[A cura di: avv. Andrea Marostica – andrea.marostica@studiomarostica.com] Una recente pronuncia della Corte di Cassazione civile (Cass. civ., sez. II, 23.01.2018, n. 1629) offre l’occasione per soffermarsi brevemente sul dissenso alle liti disciplinato dall’art. 1132 cod. civ., valutandone l’ambito applicativo con particolare riferimento all’ipotesi di lite tra un condomino ed il condominio. Si vedano anzitutto i fatti e lo svolgimento del processo.
Due condòmini promuovevano un giudizio di accertamento tecnico preventivo nei confronti del condominio. Le spese sostenute dal condominio in questo giudizio (legale e consulente tecnico di parte) venivano inserite nel rendiconto e ripartite tra tutti i condòmini, compresi i due che avevano agito nei confronti del condominio. Il rendiconto veniva approvato dall’assemblea. I due condòmini impugnavano la deliberazione di approvazione del rendiconto, sostenendo (tra gli altri motivi) di non dovere partecipare alla ripartizione delle spese del legale e del consulente tecnico di parte del condominio.
Il tribunale rigettava la domanda. I due condòmini proponevano appello avverso la sentenza di primo grado. La Corte d’appello accoglieva il motivo inerente alla partecipazione alle spese anzidette, ritenendo che il dissenso alle liti ex art. 1132 cod. civ. dei due condòmini fosse implicito, anche se non espresso nell’assemblea che deliberava di resistere nel procedimento di accertamento tecnico preventivo da loro stessi promosso. Il condominio proponeva dunque ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello, sostenendo che era stata fatta errata applicazione dell’art. 1132 cod. civ., in quanto tale disposizione non contempla il dissenso implicito, ma postula l’invio di un atto recettizio da parte del condomino dissenziente per il prodursi dell’effetto di separarne la responsabilità in ordine alle conseguenze della lite.
Si ripercorra il testo dell’art. 1132 cod. civ., riportato di seguito.
“1) Qualora l’assemblea dei condòmini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda, il condomino dissenziente, con atto notificato all’amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L’atto deve essere notificato entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione.
2) Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa.
3) Se l’esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente”.
L’ipotesi trattata dalla disposizione è quella in cui il condominio decida di promuovere un giudizio nei confronti di un terzo (dunque il condominio è l’attore) o di resistere in un giudizio promosso da un terzo nei suoi confronti (qui il condominio è il convenuto). Il dissenso si riferisce alla posizione di quel condomino che non condivida la decisione del condominio e che, dunque, voglia separare la propria responsabilità da quella del gruppo. Quel condomino dovrà manifestare il proprio dissenso notificando all’amministratore del condominio una propria dichiarazione in tal senso entro trenta giorni dal momento in cui ha avuto notizia della decisione condominiale.
Coerentemente, in ordine alle conseguenze del giudizio, l’articolo prevede quanto segue:
La Suprema Corte ha ritenuto, in aderenza all’orientamento consolidato sul punto, che, nell’ipotesi di giudizio in cui siano contrapposti un condomino ed il condominio, il dissenso alle liti di cui all’art. 1132 cod. civ. non possa trovare applicazione, nemmeno in via analogica. Nelle parole della Corte: “È nulla la deliberazione dell’assemblea condominiale che, all’esito di un giudizio che abbia visto contrapposti il condominio ed un singolo condomino, disponga anche a carico di quest’ultimo, pro quota, il pagamento delle spese sostenute dallo stesso condominio per il compenso del difensore nominato in tale processo, non trovando applicazione nella relativa ipotesi, nemmeno in via analogica, gli artt. 1132 e 1101 c.c.”.
Il dissenso alle liti, infatti, come evidenziato sopra, si applica nell’ipotesi di controversia tra il condominio ed un terzo e si riferisce alla posizione di quel condomino che non condivida la decisione del condominio e che dunque decida di separare la propria responsabilità da quella del gruppo.
Ipotesi del tutto diversa è quella in cui la lite intercorra tra il condominio ed un condomino. In questo caso, infatti, come evidenziato dalla pronuncia in commento, “la compagine condominiale viene a scindersi di fronte al particolare oggetto della lite, per dare vita a due gruppi di partecipanti al condominio in contrasto tra loro, nulla significando che nel giudizio il gruppo dei condòmini, costituenti la maggioranza, sia stato rappresentato dall’amministratore“. Conseguentemente le spese sostenute dal condominio in questo giudizio non possono essere sopportate anche dal condomino che costituisce la controparte, “trattandosi di spese per prestazioni rese a tutela di un interesse comunque opposto alle specifiche ragioni personali del singolo condomino”.
La breve disamina di cui sopra dà lo spunto per un rilievo di ordine sistematico relativo alla natura giuridica del condominio, in quanto l’art. 1132 cod. civ. è una delle disposizioni che vengono solitamente coinvolte nella vexata quaestio. Lo spunto è attuale, in considerazione della recente rimessione al Primo Presidente della Corte di Cassazione per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite degli atti relativi ad un giudizio nel quale la Seconda Sezione della Suprema Corte si è occupata di una questione strettamente connessa a quella della natura giuridica del condominio: il singolo condomino è o non è parte del processo nel quale l’amministratore si sia costituito in rappresentanza del condominio? Si veda in proposito il mio “La natura giuridica del condominio e gli aspetti processuali coinvolti”, in Italia Casa, n. 7, aprile 2018, dove circa la natura giuridica del condominio ci si chiede “Si tratta di un mero ente di gestione, sfornito di personalità, non titolare di una posizione giuridica autonoma, semplice sommatoria delle posizioni dei singoli partecipanti? Oppure si tratta di un soggetto giuridico, distinto dai singoli condòmini, autonomo centro di imputazione di situazioni giuridiche soggettive? (…) “condominio” è una locuzione formale aggregante (il condominio è il semplice insieme dei condòmini) o sostanziale individuante (il condominio è altro dall’insieme dei condòmini, ossia un soggetto autonomo)?“.
Come visto sopra, il dissenso alle liti consente al singolo condomino di separare la propria responsabilità in ordine ad una controversia che il condominio intenda intraprendere o nella quale intenda resistere. La volontà del gruppo, dunque, cessa di essere unitaria: si frantuma in più volontà o, se si preferisce, si restringe a causa dell’enucleazione di una volontà individuale. Questo sembra incompatibile con l’attribuzione al gruppo (condominio) della soggettività giuridica, incompatibile con la qualificazione del condominio come altro rispetto ai condòmini. L’art. 1132 cod. civ., insomma, rappresenta un ostacolo alla teorica della soggettività giuridica del condominio. In proposito ed autorevolmente GIRINO, BAROLI, “Condominio negli edifici”, in Dig. disc. priv., Sez. civ.: l’art. 1132 cod. civ. assegna “all’eventuale dissenso del singolo condomino (…) rilevanza ed effetti incompatibili con la ipotizzata natura collettiva [del condominio], la cui deliberazione assembleare diverrebbe espressione volitiva di soggetto giuridico autonomo dal singolo partecipante e del quale quest’ultimo dovrebbe condividere la sorte imposta dalla maggioranza”.
Si osservi, comunque, che nel 2014 la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 18.09.2014, n. 19663) ha affermato che il condominio va inteso quale autonomo soggetto giuridico: “In caso di violazione del termine ragionevole del processo, qualora il giudizio sia stato promosso dal condominio, sebbene a tutela di diritti connessi alla partecipazione di singoli condòmini, ma senza che costoro siano stati parte in causa, la legittimazione ad agire per l’equa riparazione spetta esclusivamente al condominio, quale autonomo soggetto giuridico, in persona dell’amministratore, autorizzato dall’assemblea dei condòmini.”, CED Cassazione, 2014.
La questione, dunque, resta quanto mai aperta.