Le condizioni di evidente dissesto in cui versano una strada e il relativo marciapiede non possono sgravare il condominio – che ne è proprietario – da un’adeguata custodia, né dalle responsabilità in suo capo nel risarcire una donna che scendendo dall’auto ha patito un infortunio. È quanto stabilito dalla Cassazione con l’ordinanza 20194 del 31 luglio 2018, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 31.7.2018,
n. 20194
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1. A.I. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, il Condominio …, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni da lei patiti a causa della caduta in una buca esistente sul tratto di marciapiede appartenente al convenuto.
Si costituì in giudizio il Condominio, chiedendo il rigetto della domanda.
Espletata prova per testi e fatta svolgere una c.t.u., il Tribunale rigettò la domanda con compensazione delle spese.
2. La pronuncia è stata impugnata dall’attrice soccombente e la Corte d’appello di Roma, con sentenza dell’i 1 luglio 2016, ha rigettato l’appello ed ha condannato l’appellante al pagamento delle spese del grado.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre A.I. con atto affidato ad un solo motivo.
Resiste il Condominio … con controricorso.
(omissis)
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 cod. civ., sul rilievo che la sentenza avrebbe erroneamente interpretato i principi in ordine agli obblighi gravanti sul custode.
1.1. Rileva il Collegio che questa Corte, con le recenti ordinanze 1° febbraio 2018, n. 2480, o. 2481, n. 2482 e n. 2483, coordinando e rielaborando i principi in materia di violazione degli obblighi di custodia, ha affermato che la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.; ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.
A tali principi l’odierna decisione intende dare convinta continuità.
1.2. La Corte d’appello, tuttavia, pur avendo richiamato in motivazione alcuni pronunce di questa Corte e, in particolare, il fatto che l’onere della prova del nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno grava sulla parte danneggiata (rilievo corretto), non ha poi fatto buon governo della citata giurisprudenza in relazione al caso concreto.
Nella sentenza impugnata, la cui motivazione in ordine alla ricostruzione in fatto è estremamente stringata, si legge che la strada teatro del sinistro «versava in uno stato di diffuso dissesto»; subito dopo, a completamento della motivazione, la Corte romana ha aggiunto che «lo stato di generale evidente dissesto della strada da un lato non richiedeva apposita segnalazione o transennamento delle singole buche, essendo appunto lo stato di dissesto una condizione di generale normalità»; di talché detta situazione «avrebbe imposto alla A.I. particolare cautela nello scendere dalla sua vettura, essendo altamente probabile che il fondo fosse sconnesso».
1.3. Tali argomentazioni non sono corrette e non possono essere condivise.
Ed infatti da un lato non è pensabile che uno stato di «generale evidente dissesto della strada» non debba essere in alcun modo segnalato; dall’altro – e a maggior ragione – che tale dissesto possa essere ritenuto «una condizione di generale normalità»; pur essendo sotto gli occhi di tutti lo stato di crescente abbandono e degrado delle strade e dei marciapiedi, è evidente che l’incuria del custode non può essere utilizzata dal medesimo, attraverso il richiamo all’obbligo di particolare attenzione che grava sul danneggiato, come una specie di garanzia di irresponsabilità.
(omissis)
Nel caso in esame il comportamento della vittima, la quale stava scendendo dalla macchina, non aveva in sé nulla di imprevedibile; né il giudice di merito prospetta elementi dai quali possa dedursi, alla luce delle citate ordinanze di questa Corte del 2018, che la danneggiata abbia violato il dovere di solidarietà che impone all’utente della strada un’attenzione collaborativa con i pubblici poteri, al fine di evitare danni alla propria incolumità. Ed è palese che la sentenza impugnata non ha affrontato correttamente il profilo della responsabilità della danneggiata ai fini dell’art. 1227, primo comma, cit., poiché non ha considerato il limite tra la violazione del dovere di cautela da parte di quest’ultima e la sicura inottemperanza del custode agli obblighi di protezione che gravano su di lui.
Deriva da tutte le considerazioni svolte fin qui come il motivo di ricorso sia fondato.
2. La sentenza impugnata, pertanto, è cassata e il giudizio è rinviato alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione personale, la quale deciderà attenendosi ai principi sopra enunciati, valutando in particolare i limiti del concorso di colpa della danneggiata in rapporto alla situazione non segnalata di dissesto stradale.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione personale, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.