solo una porzione dell’immobile (pari a meno del 50% dell’intero fabbricato)”, attesa “la necessità del nuovo conduttore H. di adeguarli allo standard estetico dei propri negozi di vendita”, mentre il resto dell’edificio è tutt’ora sfitto e nelle condizioni (pessime) in cui lo ha lasciato C. s.p.a.”, laddove erroneamente la corte di merito ha fatto discendere dall’esistenza di “una D.I.A. relativa ad un progetto contemplante interventi di ristrutturazione edilizia dell’immobile” la “insussistenza di qualsiasi danno patito dai Signori R..
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati e vanno per quanto di ragione accolti, nei termini di seguito indicati.
(omissis)
La prova del fatto costitutivo della pretesa può essere peraltro dal locatore data anche per presunzioni, che costituiscono un mezzo di prova di rango non inferiore agli altri, in quanto di grado non subordinato nella gerarchia dei mezzi di prova e dunque non “più debole” della prova diretta o rappresentativa, ben potendo le presunzioni assurgere anche ad unica fonte di convincimento del giudice (omissis), in quanto trattasi di una “prova completa”, sulla quale può anche unicamente fondarsi il convincimento del giudice (omissis).
(omissis)
Come questa Corte ha già avuto modo di porre il rilievo, le massime di esperienza sono definizioni o giudizi ipotetici di contenuto generale, indipendenti dal caso concreto sul quale il giudice è chiamato a decidere, acquisiti con l’esperienza, ma autonomi rispetto ai singoli casi dalla cui osservazione sono dedotti ed oltre i quali devono valere; tali massime sono adoperabili come criteri di inferenza, vale a dire come premesse maggiori dei sillogismi giudiziari (omissis).
Costituisce invece una mera congettura, in quanto tale inidonea ai fini del sillogismo giudiziario, tanto l’ipotesi non fondata sull’id quod plerumque accidit, insuscettibile di verifica empirica, quanto la pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità (omissis).
(omissis)
Fornita la prova – anche per presunzioni – dei fatti costitutivi della domanda da parte del locatore, è quindi al conduttore convenuto che incombe – come detto – di dare la prova del fatto impeditivo, modificativo o estintivo.
Orbene i suindicati principi risultano dalla corte di merito invero disattesi nell’impugnata sentenza.
Rimasto nella specie accertato che l’immobile è stato, dopo un “rapporto di locazione … durato oltre 45 anni”, dalla conduttrice società C. s.p.a. restituito ai locatori-usufruttuari dell’immobile locato – in condizioni tali da richiedere opere di ristrutturazione, la corte di merito, pur movendo da tale fatto oggettivo, ha infatti affermato di voler prescindere “da ogni considerazione circa l’essere tale stato peggiore di quello necessariamente da ricondurre all’utilizzo ultra quarantennale dell’immobile per un’attività commerciale” e che lo stesso “determinasse ex se una diminuzione patrimoniale per i ricorrenti in termini di danno emergente o di lucro cessante”.
Affermazione invero non solo apodittica ma altresì illogica ed erronea, trattandosi di accertamento concernente l’imprescindibile presupposto della domanda risarcitoria nella specie originariamente proposta dagli odierni ricorrenti.
Movendo dal rilievo che la sussistenza di un “progetto di integrale ristrutturazione … intrapreso quando il rapporto locativo con la s.p.a. C. era ancora in corso”, e che nella specie trattasi di una “ristrutturazione prevedente frazionamenti dell’immobile con limitazione della porzione da locare ai soli primi tre piani e destinazione di altre porzioni dell’immobile ad uffici della Spa R. e ad abitazione dei proprietari” implicanti “tempi di realizzazione nonché decisioni imprenditoriali … ristrutturazione”, la corte di merito è quindi pervenuta ad apoditticamente, illogicamente e contraddittoriamente altresì concludere che “ciò è di per sé sufficiente a far escludere che la ristrutturazione dell’immobile sia stata in qualunque modo influenzata dallo stato in cui si trovava l’immobile al momento del suo rilascio da parte della s.p.a. C.”.
(omissis)
In particolare in presenza, da un canto, della necessità di procedere ad opere di ristrutturazione per ovviare alla suaccennata situazione di degrado dell’immobile accertata dal CTU (al di là dell’esigenza “del nuovo conduttore H. s.p.a. di adeguarli allo standard estetico dei propri negozi di vendita” di cui si fa menzione nell’impugnata sentenza); e, per altro verso, del rispondere a massima d’esperienza che in tale ipotesi, ove le opere di ristrutturazione vengano convenzionalmente poste a carico del conduttore, il canone di locazione è in base all’id quod plerumque accidit (a fortiori ove trattisi come nella specie di imprenditore aduso alle pratiche commerciali, qual è la società H. s.p.a.) dalle parti stabilito in un ammontare inferiore rispetto a quello che verrebbe altrimenti determinato in assenza di siffatta necessità.
A tale stregua, la conclusione raggiunta dalla corte di merito nell’impugnata sentenza si appalesa allora inammissibilmente, apoditticamente, illogicamente e contraddittoriamente fondata su una mera astratta congettura o supposizione.
Dell’impugnata sentenza (omissis) s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
(omissis)
La Corte accoglie il 2° e il 3° motivo, assorbito il 1°. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione.