[A cura di: ing. Fabrizio Mario Vinardi – consigliere segretario Ordine degli Ingegneri della Provincia di Torino]
La nostra nazione è relativamente giovane: nasce nel 1861, quando fu proclamata l’Unità d’Italia. Da allora si sono susseguiti una quarantina di terremoti con conseguenze disastrose, dal più grave di tutti, che nel 1908 distrusse Reggio Calabria e Messina, facendo oltre 100.000 vittime, sino ai recentissimi eventi che hanno colpito l’Italia centrale nel 2016-17, radendo al suolo Amatrice, Norcia ed altri comuni limitrofi. Nonostante la media sia di circa un terremoto ogni quattro anni, frequenza relativamente bassa se paragonata al Giappone o ad altre aree a grande rischio sismico, i dati raccolti dall’INGV – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia potrebbero stupirci: l’anno scorso in Italia si sono registrati quasi 45.000 terremoti, mediamente un sisma ogni 12 minuti!
Come nasce un terremoto
Semplificando al massimo, possiamo immaginare gli strati più superficiali della crosta terrestre come enormi blocchi rocciosi, sottoposti ad incredibili sollecitazioni meccaniche a causa dell’impercettibile movimento delle grandi placche: quando questi sforzi superano il punto limite di frattura, le rocce si rompono all’improvviso liberando energia che – sotto forma di onde sismiche – si propaga in tutte le direzioni, generando un terremoto e, se l’origine è in mare o in prossimità della costa, con ogni probabilità anche un maremoto.
Queste onde possono, in prima approssimazione, essere suddivise in onde cosiddette “P”, che fanno vibrare il suolo nella direzione in cui si propagano, comprimendolo e dilatandolo come se fosse un mantice (dal punto di vista ingegneristico, si tratta di sollecitazione a compressione/trazione). A seguire, si espandono le onde “S”, più lente, che fanno vibrare gli oggetti perpendicolarmente rispetto alla loro direzione di propagazione (tecnicamente, è una sollecitazione a taglio). Infine, le onde “L” o di superficie, caratterizzate da un’elevata energia e responsabili della maggior parte dei danni.
Ma torniamo alla frequenza con cui in Italia si scatena un terremoto: come è possibile che se ne verifichi uno ogni 12 minuti? La risposta è legata al fatto che i sismografi possono rilevare strumentalmente anche fenomeni debolissimi, normalmente non percepiti dall’uomo.
Terremoti: come si misurano
Per approfondire la differenza tra terremoti “deboli” e terremoti “forti”, occorre introdurre le due grandezze con cui gli scienziati misurano questi fenomeni: la magnitudo, valutata secondo la scala Richter e l’intensità, valutata secondo la scala Mercalli (o, meglio, la versione riveduta e corretta denominata MCS ovvero Mercalli-Cancani-Sieberg). Spesso, queste due variabili vengono utilizzate come sinonimi, ma in realtà sono parametri molto diversi tra loro:
la magnitudo esprime la potenza di un terremoto: a magnitudo più alta, corrisponde un terremoto che libera più energia e, quindi, più forte; è un dato oggettivo, che dà immediata percezione dell’entità del sisma. Mentre i sismografi sono in grado di rilevare magnitudo molto piccole, l’uomo percepisce solo magnitudo superiori a 2.0 della scala Richter, mentre per avere danni agli edifici occorrono valori di 5.5 o superiori (per dare un termine di paragone, il terremoto più violento in epoca contemporanea fu quello del 1960 in Cile, con magnitudo 9.5 e perdite umane stimate in 3.000 vittime). A questo punto, i lettori più attenti staranno di certo pensando: ma come è possibile che il terremoto di Messina e Reggio nel 1908 abbia causato perdite stimate in 100.000 vittime e quello del Cile, molto più potente, solamente 3.000?
Lo spieghiamo tra poco, analizzando il secondo parametro, non prima però di aver ricordato che la magnitudo di un sisma e l’energia liberata sono legate da un preciso rapporto matematico. Un incremento di 1 in magnitudo significa una energia sottesa circa 30 volte più grande: quindi, rispetto ad un terremoto di magnitudo 1, un terremoto di magnitudo 2 è 30 volte più potente e – seguendo la logica matematica – un sisma di magnitudo 3 è 30 per 30 = 900 volte più potente, e così via.
l’intensità, che si basa sugli effetti che il terremoto causa sul territorio e, soprattutto, sulle strutture antropiche (edifici ed infrastrutture). La scala di misura è quella Mercalli che va dal I grado (terremoto con effetti nulli) al XII grado (costruzioni rase al suolo), con i valori intermedi caratterizzati da lesioni agli edifici a partire dal VI-VII grado della scala. L’intensità, quindi, è correlata strettamente alla risposta delle strutture antropiche al sisma, non necessariamente alla sua magnitudo: per assurdo, un terremoto con elevata magnitudo che colpisse una zona disabitata avrebbe intensità nulla, così come terremoti di magnitudo piuttosto elevata (5.0 o superiore) faranno registrare intensità ridotte in zone in cui gli edifici sono costruiti con criteri antisismici (come in Giappone); al contrario, una scossa con magnitudo relativamente modesta potrebbe causare molti danni e vittime se colpisse una cittadina popolosa costruita senza alcun criterio antisismico. Ecco chiarito perché il sisma che all’inizio del secolo scorso colpì lo Stretto di Messina, caratterizzato da magnitudo Richter 7.1 e intensità Mercalli XI, fece così tante vittime: la zona era densamente abitata, le costruzioni non certo antisismiche e, fatalità, l’evento colse le persone nel sonno. Al contrario, il sisma del Cile del 1960 fece registrare una magnitudo Richter ben più alta (9.5), ma una intensità Mercalli assai inferiore (IX), in quanto la densità di popolazione era relativamente bassa e la maggior parte delle case erano costruite in legno, materiale che ha un buon comportamento al sisma.
L’amministratore di condominio
Adesso che conosciamo un po’ meglio il fenomeno sismico, viene da domandarsi: come può il cittadino e, soprattutto, l’amministratore di condominio cercare di tutelarsi contro una simile forza distruttiva della natura, in un territorio “sismicamente fragile” come l’Italia?
Fortunatamente, questa volta le buone notizie non mancano:
anzitutto, gli stabili di recente edificazione possono a ragione essere considerati sicuri, grazie alla classificazione del territorio in zone sismiche contraddistinte da specifici criteri, ai nuovi parametri di sicurezza nella progettazione degli edifici introdotti 10 anni or sono dalle Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC 08) e, soprattutto, al loro recentissimo aggiornamento alle NTC 18, con un’attenzione ancora maggiore al miglioramento della progettazione antisismica;
sono ormai consolidate varie strategie di adeguamento sismico degli edifici esistenti, grazie sia a materiali innovativi (quali il calcestruzzo rinforzato con fibre e gli acciai ad alta resistenza), sia a elementi strutturali aggiunti in grado di isolare/disaccoppiare la struttura dal terreno ovvero assorbire e smorzare l’energia vibrazionale del sisma, con l’ulteriore novità che la maggior parte degli interventi di adeguamento e miglioramento sismico possono essere oggetto di incentivi fiscali (sisma bonus);
inoltre, in questo mese di novembre è possibile usufruire dell’iniziativa “Diamoci una scossa” promossa dai Consigli Nazionali degli Ordini Ingegneri e Ordini Architetti PPC, che rappresenta un incentivo concreto alla “prevenzione attiva”, attraverso visite tecniche informative da parte di ingegneri e architetti esperti in rischio sismico.
Ne potranno usufruire, su richiesta, non solo il proprietario dell’immobile, ma anche l’affittuario, il titolare di un diritto (usufrutto, uso, ecc.), un mandatario di condòmini e, naturalmente, l’amministratore condominiale. E tutto questo senza alcun costo per il cittadino!