Nel precedente articolo (Recupero crediti, parte I: l’azione contro il singolo condomino) abbiamo analizzato l’azione del creditore nei confronti del singolo condomino, con focus sull’onere probatorio dell’entità della quota individuale e analisi del caso in cui il condomino escusso si faccia carico del pagamento dell’intero debito.
Di seguito prendiamo invece in esame l’ipotesi in cui il creditore agisca nei confronti del condominio.
La giurisprudenza più recente avanza nel solco della progressiva “entificazione” del condominio. Cass. Civ., Sez. Un., 18 settembre 2014, n. 19663 ha infatti insegnato che l’indirizzo dottrinario che riconosce al condominio la personalità giuridica “ha ricevuto nuova linfa dalla legge di riforma (…). Infatti, se è pur vero che nel corso dei lavori preparatori di tale legge si era tentato senza successo di introdurre la previsione espressa del riconoscimento della personalità giuridica del condominio, e che l’art. 1139 cod. civ. rinvia, per quanto non espressamente previsto, alle norme in tema di comunione, per contro, è da sottolineare l’obbligo dell’amministratore (…) di tenere distinta la gestione del patrimonio del condominio e il patrimonio personale suo o di altri condòmini, così come la costituzione di un fondo speciale (…) e, soprattutto, la previsione (…), in tema di note di trascrizione, secondo la quale, per i condòmini è necessario indicare l’eventuale denominazione, l’ubicazione e il codice fiscale. Ebbene, se pure non è sufficiente che una pluralità di persone sia contitolare di beni destinati ad uno scopo perché sia configurabile la personalità giuridica (si pensi al patrimonio familiare o alla comunione tra coniugi), e se dalle altre disposizioni in tema di condominio non è desumibile il riconoscimento della personalità giuridica in favore dello stesso, riconoscimento dapprima voluto ma poi escluso in sede di stesura finale della L. n. 220 del 2012, tuttavia non possono ignorarsi gli elementi sopra indicati, che vanno nella direzione della progressiva configurabilità in capo al condominio di una sia pure attenuata personalità giuridica, e comunque sicuramente, in atto, di una soggettività giuridica autonoma”.
La Cassazione, pertanto, nella sua composizione più autorevole, afferma che sicuramente oggi il condominio deve essere considerato un autonomo soggetto di diritto e che, per di più, gli indici normativi depongono a favore di una progressiva configurabilità del condominio quale persona giuridica, seppur in senso attenuato.
A partire da questa base dogmatica, Trib. Civ. Milano, Sez. III, 21 novembre 2017, n. 11878 ha affermato che dalle norme novellate “si rinviene una serie di indici dell’esistenza di un patrimonio del condominio stesso (…): il settimo comma dell’art. 1129 cod. civ. impone all’amministratore l’obbligo di far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condòmini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; l’undicesimo comma del predetto articolo stigmatizza la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condòmini“. Tutto ciò vale non solo a configurare il condominio quale autonomo soggetto giuridico, ma anche ad affermare l’esistenza di un patrimonio autonomo del condominio, rinvenibile soprattutto nella giacenza del conto corrente condominiale, cioè “quel saldo che è ad immediata disposizione del correntista condominio, secondo l’art. 1852 cod. civ., senza che mantenga alcun rilievo lo specifico titolo dell’annotazione a credito, né la provenienza della provvista dall’uno o dall’altro condomino. Da ciò deriva che il credito pignorato è il credito della restituzione delle medesime somme depositate, il quale trova causa, appunto, nel rapporto di conto corrente, rimanendo del tutto prive di significato le ragioni per le quali le singole rimesse siano state effettuate, come la provenienza delle stesse dall’uno o dall’altro condomino”.
Così costruita, dal punto di vista sistematico, la possibilità di aggredire il conto corrente condominiale inteso quale patrimonio autonomo facente capo direttamente al condominio qualificato come soggetto distinto dai singoli condòmini, non resta che risolvere l’ostacolo rappresentato dal beneficium excussionis a favore dei condòmini virtuosi. Si tratta della previsione dell’art. 63, co. 2, disp. att. cod. civ.: “I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condòmini”.
L’ostacolo è rappresentato dal fatto che, come rilevato da alcuni, il pignoramento del conto corrente condominiale realizzerebbe una violazione della disposizione di cui sopra, in quanto le somme lì depositate appartengono ai condòmini e, principalmente, a coloro tra essi che hanno versato regolarmente le proprie quote, non certo ai condòmini morosi che – per definizione – non sono in regola con il pagamento dei contributi. Dunque, se ne trae, come potrebbe essere consentita l’aggressione del conto corrente condominiale, che ha proprio ad oggetto le somme versate dagli “obbligati in regola con i pagamenti”?
Questo rilievo, se da una parte è condivisibile, dall’altro pecca per genericità. Anzitutto, non considera che le obbligazioni condominiali non sono un coacervo indifferenziato, potendosi distinguere tra oneri versati per spese ordinarie e per spese straordinarie, per quella determinata spesa o per quell’altra; è ben possibile, infatti, che un condomino risulti in regola con i pagamenti per le spese ordinarie e non con quelli per le spese straordinarie, o in regola per quella determinata spesa (avendo versato quell’importo, a fronte della specifica rata emessa dall’amministratore, indicando l’imputazione del suo versamento) e non in regola per un’altra. Inoltre, non tiene conto del fatto che le somme depositate sul conto corrente condominiale non sono rappresentate soltanto dalle quote versate dai condòmini a fronte delle rate emesse dall’amministratore, potendo trattarsi, ad esempio, di rimborsi assicurativi o sanzioni per infrazioni al regolamento.
L’ostacolo descritto è aggirato dal filone interpretativo innovativo sulla base degli stessi argomenti (descritti più sopra) della qualificazione del condominio quale soggetto giuridico e della asserita esistenza di un patrimonio autonomo facente capo al soggetto giuridico condominio. Afferma in proposito la citata Sentenza del Tribunale di Milano che “là dove il creditore agisca per il recupero dell’intero credito in forza del contratto che lo lega al condominio (e non nei confronti dei singoli condòmini tenuti alla contribuzione) non può trovare applicazione il disposto dell’art. 63 disp. att. cod. civ. perché lo stesso, pignorando il conto corrente condominiale, non agisce nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, ma aggredisce il patrimonio del condominio, patrimonio che al condominio obbligato fa direttamente capo”. In questo contesto interpretativo, non è possibile sostenere la illegittimità del pignoramento eseguito sul conto corrente intestato al condominio facendo leva sull’obbligo di preventiva escussione dei condòmini morosi, poiché il soggetto aggredito è il condominio, non i singoli condòmini.
La pronuncia del Tribunale di Milano evidenzia come “il pignoramento del saldo di conto corrente condominiale da parte del creditore è (…) volto a soddisfare in via esecutiva la sola obbligazione per l’intero gravante sull’amministratore e non interferisce col meccanismo del beneficio di escussione ex art. 63, comma 2, disp. att. cod. civ., il quale è posto a presidio unicamente dei distinti obblighi pro quota spettanti ai singoli”.
Nella vicenda obbligatoria intercorrente tra terzo creditore e “compagine condominiale” debitrice viene dunque ravvisata una molteplicità di rapporti, che possono essere riassunti come segue in base ai principi giurisprudenziali più sopra richiamati.
Già Cass. Civ., Sez. II, 27 settembre 1996, n. 8530 aveva affermato “la contestuale esistenza delle distinte obbligazioni, concernenti rispettivamente l’intero debito e le singole quote, facenti capo la prima all’amministratore, quale mandatario di tutti i partecipanti al condominio, e le altre ai singoli condòmini tenuti in ragione e nella misura della partecipazione. Fino a quando taluna delle diverse obbligazioni non si estingue, l’azione per conseguire l’adempimento di ciascuna di esse, nei limiti di quanto effettivamente spettante, dal creditore può essere proposta cumulativamente”.
Sulla base di questa costruzione, il Tribunale di Milano ha potuto affermare che, alla luce delle novellate disposizioni che consentono di ritenere il condominio un soggetto giuridico dotato di autonomo patrimonio, l’azione del terzo creditore nei confronti dei singoli condòmini è necessaria “solo in seconda battuta, perché, in prima battuta, un patrimonio del condominio esiste, ed è costituito principalmente dalle somme presenti sul conto corrente allo stesso intestato. Se non può ancora parlarsi di patrimonio separato, in quanto non parrebbe esservi un vero e proprio vincolo di destinazione delle predette somme cui le stesse non possono essere sottratte, tuttavia non può negarsi che il conto corrente condominiale costituisca la prima garanzia ex art. 2744 cod. civ. per i creditori del condominio stesso, che potranno scegliere se agire: per l’intero nei confronti del condominio (pignorando il conto corrente condominiale); parzialmente nei confronti dei singoli condòmini (con l’osservanza, questa volta, del disposto dell’art. 63 disp. att. cod. civ.)”.