[A cura di: dott.ssa Silvia Zanetta] Con il termine “mediazione” si fa riferimento a un procedimento previsto dal D.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, che consiste nell’attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa.
Il terzo soggetto può essere determinato dalle parti e la conclusione del procedimento, in caso di esito positivo, si articola tramite un accordo stipulato dalle parti. Tale accordo costituisce titolo esecutivo ex art. 12 D.lgs. 28/2010. In caso di esito negativo, il procedimento si riterrà concluso, potendo adire l’autorità giudiziaria e senza dover riconoscere alcun compenso per l’organismo di conciliazione.
L’art. 5 del D.lgs. 28/2010 indica una serie di materie per cui vi è l’obbligo di esperire preventivamente il procedimento di mediazione. Tale condizione di procedibilità è stata reintrodotta dal D.l. n. 69/2013, c.d. decreto del fare. Tra queste materie figura quella condominiale.
Primo problema è quindi definire e circoscrivere la materia condominiale. A tal fine, viene in ausilio, l’art. 71 disp. att. c.c., il cui primo comma chiarisce che il d.lgs. 28/2010 fa riferimento a tutte le controversie relative sia agli articoli dal 1117 al 1139 c.c., sia alle previsioni disciplinate agli articoli dal 61 al 72 delle disp. Att. c.c.
Si noti che l’art. 5 specifica che il procedimento di mediazione non è necessario nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile; d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile; […] f) nei procedimenti in camera di consiglio. Tuttavia, un’isolata sentenza di un tribunale di merito, ha affermato l’obbligatorietà del procedimento di mediazione anche nell’eccezione appena citata (cfr. Tribunale Padova, sent. Del 24.2.2015).
Nel casi controversia condominiale, è legittimato a partecipare alla mediazione ex art. 71 quater disp. att. c.c., l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice civile, ossia la maggioranza deve essere costituita sia in prima che in seconda convocazione da un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio.
La durata massima del procedimento è fissata direttamente dal D.lgs. in tre mesi, e si precisa che l’instaurazione della domanda di mediazione impedisce il decorso del termine di decadenza di 30 giorni di cui all’art.1137 c.c. per impugnare la domanda.
I rapporti tra mediazione e azione giudiziale in materia condominiale, e le relative questioni controverse, sono state oggetto della recente sentenza n. 836 del 2018 del Tribunale di Milano.
Il caso oggetto della decisione della Corte milanese riguardava un condominio che intendeva ricorrere alla mediazione nei confronti di un condomino e del suo inquilino per violazione del regolamento condominiale. Seppur la tematica fosse posta all’ordine del giorno, non risultava alcuna delibera esplicita dell’assemblea.
La prima tematica approfondita dal Tribunale aveva per oggetto la violazione dell’art. 71 quater delle Disposizioni di attuazione del Codice civile che prevede la necessità di una preventiva delibera assembleare che autorizzi la partecipazione dell’amministratore alla mediazione. In merito il Giudice rilevava che “la circostanza che l’amministratore non fosse stato investito di autorizzazione assembleare non rende nullo il procedimento di mediazione”. Il Tribunale evidenziava come tale vizio fosse sanabile ex art. 71 quater disp. att. c.c. comma quarto, in quanto il mediatore ha la facoltà di disporre, su richiesta dell’amministratore, proroga della prima comparizione allo scopo di consentire a quest’ultimo di munirsi di delibera assembleare.
Nel caso in esame la richiesta non era stata formulata e sarebbe stata completamente inutile, risultando preclusa la possibilità per le parti di addivenire ad un accordo amichevole per la composizione della controversia con l’ausilio del mediatore, non essendosi presentata alla mediazione la società convenuta. “Dunque, quand’anche l’amministratore fosse stato munito di delibera autorizzativa da parte dell’assemblea, l’esito della mediazione non sarebbe cambiato, essendo impossibile la soluzione della controversia in sede di mediazione in assenza della parte interessata. Pertanto, avuto riguardo alla ratio della mediazione obbligatoria, che è quella appunto di favorire la composizione amichevole della controversia, evitando il ricorso al giudizio, ed a quella del disposto di cui all’art. 71 quater comma 3° disp. att. c.c., che è quella di definire l’ambito entro il quale l’amministratore ha il potere di mediare la controversia, risultava soddisfatta la condizione di procedibilità della domanda giudiziale“.
In merito, il Giudice ha rilevato che su richiesta dell’amministratore, il mediatore avrebbe dovuto disporre una proroga dell’inizio del procedimento di mediazione al fine di consentire la delibera assembleare. In ogni caso, rilevava il Tribunale, l’esito favorevole della mediazione era impossibile alla luce della assenza del conduttore regolarmente chiamato al procedimento. Alla luce della finalità deflattiva della mediazione, il Giudice riteneva soddisfatta la condizione di procedibilità prevista dall’art. 5 Dlgs 28/2010.
Seconda problematica oggetto della pronuncia riguardava il fatto che in sede di mediazione, il condominio aveva contestato la violazione del regolamento, mentre in giudizio fatto valere la violazione dell’art. 1122 c.c.. Il Giudice risolveva la questione della mancata corrispondenza delle contestazioni attraverso il criterio della identità dei fatti e del medesimo bene tutelato dal regolamento e dal codice.