[A cura di: avv. Andrea Tolomelli – pres. naz. Abi Conf] Gli amministratori di condominio rappresentano, nell’odierno contesto lavorativo, una giovane professione che trae ragione dalla combinazione della legge 4/2013 con la norma di riforma dell’istituto del condominio, legge 220/2012 (una delle norme che può vantare il triste primato di una lunga gestazione sotto diverse compagini governative).
Possiamo a ragione affermare che gli amministratori di condominio sono una delle più importanti categorie del mondo del lavoro autonomo che hanno trovato riconoscimento nell’ambito delle cosiddette professioni atipiche, in quanto sprovviste – non per loro scelta – di un Ordine o di un Collegio di riferimento.
L’importanza della categoria degli amministratori condominiali nasce dall’elevato numero di clienti rappresentati (si tratta forse della categoria con più alto numero di clienti), dagli ingenti capitali movimentati per conto dei loro assistiti, nonché dai primari interessi coinvolti nell’ambito di una gestione immobiliare: la casa come patrimonio da preservare e tutelare, la sicurezza delle persone che frequentano l’immobile, l’ambiente, il risparmio e la società.
Si tratta di un attività professionale che coinvolge interessi personali, di gruppo e di società ove l’amministratore ha normalmente, per suoi clienti, un numero elevato di persone che gli conferiscono il mandato a maggioranza.
È un’attività regolata civilmente dalle norme sul mandato (ora anche per espresso riferimento legislativo nell’ambito dell’articolo 1129 c.c. n. 15) per la quale l’amministratore risponde e fa l’interesse del mandante condominio, che a volte non è necessariamente l’interesse del singolo condomino con il quale può addirittura entrare in – “dolorosa” – contrapposizione, e si pensi all’attività di recupero del credito dai morosi. Come, pure, in alcuni casi l’amministratore tutela interessi che sfuggono anche dall’imperio dei suoi mandanti, quale quello in generale della sicurezza delle persone che frequentano l’immobile. A tal riguardo la giurisprudenza penale e civile spesso ricorre all’espressione “posizione di garanzia” con riguardo alla figura dell’amministratore di condominio.
Ciò nonostante, quella dell’amministratore è un attività per la quale il Legislatore non ha mai voluto riconoscere uno specifico albo professionale più volte richiesto – per non dire supplicato – da diverse associazioni di categoria.
Il riconoscimento è per l’appunto di recente avvenuto attraverso la generica ammissione delle professioni atipiche e dal riformato istituto del condominio. Pertanto, secondo un evidente e, per certi aspetti, curioso paradosso, l’amministratore trova la propria disciplina professionale nell’ambito delle disposizioni che riguardano un particolare tipo di comproprietà quale è il condominio negli edifici. Ed ancor di più, per quello che appare un impertinente scherzo del destino, la norma di riforma dell’istituto del condominio prevede la figura dell’amministratore professionista anche per una contrapposizione con la previsione dell’amministratore “dilettante” del proprio condominio, facoltà più volte discussa e criticata – a ragione – delle stesse associazioni di categoria.
Dunque, sulla base della suesposta previsione normativa, l’amministratore di condominio è oggigiorno entrato a far parte del mondo delle professioni. Ciò forse a riprova del fatto che spesso l’abito non fa il monaco, come ci ha dimostrato con l’illustre esempio personale “l’avvocato Gandhi”.
Di conseguenza, l’amministratore è oggi valutato sulla base di una responsabilità professionale (non più la mera diligenza del buon padre di famiglia come si citava un tempo per gli amministratori di condominio); ha tutti gli obblighi propri di un professionista, dalla formazione costante alla deontologia (sulla base di regolamenti più o meno severi previsti dalle varie associazioni di categoria chiamate a vigilare sui propri iscritti); nonché è chiamato a rispettare tutte le diverse norme sulla privacy, fiscali o sulla sicurezza che incombono nel mondo del lavoro anche del professionista.
L’amministratore di condominio è entrato a far parte del mondo delle professioni proprio nel momento in cui nello stesso imperversa uno scontro tra la tutela del consumatore e, dunque, della professionalità degli iscritti e la più sfrenata competizione commerciale, pubblicitaria e concorrenza economica tra professionisti, volta alla determinazione del prezzo più basso. In tutto ciò, l’amministratore è di sicuro il più sfortunato per quanto agli emolumenti, storicamente estremamente bassi (forse anche per retaggio e riferiti più a soggetti non qualificati che a professionisti), e per il fatto che il più comune e condiviso metro di valutazione dell’utente è il solo parametro economico. Quando generalmente una singola persona deve scegliere un medico, un avvocato, un notaio o un ingegnere prende anzitutto in considerazione le credenziali del professionista poi valuta economicamente se può permetterselo. Viceversa, nello scegliere un amministratore di condominio vengono presi in considerazione principalmente i riferimenti economici: oggigiorno, purtroppo, gli unici effettivamente discussi e analizzati nel dettaglio. Ciò in quanto trattasi di una scelta collettiva di più persone, ognuna con il proprio candidato.
Il mercato porta a scegliere sulla base di un preventivo che tra l’altro è spesso redatto su elementi desueti quali il numero dei condòmini o delle unità immobiliari. Ciò senza considerare le diverse competenze necessarie per l’amministrazione di un condominio, che oltre a variare a seconda della complessità del fabbricato e dei problemi che eventualmente lo riguardano, variano anche per le diverse problematiche nate nell’ambito dei rapporti tra condòmini.
Amministrare un condominio oggigiorno richiede anche conoscenze e valutazioni economiche soprattutto in un mercato caratterizzato o orientato alla liberalizzazione delle tariffe su cespiti importanti di spesa quali il gas o l’energia elettrica. Un’attenta gestione di queste voci di spesa (le più elevate nei condomini a riscaldamento centralizzato) spesso può consentire importanti risparmi che permettono un miglior utilizzo delle risorse semmai nelle attività di manutenzioni che non possono prescindere da elevati standard di sicurezza e non permettono, pertanto, gare al ribasso su tali fattori.
Per un pieno riconoscimento professionale occorrerà quindi superare errate convenzioni o consuetudini condominiali. Si pensi alla frase spesso ricorrente: “Il nostro è un Condominio ove facciamo tutto in casa” per giustificare la richiesta di onorari bassi per l’amministratore di condominio. Bene, questo è il mandato più pericoloso al punto di vista dell’assunzione delle responsabilità per l’amministratore. Per poi non parlare della tariffazione degli onorari a “gettone tutto compreso” che alcune collettività condominiali vorrebbero negoziare con l’amministratore. Non è ne serio ne credibile e nemmeno sostenibile per un professionista accettare tali retribuzioni più proprie per un dopolavorista.
L’amministrazione di un condominio è un attività complessa che si sviluppa in più attività (ordinarie e straordinarie) alle quali deve essere dettagliatamente previsto e riconosciuto uno specifico onorario, come tra l’altro accennato nel testo di riforma dell’istituto del condominio. In conclusione, un vero riconoscimento professionale passa necessariamente dall’ottenimento di qualificati onorari: solo così l’amministratore potrà dirsi un professionista a tutti gli effetti.