[A cura di: avv. Andrea Marostica – andrea.marostica@studiomarostica.com] Di difetto di soggettività del condominio e conseguente diretta imputabilità delle obbligazioni ai singoli condòmini, si parla ormai al passato. Già da tempo si ritiene non più necessaria, ai fini della individuazione di un patrimonio su cui il terzo creditore possa soddisfarsi, l’intestazione delle obbligazioni condominiali ai singoli condòmini. La giurisprudenza e parte della dottrina considerano come dati acquisiti l’autonoma soggettività giuridica del condominio e l’esistenza di un suo patrimonio autonomo. Ne derivano la pignorabilità del conto corrente condominiale libera dal limite del beneficium excussionis a favore dei singoli in regola con i pagamenti, e la configurazione di obbligazioni in capo al condominio per l’intero debito e in capo ai condòmini, ciascuno per la propria quota.
Si cercherà ora di ricostruire sommariamente i connotati principali delle linee interpretative emergenti dalla giurisprudenza più recente, analizzando in questo primo articolo l’azione nei confronti del singolo condomino e in un successivo articolo l’azione nei confronti del condominio e concludendo con una sintesi dell’intreccio dei rapporti obbligatori tra terzo creditore, condominio e singoli condòmini.
L’ipotesi qui considerata è quella in cui il creditore agisca nei confronti di un singolo condomino.
Come è noto, la parziarietà (rectius, la modalità di attuazione parziaria) delle obbligazioni condominiali è stata affermata da Cass. Civ., Sez. Un., 8 aprile 2008, n. 9148; l’autorevole dictum segnava una rottura con l’orientamento nettamente prevalente nella giurisprudenza di legittimità, che propendeva per la solidarietà (rectius, la modalità di attuazione solidale) delle obbligazioni dei condòmini. Così le Sezioni Unite: “ritenuto che la solidarietà passiva, in linea di principio, esige la sussistenza non soltanto della pluralità dei debitori e della identica causa dell’obbligazione, ma altresì della indivisibilità della prestazione comune; che in mancanza di quest’ultimo requisito e in difetto di una espressa disposizione di legge, la intrinseca parziarietà della obbligazione prevale; considerato che l’obbligazione ascritta a tutti i condòmini, ancorché comune, è divisibile, trattandosi di somma di danaro; che la solidarietà nel condominio non è contemplata da nessuna disposizione di legge e che l’art. 1123 cod. civ., interpretato secondo il significato letterale e secondo il sistema in cui si inserisce, non distingue il profilo esterno e quello interno; rilevato, infine, che – in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio, la cui organizzazione non incide sulla titolarità individuale dei diritti, delle obbligazioni e della relativa responsabilità – l’amministratore vincola i singoli nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote: tutto ciò premesso, le obbligazioni e la susseguente responsabilità dei condòmini sono governate dal criterio dalla parziarietà. Ai singoli si imputano, in proporzione alle rispettive quote, le obbligazioni assunte nel cosiddetto interesse del condominio, in relazione alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza”.
Il principio è stato ripetuto dalle Sentenze successive, tra le ultime Cass. Civ, Sez. VI, 9 giugno 2017, n. 14530: “Le obbligazioni assunte dall’amministratore, o comunque, nell’interesse del condominio, nei confronti di terzi si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 cod. civ. per le obbligazioni ereditarie”.
Sulla base della qualificazione delle obbligazioni condominiali quali obbligazioni ad attuazione parziaria, che cosa accade se il terzo creditore del condominio agisce contro il singolo condomino per l’intero debito?
Cass. Civ., Sez. III, 29 settembre 2017, n. 22856 si è occupata delle condizioni che legittimano l’azione del terzo creditore nei confronti del singolo e delle possibili reazioni dell’esecutato in sede di opposizione. Si afferma che, nonostante l’attuazione parziaria delle obbligazioni condominiali, il terzo possa agire contro il singolo condomino per l’intero e che sia quest’ultimo a dovere provare l’entità della quota in ragione della quale soltanto è tenuto all’adempimento; in difetto di tale prova, il singolo condomino subirà legittimamente l’esecuzione per l’intero ammontare del debito.
Si legga dunque la massima, estesa ma utilmente esplicativa: “L’esecuzione nei confronti di un singolo condomino, sulla base di titolo esecutivo ottenuto nei confronti del condominio, per le obbligazioni di fonte negoziale contratte dall’amministratore, può avere legittimamente luogo esclusivamente nei limiti della quota millesimale del singolo condomino esecutato, che il creditore può limitarsi ad allegare; nel caso in cui il creditore ne ometta la specificazione e/o proceda per il totale dell’importo portato dal titolo nei confronti di un solo condomino, implicitamente allegando una responsabilità dell’intimato per l’intero ammontare dell’obbligazione, quest’ultimo potrà opporsi all’esecuzione deducendo di non essere affatto condomino, ovvero deducendo che la sua quota millesimale è inferiore a quella esplicitamente o implicitamente allegata dal creditore; nel primo caso, l’onere di provare il fatto costitutivo di detta qualità spetterà al creditore procedente, ed in mancanza il precetto dovrà essere dichiarato inefficace per l’intero: nel secondo caso sarà lo stesso opponente a dover dimostrare l’effettiva misura della propria quota condominiale: se tale dimostrazione venga fornita, l’atto di precetto dovrà essere dichiarato inefficace per l’eccedenza, ma resterà valido per la minor quota parte dell’obbligazione effettivamente gravante sul singolo condomino; in mancanza di tale dimostrazione, l’opposizione non potrà invece essere accolta, l’atto di precetto non potrà essere dichiarato inefficace e resterà quindi efficace per l’intera quota di cui il creditore ha intimato il pagamento”.
Il principio sulla base del quale si sostiene ciò è quello della riferibilità o vicinanza della prova, “essendo palese la maggiore prossimità e la riferibilità al singolo condomino del fatto (impeditivo/modificativo) in questione, e cioè la misura della sua quota condominiale e, di converso, le difficoltà per il creditore di venire a conoscenza di esso (difficoltà solo attenuate dal già richiamato disposto del nuovo testo dell’art. 63 disp. att. cod. civ., peraltro entrato in vigore successivamente ai fatti di causa)”.
Quanto affermato nella pronuncia da ultimo citata è stato sottoposto a critica da SCARPA in ALC, 2018, 62, “Debito pro quota del singolo condomino e vicinanza della prova”. L’autore sostiene che “rimettere al singolo condomino opponente l’onere probatorio della prova della esattezza dell’importo intimato in precetto, come proporzionato alla sua quota millesimale, sia pur in forza del criterio empirico della vicinanza o prossimità della prova stessa, significa invertire l’onere ex art. 2697 cod. civ., il che è consentito solo quando la ripartizione di esso, in ragione della distinzione tra fatti costitutivi e fatti estintivi, impeditivi o modificativi del credito, dia un risultato non soddisfacente dal punto di vista della tutela del diritto di cui all’art. 24 Cost., nel senso di renderlo impossibile o troppo difficile”. Si riporta il testo dell’art. 2697 cod. civ. citato, rubricato “Onere della prova”: “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”.
Che cosa accade nel caso in cui il singolo condomino, contro il quale il terzo creditore abbia agito per l’intero debito, abbia effettivamente pagato l’intero?
Cass. Civ. Sez. II, 9 gennaio 2017, n. 199 (che non ha fatto applicazione, ratione temporis, della garanzia rappresentata dal beneficio ex art. 63 disp. att. cod. civ. di previa escussione dei condòmini morosi a favore dei condòmini virtuosi) ha affermato che “(…) dovendosi escludere che l’obbligo di contribuzione alle spese si connoti verso il terzo creditore come rapporto unico con più debitori, ovvero come obbligazione solidale per l’intero in senso proprio, al condomino (…) che abbia versato nelle mani dell’appaltatore l’intero prezzo dei lavori, non può accordarsi (allo scopo di vedersi rimborsato) un diritto di regresso nei confronti degli altri condòmini – sia pur limitatamente alla quota millesimale dovuta da ciascuno di essi – ex art. 1299 cod. civ., né la surrogazione legale ex art. 1203, n. 3, cod. civ., sussistendo – al più – una legittimazione ad agire per ottenere l’indennizzo da ingiustificato arricchimento, stante il vantaggio economico ricevuto dagli altri condòmini”.
Viene dunque negato, in capo al condomino che abbia pagato l’intero, il diritto di regresso nei confronti degli altri condòmini, in quanto viene rifiutata la configurabilità di un unico rapporto obbligatorio intercorrente tra il terzo creditore ed i condòmini. L’intreccio dei vincoli obbligatori, dunque, non viene ricondotto alla figura della c.d. obbligazione soggettivamente complessa dal lato passivo stricto sensu, nella quale più debitori sono tenuti alla medesima unica prestazione nei confronti del creditore in forza del medesimo unico fatto generatore (questa è la struttura dell’obbligazione, aspetto del tutto distinto è la sua attuazione, che può essere solidale o parziaria); si ipotizza piuttosto l’esistenza di tanti rapporti obbligatori quanti sono i condòmini, intercorrenti tutti, nei lati attivi, con il terzo creditore.
Questa ricostruzione è ribadita da Cass. Civ., Sez. VI, 11 agosto 2017, n. 20073: “L’obbligazione per l’esecuzione di lavori inerenti parti comuni assunta dall’amministratore del condominio nei confronti dell’appaltatore, si imputa ai singoli componenti nelle proporzioni stabilite dall’art. 1123 cod. civ., trovando applicazione il principio della parziarietà. Ciò posto, (nel regime antecedente alla garanzia ex art. 63, comma 2, att. cod. civ., introdotta dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220), al condomino che – minacciato di esecuzione forzata – abbia pagato per intero il debito contratto dal condominio non può accordarsi alcun diritto di regresso, ex art. 1299 cod. civ., né per l’intera somma dovuta dal condominio, né nei confronti degli altri condòmini, sia pur limitatamente alla quota millesimale dovuta da ciascuno di essi; né gli può essere consentito di avvalersi della surrogazione legale, in forza dell’art. 1203, n. 3, cod. civ.. Semmai, il condomino che si è fatto carico dell’intero debito potrà agire nei confronti degli altri singoli partecipanti per ottenere l’indennizzo da ingiustificato arricchimento, stante il vantaggio economico ricevuto dagli altri condòmini“.