Un’intricata vicenda che ha origine nel 1941, quando un condomino concesse in uso al condominio, perché lo adibisse ad alloggio del portiere, un immobile di sua proprietà. Secondo la Cassazione, l’obbligazione assunta dall’allora proprietario non è sussumibile nel novero delle obbligazioni propter rem stante la mancanza del requisito della tipicità: non esiste, infatti, una disposizione di legge che contempla l’obbligazione reale tipica di concedere in uso perpetuo un bene immobile.
Di seguito un estratto dell’ordinanza 26987 del 24 ottobre 2018.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 24.10.2018,
n. 26987
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1. Il Condominio … convenne in giudizio la società C. & C. s.a.s. per ottenere il rilascio del terraneo sito a destra dell’androne del fabbricato condominiale, acquistato dalla società con atto del 19 dicembre 2003. A fondamento della domanda il Condominio addusse che sull’immobile gravava un vincolo perpetuo di destinazione a casa di abitazione del portiere, come da rogito del 4 dicembre 1941, nel quale l’originario proprietario D.M. aveva disposto in tal senso dietro corrispettivo mensile, e che la società aveva sottratto l’immobile alla indicata destinazione.
1.1. Il Tribunale di Napoli, con la sentenza n. 7009 del 2007, accertò che il vincolo di destinazione costituiva un’obbligazione propter rem, ordinò alla società convenuta di rispettare il vincolo, rigettò le ulteriori domande.
1.2. La società convenuta propose appello; il Condominio si costituì per resistere e spiegò appello incidentale per ottenere la condanna al rilascio dell’immobile; intervenne in giudizio M.V., nel frattempo resasi acquirente dell’usufrutto sull’immobile, che aderì all’appello principale.
2. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza depositata in data 11 luglio 2013, ha rigettato l’appello principale e, in accoglimento del gravame incidentale, ha ordinato il rilascio dell’immobile in favore del Condominio.
2.1. Confermata la natura reale del vincolo di destinazione, che aveva seguito il bene nei trasferimenti, la Corte d’appello ha escluso che il vincolo fosse estinto ovvero divenuto inefficace in ragione della sopravvenuta normativa edilizia che richiedeva, per l’uso residenziale, una superficie minima nella specie inesistente.
3. Per la cassazione della sentenza ricorrono, sulla base di tre motivi, M.V. e P.C., in qualità di genitori esercenti la potestà sulla minore M.C., nuda proprietaria dell’immobile, nonché la stessa M.V. in proprio, in qualità di usufruttuaria dell’immobile.
(omissis)
1. Il ricorso è fondato.
(omissis)
3. Con il terzo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 1117, n. 2, cod. civ. e si contesta la qualificazione del vincolo di destinazione in termini di obbligazione propter rem.
In particolare, ad avviso dei ricorrenti, non sarebbe pertinente il richiamo fatto dalla Corte d’appello alla giurisprudenza in tema di limitazioni alla facoltà di godimento del proprietario dell’immobile a vantaggio della collettività condominiale, trattandosi di immobile in origine di proprietà esclusiva di uno dei condòmini, il quale aveva impresso volontariamente il vincolo di destinazione dietro corrispettivo. Si tratterebbe, in realtà, di vincolo di natura personale, privo dei caratteri di accessorietà e ambulatorietà che connotano la figura giuridica dell’obligatio propter rem.
4. Il terzo motivo di ricorso è fondato.
4.1. L’obbligazione propter rem, come suggerisce la stessa denominazione, è figura giuridica che indica situazioni di carattere obbligatorio – caratterizzate quindi dall’agere necesse – la cui peculiarità è data dal fatto che la qualità di debitore discende da quella di proprietario o titolare di altro diritto reale di godimento.
La causa di tali obbligazioni è riconducibile ad esigenze di carattere generale, collegate alla titolarità o contitolarità del diritto reale, e si specifica in funzione dell’esercizio o della conservazione di un diritto altrui – come previsto, nella disciplina delle servitù, dagli artt. 1030, 1069, secondo comma, 1091 cod. civ., o, in alternativa, al principio generale ubi commoda eius et incommoda, secondo il quale chi gode di determinati vantaggi non può non subire gli eventuali riflessi negativi di tale godimento (così è nei casi previsti dagli artt. 882, 894, 896, 1104 cod. civ.).
La necessaria connessione con la situazione di realità – proprietà o altro diritto reale di godimento – determina l’accessorietà dell’obbligazione propter rem e la sua ambulatorietà.
4.2. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, le obbligazioni propter rem sono caratterizzate dal requisito della tipicità, con la conseguenza che possono sorgere per contratto solo nei casi e con il contenuto espressamente previsti dalla legge (omissis). Più specificamente, si afferma che le obbligazioni propter rem hanno titolo nella legge, al pari dei diritti reali, e sono caratterizzate oltre che dall’accessorietà e dall’ambulatorietà (dal lato soggettivo passivo), dal requisito della tipicità, vale a dire che non possono essere liberamente costituite dall’autonomia privata, ma sono ammissibili solo nei casi voluti dalla legge, e cioè quando una norma giuridica consente che, in relazione ad un determinato diritto reale ed in considerazione di esigenze permanenti di cooperazione o di tutela di interessi generali, il soggetto si obblighi ad una prestazione accessoria, che può consistere anche in un facere (così, in motivazione, Cass. n. 8 del 1997, già citata).
(omissis)
5. La fattispecie oggetto della presente controversia non è riconducibile alla categoria dell’obligatio propter rem.
5.1. In primo luogo va chiarito che non sussistono i presupposti per l’applicazione dei principi in tema di condominio e di limitazioni alla proprietà in funzione del godimento della collettività condominiale, e ciò anche prescindendo dal rilievo che nel 1941 – epoca del rogito con il quale fu impresso il vincolo di destinazione all’immobile in oggetto – vigeva il codice civile del 1865, nel quale non era contenuta una norma analoga all’odierno art. 1117 cod. civ.
Dirimente è la circostanza che l’immobile in questione non era stato destinato ad alloggio del portiere al momento della costituzione del condominio, essendo ab origine di proprietà esclusiva di uno dei condòmini, D.M..
Il vincolo di destinazione venne impresso con rogito del 4 dicembre 1941, con il quale il predetto D.M. concesse l’immobile in uso al Condominio, dietro corrispettivo di 50 lire al mese, perché fosse adibito in perpetuo ad alloggio del portiere. L’obbligazione così assunta dall’allora proprietario non è sussumibile nel novero delle obbligazioni propter rem stante la mancanza del requisito della tipicità: non esiste, infatti, una disposizione di legge che contempla l’obbligazione reale tipica di concedere in uso perpetuo un bene immobile.
5. All’accoglimento del terzo motivo di ricorso, che assorbe gli altri due motivi, segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale procederà ad un nuovo esame della domanda proposta dal Condominio, attenendosi al risalente principio di diritto, qui ribadito, e provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Napoli, in diversa sezione.