Nel caso in cui l’occupazione di un immobile si protragga nel tempo, il delitto assume natura permanente, e cessa soltanto con l’allontanamento del soggetto dall’edificio o con la sentenza di condanna (omissis). Ne deriva che, finché dura la condotta delittuosa, è possibile proporre la querela, nel senso che il reato permanente è, in quanto tale, flagrante per tutto il periodo in cui se ne protrae la consumazione. È quanto disposto dalla Cassazione con la sentenza 20132/2018, di cui si riporta un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II pen., sent. n. 20132/2018
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1. Con la sentenza impugnata il Giudice di pace di Reggio Calabria ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di M.P. e di B.R. per il reato previsto dagli artt. 110, 633 cod. pen., perché l’azione penale non doveva essere iniziata per mancanza di querela. Nella motivazione il Giudice ha affermato che la querela era stata presentata oltre i 90 giorni dal momento in cui gli aventi diritto erano venuti a conoscenza del comportamento illecito e pertanto deve ritenersi tardiva e inefficace.
2. Avverso la detta sentenza ha proposto appello dinanzi al Tribunale il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, e il Tribunale ha dichiarato la propria incompetenza e trasmesso gli atti a questa Corte in virtù del principio di conversione dei mezzi di impugnazione.
Il ricorrente deduce che la querela è stata considerata tardiva, sull’erroneo presupposto che il reato di occupazione abusiva si configuri come reato istantaneo, la cui consumazione si realizza nel momento in cui l’immobile viene invaso, a nulla rilevando la eventuale permanenza dell’occupazione.
Il termine per proporre querela non era invece ancora spirato, essendo l’occupazione e quindi il reato ancora in corso di consumazione.
La parte civile, Poste Italiane s.p.a., con memoria depositata il 15 marzo 2018 ha chiesto l’accoglimento del ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica.
1. Il ricorso è fondato.
Secondo un orientamento consolidato e risalente, “Il delitto p. e p. ex art. 633 c.p., ove non si esaurisca nella pura e semplice momentanea invasione, ma avvenga con un’occupazione protratta nel tempo – come avvenuto nel caso in esame – è permanente, come da lungo tempo stabilito da larga giurisprudenza di questa S.C. (omissis)”.
È stato peraltro chiarito che nel reato di invasione di terreni o edifici di cui all’art. 633 cod. pen. la nozione di “invasione” non si riferisce all’aspetto violento della condotta, che può anche mancare, ma al comportamento di colui che si introduce “arbitrariamente” e cioè, contra ius in quanto privo del diritto d’accesso. La conseguente “occupazione” deve ritenersi pertanto l’estrinsecazione materiale della condotta vietata e la finalità per la quale viene posta in essere l’abusiva occupazione. Ma nel caso in cui l’occupazione si protragga nel tempo il delitto assume natura permanente, e cessa soltanto con l’allontanamento del soggetto dall’edificio o con la sentenza di condanna (omissis).
Ne deriva che, finché dura la condotta delittuosa, è possibile proporre la querela, nel senso che il reato permanente è, in quanto tale, flagrante per tutto il periodo in cui se ne protrae la consumazione e ciò ai sensi dell’esplicito disposto dell’art. 382 cpv. c.p.p.; ciò significa che la querela deve considerarsi comunque tempestiva sia pure con riferimento al periodo pregresso corrispondente al termine trimestrale di cui all’art. 124 c.p.; tenuto conto, poi, dell’intrinseca struttura unitaria del reato permanente, ovviamente la querela copre anche il periodo ad essa posteriore, finché si protrae la permanenza (omissis).
Anche questa sezione ha affermato che “È da ritenersi tempestiva la querela per il reato di invasione di terreni che sia stata proposta durante il periodo in cui si è protratta l’occupazione, dal momento che il reato permanente è flagrante per tutto il tempo in cui se ne protrae la consumazione” (Sez. 2, n. 41401 del 19/10/2010).
Il collegio conosce quell’orientamento minoritario secondo cui, in forza del tenore letterale dell’art. 633 cod. pen., che deduce ad oggetto della sanzione la condotta di chi, abusivamente, senza l’autorizzazione del titolare, invade edifici o terreni al fine di occuparli o per trarne profitto, il reato in questione si configura come reato istantaneo ad effetti permanenti, sicché la condotta successiva di protrazione dell’occupazione non avrebbe rilevanza (Sez. 2, n. 7911 del 20/01/2017).
E tuttavia tale conclusione non è del tutto condivisibile.
Ed infatti occorre rilevare che con riferimento ad altri reati definiti come istantanei con effetti permanenti, quali l’evasione, il deturpamento di bellezze naturali, la deviazione di acque e modificazione dello stato dei luoghi ex art. 632 cod. pen., n. 306, conv. in L. 7 agosto 1992, n. 356 la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che, di regola, si consumano nel momento stesso in cui si modifica lo stato dei luoghi; tuttavia possono assumere carattere permanente qualora, perché perdurino gli effetti della modifica, si renda necessaria un’attività continua o ininterrotta dell’agente.
E nel caso di occupazione di un terreno o di un appartamento certamente si rende necessaria la condotta attiva dell’autore dell’invasione che continui ad utilizzare il bene altrui.
Si perverrebbe, altrimenti, al risultato paradossale di ritenere improcedibile o prescritto un reato che si estrinseca in una condotta attiva che si protrae nelle more del processo.
Si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria per l’ulteriore corso.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria per il giudizio.