[A cura di: avv. Lorenzo Cottignoli, presidente LAIC – Lega Amministratori Immobiliari Condominiali] Su ricorso avanzato da un condomino, proprietario esclusivo di un giardino pertinenziale alla sua proprietà, la Superma Corte, con l’ordinanza n. 22155 del 12.9.2018, interviene sul concetto di condominialità, ovvero di appartenenza al condominio, riferito, nel caso in esame, al muro perimetrale che delimitava la proprietà esclusiva. Il condomino, invero, voleva che si riconoscesse la appartenenza comune di tale bene, al fine di poter richiedere al condominio che si assumesse l’onere delle spese necessarie alla sua manutenzione e riparazione.
Ricorrendo per Cassazione, il condomino impugnava una sentenza d’appello la quale statuiva in punto di fatto elementi che la Suprema Corte considera decisivi ai fini del decidere, e che consentono di ribadire, in punto di diritto, l’orientamento del Giudice di legittimità sul tema della condominialità del muro perimetrale esterno. In particolare, sono due i principali elementi che vengono ritenuti di rilievo.
Il primo tra essi è costituito dalla sussistenza di un valido titolo che includa tra le parti comuni il muro perimetrale del giardino privato, intendendosi il regolamento condominiale, ma solo di natura contrattuale, o il primo atto di rogito che costituiva il condominio, alienando al primo condomino. Nessuno di essi, nel caso di specie, includeva il muro perimetrale del giardino tra le parti condominiali: in particolare, non era stata accertata la natura contrattuale del regolamento, né – per quanto attiene al rogito di compravendita della proprietà del ricorrente – si chiariva se esso fosse il primo atto costitutivo del condominio, né si indicava tra i confini della proprietà, lato muretto, una parte comune, ma semplicemente la pubblica via.
Il secondo elemento va individuato nel requisito funzionale, utilitaristico e decorativo. In particolare, nella funzione di recinzione che, tuttavia, la Corte di merito aveva riconosciuto a favore della proprietà esclusiva invece che della proprietà comune. Tale funzionalità deve essere considerata, inoltre, anche sotto il profilo della utilità e del decoro architettonico, in relazione alla complessiva struttura dello stabile condominiale. Anche tali elementi, nel caso in esame, venivano esclusi dopo esperimento di consulenza tecnica d’ufficio, non costituendo il muretto perimetrale in argomento un elemento decorativo e delimitativo ad ornamento ed utilità del fabbricato, ma della sola proprietà esclusiva.
Alla luce delle suindicate valutazioni in punto di fatto, la Corte di Cassazione ha modo affermare come non operi la “presunzione di condominialità” nel caso in esame, in quanto “In tema di condominio negli edifici, un muro di recinzione e delimitazione di un giardino di proprietà esclusiva (come nella specie), che pur risulti inserito nella struttura del complesso immobiliare, non può di per sé ritenersi incluso fra le parti comuni, ai sensi dell’art. 1117 c.c., con le relative conseguenze in ordine all’onere delle spese di riparazione, atteso che tale bene, per sua natura destinato a svolgere funzione di contenimento di quel giardino, e quindi a tutelare gli interessi del suo proprietario, può essere compreso fra le indicate cose condominiali solo ove ne risulti obiettivamente la diversa destinazione al necessario uso comune, ovvero ove sussista un titolo negoziale (quale il regolamento condominiale, di natura contrattuale, o l’atto costitutivo del condominio e, quindi, il primo atto di trasferimento di un’unità immobiliare dell’originario proprietario ad altro soggetto) che consideri espressamente detto manufatto di proprietà comune, così convenzionalmente assimilandolo ai muri maestri ed alle facciate”.
Nel dettato della pronuncia si richiamano, inoltre, diversi precedenti giurisprudenziali in materia (Cass. Sez. 2, 19/01/1985, n. 145; Cass. Sez. 2, 11/08/1990, n. 8198; Cass. Sez. 2, 03/06/2015, n. 11444): tra essi, si segnala, per le chiare definizioni applicative che contiene, la più recente (Cass. 11444/2015), la quale chiarisce, inter alia la triplice distinzione tra “suolo su cui sorge l’edificio”, “cortile condominiale” e “giardino privato”, definendo in primo luogo come debba intendersi il dettato di cui all’art. 1117 c.c. in relazione al “suolo su cui sorge l’edificio”, che “è presunto comune tra i condòmini di un edificio soltanto quello occupato e circoscritto dalle fondamenta e dai muri perimetrali esterni (cfr. Cass. 13.1.1984, n. 273)”, mentre si afferma che “costituisce cortile – del pari a norma dell’art. 1117, n. 1, c.c. presunto comune tra i condòmini di un edificio – lo spazio scoperto circondato dai corpi di fabbrica di uno stesso edificio o da più fabbricati contermini, che sia destinato, nell’ambito di un rapporto condominiale – o implicante, comunque, una disciplina, a carattere interno, di interessi comuni od omogenei – a fornire, in via primaria, aria e luce agli edifici che vi si affacciano ed a servire, in via complementare, da disimpegno per le esigenze degli immobili che lo circondano, consentendo il traffico delle persone e, in via eventuale, dei veicoli (cfr. Cass.2.8.1977, n. 3380).”.
Infine, come successivamente poi ribadito nell’ordinanza oggi in commento, afferma la Suprema Corte “che il suolo adiacente o circostante l’edificio condominiale può rientrare tra le cose comuni unicamente per diverso titolo (cfr. Cass. 13.1.1984, n. 273).”.
Se ne desume chiaramente, dunque, che gli elementi – e tra essi il muretto perimetrale di recinzione – i quali, per funzione, utilità o decoro non assumessero rilievo rispetto all’edificio condominiale, ma fossero accessori al suolo ad esso “adiacente o circostante” di proprietà privata, debbano intendersi pure essi non appartenenti alla proprietà comune.