Il caso di un amministratore accusato di essersi appropriato indebitamente di soldi dei condòmini, dei libri contabili e della documentazione amministrativa relativa alla gestione del condominio.
Ecco le sue obiezioni e la decisione assunta dalla Corte di Cassazione con la sentenza 38660/2016.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II pen., sent. n. 38660/2016
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1. Con sentenza del 2015 la Corte di Appello di Palermo ha confermato la pronuncia del Tribunale di Palermo che il 29/11/2014 aveva riconosciuto la penale responsabilità di C.A. in ordine al reato di cui agli artt. 646 e 61 n. 1 cod. pen. per essersi appropriato, abusando della sua nomina di amministratore condominiale dello stabile sito in …, della somma di euro 2.050, di tutti i libri contabili e della documentazione amministrativa in suo possesso.
2. Propone ricorso per cassazione il C.A., a mezzo del suo difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata e sollevando a tal fine i seguenti motivi di gravame:
2.1. Violazione degli artt. 646 cod. pen., 125 e 546 cod. pen. per avere la Corte territoriale omesso di considerare che ai fini della configurazione del reato contestato è necessario che la restituzione della cosa posseduta venga rifiutata senza alcuna legittima ragione, da ravvisarsi invece nel caso di specie nell’irritualità della convocazione dell’assemblea condominiale che l’aveva revocato dalla carica di amministratore, sicché doveva ritenersi che lo stesso condominio era ancora amministrato dal ricorrente in regime di prorogatio imperii, tanto che lo stesso ricorrente aveva convocato una nuova assemblea;
2.2. Violazione degli artt. 125, 192, 533 e 546 cod. proc. pen. per non essere stato verificato dai giudici di merito, pur in assenza di una rigorosa analisi del bilancio condominiale, che la somma di euro 2.050, consegnata all’amministratore per il pagamento del compenso del geom. R., sia stata distratta per profitto del ricorrente e non impiegata, invece, per altri pagamenti effettuati per conto dell’ente dallo stesso amministrato, non corrispondendo al vero l’assunto della Corte secondo cui egli avrebbe abbandonato di fatto la gestione del condominio dal 2008. Prospettava a tal proposito il ricorrente che l’indicazione dell’importo della ritenuta d’acconto per le prestazioni rese dal geom. R. tra le passività del bilancio, alla voce “debiti verso l’erario”, avrebbe dovuto essere valutata come conferma della sua buona fede, e che non sussisteva un obbligo di deposito della documentazione giustificativa del bilancio, né risultava impugnato dai condòmini il rendiconto della gestione, sicché non avrebbe dovuto essergli addebitata la mancanza di pezze giustificative del bilancio;
(omissis)
(omissis)
3.1. Il primo motivo di impugnazione è manifestamente privo di fondamento, atteso che ai fini della configurazione del delitto di appropriazione indebita non può ritenersi determinante la ritualità o meno della convocazione dell’assemblea che aveva revocato il ricorrente dalla carica di amministratore del condominio, convocazione alla quale, peraltro, lo stesso aveva risposto esternando comunque la volontà di dimettersi da tale carica, risultando evidenziato dalla sentenza che comunque il C.A. non ebbe a restituire la somma percepita ed i libri contabili neanche successivamente, nemmeno a seguito della richiesta formulatagli con raccomandata speditagli dal legale del condominio.
3.2. Inammissibile deve ritenersi anche il secondo motivo di impugnazione, dovendosi ritenere congruo e privo di vizi logici il percorso argomentativo della Corte territoriale secondo cui, risultando dimostrato che il C.A. aveva ricevuto dai condòmini, oltre alla somma per il compenso delle prestazioni del geom. R., anche l’ulteriore somma che il ricorrente avrebbe dovuto versare all’erario, per conto del condominio quale sostituto di imposta ed a titolo di ritenuta d’acconto, e non essendo stata versata tale somma all’Agenzia delle Entrate, invano lo stesso professionista, e poi anche altro condomino, si erano rivolti al C.A. chiedendogli la ricevuta dell’avvenuto pagamento, così come invano i condòmini gli avevano spedito una raccomandata con richiesta di convocare l’assemblea per dar conto della somma che avrebbe dovuto versare come ritenuta d’acconto. Si tratta di ricostruzione che senza vizi logici ha indotto i giudici di merito a riconoscere l’appropriazione delle somme e della documentazione da parte del ricorrente, sicché non può integrare vizio di legittimità la mera prospettazione, da parte di questo, di una diversa valutazione delle risultanze processuali (Sez. Un., 30/4/1997, n. 6402; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003), per di più con considerazioni ininfluenti in relazione al caso di specie, atteso che è evidente che la somma ricevuta non poteva essere l’unica ricevuta dal ricorrente per la gestione del condominio, che inevitabilmente disponeva anche di altre entrate per il pagamento delle utenze condominiali, né l’indicazione dell’importo della ritenuta d’acconto per le prestazioni rese dal geom. R. tra le passività del bilancio risulta incompatibile con l’appropriazione indebita contestata al C.A..
(omissis)
4. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente che lo ha proposto, sussistendo profili di colpa, va condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma che si stima equo determinare in euro 1.500 in favore della Cassa delle Ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500 alla Cassa delle Ammende