Nasconde droga nella propria cassetta delle lettere ma anche nelle parti comuni condominiali, e allestisce un sistema di video-sorveglianza a circuito chiuso per tenerla sotto controllo. È l’ingegnoso sistema messo in atto da un condomino, per il quale la Cassazione conferma la condanna. Ecco gli estremi della vicenda.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. IV pen., sent. n. 41893/2018
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1. La Corte di Appello di Bari,con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la sentenza di condanna, anni cinque e mesi quattro di reclusione oltre a 18.000 euro di multa, resa all’esito di giudizio abbreviato, dal G.u.p. del Tribunale di Bari il 25.10.2016 nei confronti di D.G., per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990, relativo alla detenzione a fine di spaccio della sostanza stupefacente tipo cocaina di cui 15 gr. già suddivisi in sei dosi,confezionate con carta tipo cellophane bianco, racchiuse con nastro adesivo nero (11 dosi al consumo in base al principio attivo pari a gr. 1,709) occultata nella cassetta postale e altri 11 gr. (con alto principio attivo pari all’85% da cui ricavabili 56 dosi al consumo) occultata in un busta, posta nel disimpegno della rampa di scale che conduce al sovrastante terrazzo della sua abitazione.
Il Collegio evidenziava che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della fattispecie di lieve entità e per qualificare il D.G., come dedotto dalla difesa, “piccolo spacciatore al minuto” e ciò in considerazione della tipologia della sostanza, della personalità dell’imputato pluripregiudicato con precedenti specifici, e anche per le modalità concrete dell’azione. La Corte territoriale infatti argomentava sulla base delle risultanze processuali già evidenziate dal primo giudice, circa le peculiari e sofisticate modalità di occultamento e controllo della sostanza stupefacente rinvenuta Infatti, oltre quella sequestrata dalla Polizia Giudiziaria nella cassetta postale di sua esclusiva pertinenza, l’altro quantitativo, quello occultato nel disimpegno che conduce al terrazzo sovrastante, era oggetto di un sistema di videosorveglianza a circuito chiuso realizzato tramite “una microcamera posta sul campanello esterno della sua abitazione che riprendeva l’intera rampa di scale sia in salita verso la abitazione del D.G. che verso la rampa di scale che porta al terrazzo condominiale dove è stata rinvenuta la sostanza occultata all’interno della porta tamburata” (fol 2).
2. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma a proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore denunciando violazione di legge e contraddittorietà e illogicità della motivazione.
Il ricorrente si duole del mancato riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309/1990. Osserva che sul punto in sentenza viene sviluppato un ragionamento carente, basato sulla presunta disponibilità da parte dell’imputato oltre che del quantitativo di sostanza rinvenuto nella sua cassetta postale, di quello nascosto nei pressi del terrazzo condominiale, accessibile pertanto a terzi. Rileva in particolare che il condominio è abitato da altri pregiudicati che ben avrebbero potuto nascondere la cocaina in un luogo lontano dal proprio appartamento. Deduce che la Corte non ha considerato che la telecamera poteva essere utilizzata dal D.G. per altri scopi quale quello di evitare accertamenti a sorpresa da parte delle Forze dell’ordine e che la quantità e qualità della sostanza detenuta in sé non sono preclusivi per il riconoscimento della fattispecie attenuata di cui all’art. 73 co. 5 DPR309/90.
Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
(omissis)
Nel caso di specie, la Corte di Appello, nel censire le doglianze che erano state dedotte del prevenuto, ha dato corso ad una complessiva valutazione dei termini di fatto della vicenda in esame, conducente ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto potesse considerarsi di “lieve entità”. Il Collegio ha valutato non solo la quantità di principio attivo e il numero di dosi ricavabili ma ha dato spiccato rilievo per escludere l’ipotesi attenuata non solo alla personalità dell’imputato ma alle modalità concrete e qualificanti dell’azione e ai mezzi adoperati, risultanti non solo dagli esiti della perquisizione e del sequestro (tra cui il bilancino di precisione e 41 gr. di sostanza da taglio e nastro adesivo gommato nero), ma in particolare dall’installazione dell’impianto di videosorveglianza che gli consentiva il controllo della sostanza occultata, fuori della propria abitazione, ma nella sua diretta disponibilità, ben nascosta nella porta cui si accede al terrazzo sovrastante la sua abitazione; evitando così mediante il sofisticato sistema di controllo anche accessi “a sorpresa” durante le operazioni di spaccio (fol 3).
Orbene, le valutazioni espresse dal giudice del gravame, nell’apprezzare la non sussumibilità dei fatti per i quali si procede nell’ambito applicativo dell’ipotesi di cui all’art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990, non presentano le dedotte aporie di ordine logico e risultano perciò immuni da censure rilevabili in sede di legittimità. (omissis).
2. Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e il versamento della somma di euro 2000 a favore della Cassa delle ammende
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila a favore della Cassa delle ammende.