[A cura di: Ance Foggia] L’art. 36 del Dpr 380/2001 “Testo Unico edilizia” consente la sanatoria degli abusi edilizi c.d. “formali”, ossia di quegli interventi realizzati in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio (permesso di costruire o Scia), ma comunque consentiti dal piano urbanistico vigente e che quindi avrebbero potuto essere autorizzati se l’interessato avesse presentato la domanda al Comune. Si tratta dunque di uno strumento di sanatoria a regime, da non confondere con il condono edilizio che ha carattere straordinario e riguarda gli interventi abusivi in contrasto con il piano urbanistico.
In particolare, il Testo Unico Edilizia permette al responsabile dell’abuso o al proprietario dell’immobile di ottenere il permesso di costruire in sanatoria a condizione che l’intervento realizzato senza titolo risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento sia della sua realizzazione, sia della presentazione della domanda (art. 36, comma 1). Il rilascio del permesso di costruire in sanatoria è inoltre subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità dell’intervento, in misura pari a quella prevista dall’art. 16 del Dpr 380/2001 (art. 36, comma 2).
Un problema frequente nell’ambito dei procedimenti avviati in base all’art. 36 Dpr 380/2001 è rappresentato dalla presenza di vincoli paesaggistici, che il più delle volte impediscono il rilascio del permesso in sanatoria. Infatti l’art. 167 del D. lgs. 42/2004 consente la sanatoria solo di abusi di lieve entità e cioè:
La giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sez. VI, 14/10/2015, n. 4759) e l’Ufficio legislativo del Ministero dei beni culturali (Parere 12385-27/04/2016) hanno fornito un’interpretazione degli artt. 36 Dpr 380/2001 e 167 D.lgs. 42/2004 che amplia la possibilità di ottenere il permesso in sanatoria in aree vincolate anche ad opere abusive realizzate con aumenti di volume o superficie.
In particolare, il parere afferma che, nel caso in cui le opere siano state realizzate senza titolo (o in difformità da esso) prima dell’apposizione del vincolo paesaggistico, non sussiste un illecito paesaggistico perché al momento della realizzazione dell’opera abusiva non sussisteva alcun vincolo. Pertanto il privato non era tenuto ad acquisire l’autorizzazione paesaggistica.
Il Ministero precisa che, essendo comunque presente un vincolo seppure sopravvenuto, l’abuso andrà sottoposto ad una verifica di compatibilità paesaggistica secondo le modalità e la disciplina dell’art. 146 D. lgs. 42/2004 e cioè secondo il procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica ordinaria.
Si segnala infine che questa interpretazione è stata recentemente ripresa dalla regione Emilia Romagna nell’ambito della LR 12/2017 che, modificando l’art. 17 della legge regionale sull’edilizia 23/2004 ha stabilito che: “Nei casi in cui il vincolo paesaggistico sia stato apposto in data successiva alla realizzazione delle opere oggetto della sanatoria, l’accertamento di conformità è subordinato all’acquisizione dell’assenso delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo. L’assenso è espresso con le modalità previste per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004”.