Che trattasi di somme o di documenti afferenti al condominio, l’appropriazione indebita da parte di colui che ne era stato amministratore si concretizza non nel momento della revoca dello stesso e della nomina del successore, bensì nel momento in cui l’agente, volontariamente negando la restituzione, si comporta “uti dominus” rispetto alla “res”, il che rende non influente la possibilità successiva per il condominio di chiedere il recupero ad altro soggetto beneficiario. È il principio di diritto richiamato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 38291/2018, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VII pen., ord. n. 38291/2018
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La Corte di Appello di Milano, con sentenza in data 02/11/2017, parzialmente riformando la sentenza pronunciata dal Tribunale di Milano, in data 21/12/2016, nei confronti di G.F. confermava la condanna in relazione al reato di cui all’art. 646 cod.pen..
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo: violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità dell’imputato.
Il motivo è inammissibile perché manifestamente non fondato.
Difatti il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione quando la decisione impugnata abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, essere superato il limite costituito dal devolutum con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (omissis). E nel caso in esame non sussiste alcuno dei vizi denunciati poiché i giudici di merito hanno correttamente valutato la condotta di appropriazione indebita sulla base della confessata distrazione di somme effettuata da parte dell’imputato a fronte della quale il ricorso reitera questioni già affrontate e risolte. Al proposito va ancora osservato come secondo l’interpretazione di questa corte il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa e, cioè nel momento in cui l’agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria (Sez. 2, n. 29451 del 17/05/2013). Affermazione questa resa in un caso in cui la Corte ha ritenuto perfezionato il delitto di appropriazione indebita della documentazione relativa al condominio da parte di colui che ne era stato amministratore, non nel momento della revoca dello stesso e della nomina del successore, bensì nel momento in cui l’agente, volontariamente negando la restituzione della contabilità detenuta, si era comportato “uti dominus” rispetto alla “res” il che rende non influente la possibilità successiva per il condominio di chiedere il recupero ad altro soggetto beneficiario.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla cassa delle ammende.