Dalla “circolare sgomberi” emanata nei giorni scorsi dal Ministero dell’Interno, al più ampio problema abitativo. Sono le tematiche sulle quali intervengono con forza i sindacati degli inquilini, Sunia e Sicet in testa.
“Proseguono gli sgomberi di case occupate, in particolare a Roma e Milano, ma sinora non abbiamo visto dal Governo iniziative per affrontare il problema dell’assenza di risposte alloggiative per la fascia più debole della popolazione. Sulle politiche abitative il Governo appare attento solo alla tutela della proprietà privata, dimenticando completamente le tante aree del disagio abitativo che hanno bisogno di programmi, soluzioni, risorse”. È l’affondo lanciato dal segretario generale del Sunia, Daniele Barbieri, secondo il quale “il problema della casa non può essere affrontato come una questione di ordine pubblico. L’emergenza ha dei numeri talmente rilevanti che vanno ben al di là di quelli censiti nelle occupazioni abusive di stabili privati per le quali, peraltro, le soluzioni alternative, per la stragrande maggioranza, non esistono”.
“Alle domande di casa popolare inevase ed alle decine di migliaia di sfratti per morosità che ogni anno vengono convalidati – continua Barbieri – si accompagnano l’impossibilità per i giovani di costruirsi, insieme al lavoro, una loro autonomia abitativa ed il degrado di troppi quartieri popolari. Stiamo parlando di oltre un milione di famiglie per le quali ci sono a disposizione per il prossimo anno circa 40 milioni per il recupero di alloggi di proprietà degli ex IACP e Comuni, 46 milioni per il fondo per la morosità incolpevole e 10 milioni per il fondo di sostegno alla locazione. Tutti fondi stanziati dal DL. 47/2014 e progressivamente ridotti. È il caso del fondo di sostegno all’affitto, destinato agli inquilini privati con un affitto troppo alto per il loro reddito, che è rimasto senza risorse per gli anni 2016, 2017, 2018 e con uno stanziamento meno che simbolico per il 2019”.
Per Barbieri, “Si tratta di risorse largamente insufficienti e senza un programma organico per affrontare seriamente il disagio abitativo. Per questo, Sunia e Sicet, con una lettera aperta hanno sollecitato nuovamente un incontro al Ministro Toninelli, che ha la competenza sulle politiche abitative, per aprire un confronto su questi temi insieme all’Associazione dei Comuni Italiani che è in prima linea nel tentativo di fronteggiare un disagio sempre più esteso. La presentazione della Legge di bilancio si avvicina, è questa l’occasione per cominciare ad affrontare i problemi della casa dalla parte dei più deboli e dimostrare il cambiamento”.
Di seguito, una sintesi della lettera inviata dal segretario generale del Sunia, Daniele Barbieri, e da quello del Sicet, Nino Falotico, al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli.
Signor ministro,
la recente circolare inviata dal Ministro Salvini ai prefetti per sollecitare lo sgombero degli immobili occupati abusivamente, pur avendo riportato all’attenzione delle cronache nazionali il dramma dell’emergenza abitativa – fenomeno fortemente sottovalutato dai governi che si sono succeduti nei decenni passati – allo stesso tempo ci induce a pensare che l’Esecutivo voglia affrontare il tema della casa esclusivamente dal punto di vista dell’ordine pubblico; impressione corroborata dal fatto che anche nel cosiddetto contratto per il governo del cambiamento le politiche per la casa sono del tutto assenti, ad eccezione di quanto riportato alle pagine 44 e 45, guarda caso, in materia di occupazioni abusive.
Si può pensare di affrontare un tema che ha profondi risvolti sociali esclusivamente sotto il profilo dell’ordine pubblico? Noi crediamo di no e per questo consideriamo quanto mai opportuno e doveroso da parte sua assumere un’iniziativa politica al riguardo, anche alla luce della sua sensibilità e militanza in un movimento politico che ha fatto della lotta alla povertà e della tutela delle fasce sociali più deboli un proprio cavallo di battaglia.
Il disagio abitativo è una questione sociale e le occupazioni abusive, ad eccezione dei casi in cui è conclamata la sussistenza di un reddito adeguato, vanno affrontate partendo non dagli effetti a valle ma dalle cause a monte, rappresentate nel nostro paese dall’impossibilità per centinaia di migliaia di famiglie di veder riconosciuto legalmente un diritto fondamentale come quello della casa.
Proprio la povertà dilagante, amara eredità di una crisi economica che ha allargato pericolosamente la forbice tra ricchi e poveri, può essere considerata la causa principale – ma non la sola – dell’emergenza abitativa, sia nei grandi centri metropolitani dove le reti di solidarietà parentali e di vicinato e le pratiche di mutuo aiuto sono storicamente meno efficaci, sia nelle città di provincia.
Nel 2017 l’Istat ha stimato nel nostro paese oltre 1,7 milioni di famiglie e 5 milioni di persone che vivono in condizioni di povertà assoluta. Dietro la fredda contabilità dei numeri ci sono le storie di famiglie che negli anni della crisi economica sono scivolate nella disperazione e che, prive di un reddito e della possibilità di accedere a qualsivoglia misura di sostegno – è il caso di ricordare l’azzeramento dei fondi per il sostegno all’affitto – sono andate ad ingrossare la platea degli sfrattati per morosità che rappresentano ormai circa il 90 per cento dei provvedimenti di sfratto emessi ogni anno nel nostro paese, in totale quasi 60 mila solo nel 2017 e 600 mila negli ultimi dieci anni.
Eppure, nonostante la gravità della situazione e la disponibilità di quasi mezzo miliardo di euro, molte Regioni faticano a far avanzare con la necessaria speditezza i cantieri per la riqualificazione degli immobili pubblici di ex Iacp e Comuni che rientrano nel piano nazionale di recupero. Tanto che, a fronte di una potenziale offerta aggiuntiva di quasi 25 mila alloggi di edilizia popolare, le case effettivamente riconsegnate sono appena il 10 per cento.
Dinanzi a tale inerzia burocratica e pur consapevoli delle numerose e gravi emergenze che sta affrontando, non possiamo che tornare a sollecitare, come già fatto a fine luglio, la convocazione di un incontro e l’assunzione di una decisa iniziativa politica da parte sua sulle politiche abitative. Per questo, d’intesa con il presidente dell’Anci Nazionale, torniamo a chiedere un tavolo di concertazione che getti le basi di una nuova politica dell’abitare attraverso il confronto con gli Enti locali e le Organizzazioni che quotidianamente affrontano l’emergenza abitativa ed avanzano elaborazioni e proposte concrete per fronteggiarla, a partire dalla necessità di costituire una task force ministeriale ad hoc che affianchi le Regioni nella realizzazione del piano nazionale di recupero degli immobili pubblici. Si tratta a nostro avviso del modo più rapido per aumentare sensibilmente l’offerta di alloggi a canone sociale e dare così una prima concreta risposta alla crescente domanda di case popolari da parte di chi che non è nelle condizioni economiche di acquistare un’abitazione, né di affrontare i canoni del libero mercato.
Il rifinanziamento del fondo di sostegno agli affitti e per la morosità incolpevole ottenuto nella passata legge di bilancio a nostro avviso va considerato come acconto di una più ampia e strategica politica dell’abitare che rimetta al centro dell’agenda politica la casa, a partire dal rilancio degli investimenti in edilizia residenziale pubblica. Noi siamo pronti a misurarci con il governo con proposte concrete e con atteggiamento costruttivo e confidiamo nella volontà del governo, attraverso la funzione importantissima del suo Dicastero, di credere nel valore del confronto.