[A cura di: dott. Lorenzo Berta – Ape Torino Confedilizia]
La cedolare secca sugli affitti, superata la diffidenza iniziale tipica delle novità fiscali, è ormai uno strumento di prassi quotidiana che i proprietari di immobili utilizzano in maniera sempre più frequente a partire dalla sua introduzione nel 2011.
Come molto spesso capita, i problemi e le eventuali difficoltà dinnanzi a novità fiscali crescono con il passare del tempo. In questi anni ci ricordiamo lunghe code dei contribuenti agli sportelli dell’Agenzia per risolvere questioni che dottrina e prassi in principio hanno sottovalutato, o magari non correttamente pubblicizzato, si pensi alla possibilità di inserire l’opzione della cedolare in contratto, o le questioni sull’imposta di registro sui garanti. Inoltre nel caso di proprietari di immobili, siamo nella maggior parte dei casi di fronte a una platea di persone in età avanzata, che fanno più fatica a seguire le continue evoluzioni di un sistema fiscale basato gerarchicamente su norme emanate dal legislatore, regolamenti dell’ente impositore e dottrina interpretativa in costante aggiornamento.
Tali contribuenti, non nativi digitali, piuttosto che immergersi in ricerche su internet, molto spesso, nel tentativo di risolvere le questioni con un unico sforzo, si recavano agli sportelli dell’Agenzia delle Entrate a chiedere informazioni. Purtroppo, nel corso degli anni, l’esperienza che hanno avuto i proprietari di casa nei confronti di questi contatti in tema di cedolare secca non è stata del tutto soddisfacente. Di sicuro la novità era tale anche per gli operatori dell’ente pubblico, ed infatti in non pochi casi i proprietari hanno ricevuto informazioni sbagliate. Peggio ancora in taluni casi una stessa domanda rivolta a due uffici diversi o più in generale a due operatori diversi riceveva risposte diverse.
Questo fenomeno tuttavia (e per fortuna) è andato scemando con il passare del tempo ed ora i feedback che riceviamo in termini di risposte in tema tassa piatta sono confortanti. Non trattandosi più di una novità, è sostanzialmente cresciuto tutto il sistema, dalla consapevolezza del proprietario nell’utilizzo, alla conoscenza dei vantaggi dell’inquilino alla prontezza degli operatori nel rispondere ai quesiti tecnici.
Vi è tuttavia una questione che ancora oggi desta parecchi dubbi in tema di cedolare secca e che vede ancora alcuni uffici dell’Agenzia avere posizioni differenti nonostante, si ritiene, la norma sia chiara e unica, seppur poco condivisibile: cosa succede quando un soggetto proprietario di immobili con contratti registrati applicando l’opzione della cedolare secca muoia in presenza di eredi?
Ci poniamo di fronte ad un caso molto più frequente di quanto si possa immaginare, proprio per quanto pocanzi accennato sul tema dei proprietari di immobili in età matura. In ipotesi di successione ereditaria pertanto gli immobili del de cuius cadranno in successione. Per semplicità espositiva non tratteremo gli aspetti legati alla rinuncia dell’eredità, per concentrarci sul destino dell’immobile caduto in eredità e accettato dagli eredi. La logica porterebbe a pensare che l’opzione effettuata dal de cuius in fase di prima registrazione del contratto possa seguire l’immobile nel suo percorso successorio e quindi traslare sull’erede che ne gioverà dei benefici.
In realtà la questione è solo nella teoria così, mentre nella pratica è leggermente più complicata. Ciò non tanto per la difficoltà degli adempimenti, ma per le tempistiche che sono state inserite per effettuarli.
Scendendo nel dettaglio, l’Agenzia delle Entrate dice, attraverso la circolare 20/E del 04/06/2012, al paragrafo 5, che: “L’opzione per la cedolare secca esercitata dal dante causa in ipotesi di trasferimento mortis causa o per atto tra vivi di un immobile locato cessa di avere efficacia con il trasferimento stesso per quanto riguarda l’imposta sul reddito”.
Tale primo assunto ci fa fin da subito capire che il regime agevolato non gode del beneficio della continuità fiscale poiché laddove vi sia un passaggio di proprietà per atto tra vivi o mortis causa (in successione) cessa i suoi effetti e quindi, se ne desume, il contratto ritorna a tutti gli effetti assoggettato al regime ordinario.
Ancorché questa scelta possa anche ritenersi condivisibile, in quanto l’Agenzia ha la necessità di avere un punto fermo sull’immobile, si fatica tuttavia a comprendere il secondo assunto che la circolare spiega sul tema. Infatti, dopo aver citato la normativa sulla successione dei contratti generale in caso di trasferimento della proprietà: “Inoltre, il trasferimento mortis causa o per atto tra vivi della proprietà di un immobile locato ad uso abitativo comporta, in linea generale, la successione o il subentro nella titolarità del contratto di locazione senza soluzione dello stesso, dato che la legge tutela la posizione del conduttore nelle locazioni ad uso abitativo”.
Nella quale chiaramente spiega come il contratto di locazione segua l’immobile dal momento che la posizione garantita è sempre quella del conduttore, successivamente continua, a nostro parere, facendo una scelta poco condivisibile: “Non sussistendo l’obbligo di stipulare un nuovo contratto, i nuovi titolari potranno optare per la cedolare secca mediante presentazione del modello 69 entro l’ordinario termine di trenta giorni decorrente dalla data del subentro”.
Posto che il riferimento al modello 69 sia da ritenersi superato dall’introduzione del modello RLI (la circolare dell’agenzia è del 2012 anno in cui era in vigore il modello 69), la scelta che lascia perplessi è quella di equiparare l’adempimento sia nel caso di trasferimento per atto tra vivi che nel caso di mortis causa.
Se nel primo caso la fattispecie sembra essere corretta e nulla risulta da eccepire, in caso di trasferimento mortis causa 30 giorni per espletare la scelta appaiono effettivamente troppo pochi. Pensiamo al caso di un decesso: gli eredi solitamente nei 30 giorni successivi si trovano di fronte a molte incombenze pratiche, emozionali e burocratiche, e difficilmente si concentreranno sul regime fiscale degli immobili del defunto. Per non parlare dei tempi tecnici in caso di apertura di testamento, o del caso di successioni con beneficio di inventario o ancora di scelta su come dividere tra gli aventi causa il patrimonio del de cuius, comprensivo degli immobili. Per sintetizzare, molto spesso in presenza di più eredi, dopo 30 giorni non si sa nemmeno che fine faranno gli immobili. È chiaro che nei casi di successioni semplici, in presenza di pochi immobili e unico o pochi eredi magari la tempistica possa anche essere rispettata, ma nella stragrande maggioranza dei casi il termine dei 30 giorni per poter effettuare la scelta porta come risultato l’impossibilità di proseguire il regime della tassa piatta, considerando anche il fatto che non è ammesso l’istituto del ravvedimento per sanare la mancata scelta fatta entro i termini.
Ciò che risulta strano e difficilmente comprensibile è come per espletare la pratica di successione venga dato un lasso di tempo ampio, 1 anno, riconoscendone le difficoltà oggettive, mentre in questo contesto il limite sia così breve, cioè 30 giorni.
La circolare poi precisa come tutto ciò sia riferito solo ai fini IRPEF poiché per quanto riguarda l’imposta di registro e i bolli dice espressamente che la scelta fatta dal de cuius: “(omissis)… mentre continua ad avere effetto fino al termine dell’annualità contrattuale per l’imposta di registro e di bollo. Per queste ultime, infatti, vale la sussistenza del presupposto di applicazione della cedolare secca al momento della registrazione del contratto, della proroga o del versamento dell’imposta per le annualità successive, prima del trasferimento dell’immobile”.
Quindi ai fini di questi tributi nulla dovrà essere fatto fino alla scadenza della prima annualità poiché vale la scelta fatta dal deceduto, creando di fatto un doppio binario.
Conclusioni
Per concludere, in caso di mortis causa l’opzione per la tassa piatta esercitata in origine cessa di avere efficacia per l’IRPEF nel momento in cui avviene il decesso. Mentre continua ad avere effetto fino al termine dell’annualità contrattuale per l’imposta di registro e di bollo.
Per poterla rendere efficace fin da subito anche ai fini IRPEF l’erede deve presentare il modello RLI entro 30 giorni dal decesso optando per la cedolare secca. In tale circostanza nulla si dovrà più fare. Nel caso in cui non presenti il modello RLI nei 30 giorni successivi al decesso, ai fini IRPEF il contratto sarà considerato ordinario, senza però dover pagare l’imposta di registro e i bolli. Alla prima scadenza utile (proroga annualità o rinnovo) potrà optare per la cedolare secca oppure continuare con il regime ordinario versando imposta di registro e bolli.
Contratto che inizia il 01/01/2018, 4+4 con scelta cedolare secca in sede di registrazione. Il proprietario muore il 31/03/2018. Se gli eredi presentano il modello RLI entro il 30/04/2018 optando per la cedolare secca, il contratto prosegue in cedolare sia per l’IRPEF che per registro e bolli. In tal caso gli eredi nella denuncia dei redditi per l’anno 2018 dichiareranno il canone percepito dal 01/04/2018 in cedolare secca.
Nel caso in cui non presentino il modello RLI entro il 30/04/2018 il contratto diventa ordinario senza però necessità di integrazione di registro e bolli. Nei 30 giorni successivi al 31/12/2018, quindi al primo rinnovo, gli eredi dovranno presentare il modello RLI per optare o meno per la cedolare secca. In tal caso gli eredi nella denuncia dei redditi per l’anno 2018 dichiareranno il canone percepito dal 01/04/2018 come ordinario.