[A cura di: Virginio Trivella] La bozza del Decreto Ecobonus 2018 che aggiornerà i requisiti tecnici degli interventi beneficiari dell’ecobonus e introdurrà nuovi massimali di spesa specifici per le varie tecnologie è ancora in fase di gestazione.
Nelle ultime settimane i segnali di allarme lanciati da molte associazioni di categoria sono stati ripresi e amplificati dai mezzi di informazione. Molte altre associazioni si sono nel frattempo mobilitate e, attraverso il coordinamento confindustriale, a breve faranno pervenire al Ministero dello Sviluppo Economico proposte finalizzate a sventare i rischi che deriverebbero dall’applicazione del decreto Ecobonus 2018, nella formulazione che sta circolando.
Ci limitiamo a ricordare che, secondo le nostre valutazioni e l’opinione di molte associazioni di categoria, l’entità dei nuovi massimali di spesa è di gran lunga insufficiente a coprire i costi degli interventi di riqualificazione energetica, con la conseguenza che l’intensità nominale degli incentivi (70-75%) si ridurrebbe a percentuali ben più modeste (non più del 35-40%, senza considerare i costi finanziari e per la cessione dei crediti d’imposta), del tutto insufficienti a consentire al meccanismo incentivante di conservare la sua capacità di stimolo.
Come già sottolineato, gli incentivi a favore della riqualificazione energetica profonda degli edifici e della loro messa in sicurezza sismica possiedono una fortissima addizionalità (quasi tutti gli interventi che ne fruiscono non sarebbero realizzati in assenza degli incentivi) e, a causa degli spiccati effetti moltiplicativi propri del settore edile, sono in grado di stimolare attività economiche aggiuntive e base imponibile incrementale in misura tale da compensare il costo della politica di stimolo.
Per di più, l’incremento della base imponibile si realizza subito, mentre la spesa fiscale si manifesta in modo diluito nel corso del decennio successivo, e non si hanno nemmeno effetti negativi sulla bilancia commerciale in quanto le risorse utilizzate sono in larghissima parte di provenienza nazionale. Si tratta quindi di un modello di politica fiscale altamente espansivo, che si mostra particolarmente idoneo nella condizione di stagnazione che da lungo tempo deprime la nostra economia e del tutto in linea con le esigenze di stimolo del PIL e di riduzione del rapporto debito pubblico/PIL.
Con l’attuazione del decreto Ecobonus 2018, nei termini previsti dalla bozza in discussione, come muterebbe quindi il futuro dell’incentivo? Sicuramente verrebbe menomata la sua capacità di stimolo (già messa a repentaglio dall’incremento dei tassi d’interesse) a causa dell’introduzione di massimali di spesa inadeguati ed eccessivamente restrittivi; si rinuncerebbe così a un potente strumento espansivo, pregiudicando la possibilità di realizzare uno dei principali obiettivi della Strategia energetica nazionale. Al contrario, il suo potenziamento contribuirebbe a innescare una vasta operazione di rinnovamento del patrimonio immobiliare nazionale.
L’investimento dello Stato in questo settore dovrebbe essere considerato strategico per le sue conseguenze sullo sviluppo economico, sulla tutela dell’ambiente, della sicurezza dei cittadini e sulla preservazione del valore dei loro risparmi.
Oggi si invoca un “piano Marshall per l’edilizia”. Il decreto Ecobonus 2018 non dovrebbe porsi la finalità di regolamentare gli incentivi in esclusiva chiave restrittiva, ma dovrebbe contribuire al superiore obiettivo del rilancio di un settore industriale prioritario e porsi al servizio di un potente strumento di politica economica.