[A cura di: prof. avv. Rodolfo Cusano] Il momento del controllo dell’assemblea sull’operato dell’amministratore è quello attraverso il quale si rinnova anche la fiducia oppure al contrario la si nega. È infatti cosa solita porre all’ordine del giorno dell’assemblea annuale prima l’approvazione del rendiconto e poi quella della nomina dell’amministratore.
Ora, tutti sanno che cosa sia il rendiconto, ma spesso si confonde con la parola bilancio, o altro con altro termine simile. Per cui è per prima cosa opportuno ribadire che il rendiconto annuale è un documento composto da altri cinque documenti:
Il consuntivo delle spese, insieme al conto economico e allo stato patrimoniale, costituisce il nucleo centrale e contabile del rendiconto. Pertanto è su di esso che occorre porre la nostra attenzione. Esso
altro non è che un elenco, redatto a posteriori, di tutte le uscite succedutesi nel corso di una gestione amministrativa. La sua struttura formale ricalca quella del preventivo (per gruppi di spese).
Questo prospetto non si presenta in forma di conto bilanciato, pertanto non sono evidenziati i saldi contabili, né parziali, ne totali. Sarà il conto economico a riassumere la situazione dei saldi con la presentazione dell’avanzo o del disavanzo di gestione.
Il conto economico, detto anche conto delle entrate e delle uscite, è un conto bilanciato bisezionale che esprime, con modalità riassuntive, il totale delle entrate e delle uscite relative ad un periodo amministrativo. In esso vengono citati tutti i movimenti finanziari avvenuti nel corso della gestione.
Lo stato patrimoniale o situazione patrimoniale è il documento annuale che “fotografa” la situazione di fine esercizio (che a sua volta è anche quella di inizio esercizio successivo); in altri termini, tale documento definisce lo stato delle attività e delle passività (cioè, rispettivamente, dei crediti e dei debiti) del condominio ad una determinata data.
Nonostante la sua rilevanza, tale documento viene spesso omesso dagli amministratori; questa omissione è assolutamente da condannare, soprattutto quando il condominio ha, ad esempio, dipendenti per i quali sono previsti dei “fondi di accantonamento” (indennità di licenziamento del portiere, fondo T.F.R., ecc.). Inoltre, lo stato patrimoniale contiene la memoria storica delle situazioni di debito e di credito che possono protrarsi per più anni, quali i crediti vantati nei confronti dei condòmini morosi. Ma attenzione: l’inserimento di questi crediti non può servire ad evitare eventuali eccezioni di prescrizione, mancando la richiesta formale di pagamento che certamente non può assumersi o individuarsi nella mera approvazione del rendiconto annuale.
Anche questo documento è bisezionale – attività e passività – e si ottiene il suo bilanciamento con l’inserimento di un “saldo attivo” o di un “saldo passivo”. Questi saldi hanno una natura puramente contabile. Questo particolare è da mettere in evidenza (magari per mezzo della nota integrativa) perché molti condòmini interpretano tali saldi come le somme effettivamente a disposizione dell’amministratore (saldo attivo) o come i debiti cui far fronte nell’immediatezza (saldo passivo). In verità, sono i saldi espressi dal conto economico a detenere la caratteristica di “valori certi”. Lo stato patrimoniale esprime solo la memoria storica di un insieme di gestioni succedutisi nel corso degli anni.
Il piano di riparto è strettamente correlato con il bilancio consuntivo; infatti, l’avanzo o il disavanzo di gestione deve essere ripartito pro quota tra i condòmini. L’avanzo rappresenta una somma da ripartire tra i condòmini (debito del condominio verso i condòmini), mentre il disavanzo rappresenta un debito dei condòmini verso l’amministrazione, nel caso in cui l’amministratore abbia effettuato in proprio delle anticipazioni di cassa (credito del condominio verso i condòmini).
Ripartire, pro quota, l’avanzo o il disavanzo di gestione non è un’operazione così semplice come potrebbe sembrare. Infatti, l’amministratore, in sede di riparto, deve considerare, anche in tal caso, l’elaborato millesimale, cioè i gruppi di spesa.
Ciò che effettivamente deve essere ripartito pro quota sono i disavanzi o gli avanzi parziali, cioè quelli dei singoli gruppi di spesa, secondo le rispettive tabelle millesimali. È assolutamente errato ripartire un avanzo o un disavanzo di gestione (totale) facendo riferimento esclusivamente ad una sola tabella millesimale (ad es. la tabella delle spese generali, Tab. A). Concludendo, i singoli risultati annuali dei gruppi di spese, positivi o negativi che siano, vanno ripartiti secondo le medesime tabelle millesimali adottate in preventivo per la riscossione delle rispettive entrate.
Il piano di riparto deve essere comunque redatto per soddisfare il diritto di informazione dei singoli partecipanti al condominio circa il loro esatto dare o avere. Il rispetto di questo diritto non contrasta neanche con l’attuale normativa sulla privacy (Legge n. 675/1996); l’amministratore, senza specifiche autorizzazioni, può e deve inviare a tutti i partecipanti al condominio le risultanze del piano di riparto consuntivo[1], affinché i soggetti interessati siano informati circa le condizioni di debito e credito dei singoli partecipanti; ciò che l’amministratore deve evitare è la pubblicazione di un tale prospetto in luogo pubblico, accessibile a terzi estranei al condominio.
La relazione dell’amministratore rappresenta ciò che nella contabilità delle imprese viene denominata nota integrativa. Questo documento è consequenziale ai quattro documenti già descritti. Essa ha la funzione di descrivere succintamente l’intera gestione annuale, soffermandosi sulle spese straordinarie (la loro necessità ed urgenza), sulle spese di manutenzione ordinaria, su eventuali incrementi di costo non attesi e quindi non preventivati, ecc.. Tale relazione descrive, quindi, per grandi linee, il processo operativo gestionale posto in essere dall’amministratore nel corso dell’anno ed aiuta il lettore alla comprensione dell’intero rendiconto.
Vediamo ora quali sono le conseguenze dell’approvazione del rendiconto.
Nella prima parte di questo articolo abbiamo indicato in positivo le caratteristiche che il rendiconto deve avere. Adesso invece indicheremo i vizi che possono colpirlo in maniera invalidante.
Per prima cosa ricordiamo che, trascorsi i 30 giorni dall’approvazione per i presenti (lo stesso termine decorre – però dalla ricezione del verbale – per gli assenti), la delibera non sarà più impugnabile, ma chiaramente solo per eventuali vizi di annullabilità. Mentre l’impugnativa per vizi che ne determinano la nullità sarà sempre possibile[4].
Più che di principi in astratto la giurisprudenza ha elaborato una serie di casi in concreto in cui il rendiconto è viziato. Per tale motivo si può solo cercare di essere quanto più possibile esausitivi sul punto:
La normativa in tema di rendiconto del condominio prevede che debba essere approvato con cadenza annuale (art. 1129 n. 10 c.c.) e che contenga dati veritieri ed intelligibili (vd. Tribunale Roma, sezione V civile, sentenza 5 ottobre 2017, n. 18743).
Nell’ipotesi di oneri condominiali attribuiti in un bilancio (preventivo o consuntivo) ad un condomino e da questi impugnati, l’amministratore non può esimersi dall’inserirli anche nel successivo rendiconto, e ciò in quanto l’impugnativa di per sé non elimina il credito (come è noto esigibile, salvo il caso di sospensione della delibera impugnata) né, del resto, contabilmente quella posta può non essere riportata nel bilancio successivo in attesa della conclusione della lite.
Tale circostanza non obbliga, tuttavia, il condomino ad impugnare tutti i bilanci nei quali tale posta sia inserita come conguaglio non pagato. In sede condominiale, vale il principio generale sancito dall’art. 2434 bis in tema di bilancio delle società, per il quale il bilancio dell’esercizio nel corso del quale viene dichiarata l’invalidità di un bilancio precedente tiene conto delle ragioni di questa (ad esempio riconoscendo un credito al condomino vittorioso che abbia pagato medio tempore il credito contestato, ovvero eliminando dal bilancio quella voce laddove non sia stata pagata).
Costringere, del resto, il condomino ad impugnare tutti i successivi bilanci nei quali sia riportata una posta di una precedente annualità contestata giudizialmente sino a che non si pervenga ad una sentenza definitiva sul punto finirebbe per generare una moltitudine di giudizi aventi l’identico oggetto: accertare la legittimità dell’originario inserimento, nel primo bilancio impugnato, di quella voce di credito poi riportata anche nei bilanci successivi.
Diverso è, ovviamente, il caso in cui nel bilancio successivo non sia stata semplicemente riportata la voce di credito derivante dal bilancio precedente e non pagata dal condòmino, ma si inserisca una nuova voce di credito, propria della nuova gestione annuale, seppur derivante dalla medesima valutazione di debenza non condivisa dal condomino (si immagini il caso, ad esempio, che un condòmino contesti di dover pagare un determinato onere condominiale o assuma di doverlo pagare in misura minore, e che ogni anno il condominio invece, ritenendo quella somma dovuta, gli attribuisca un debito corrispondente per la medesima causale): in questa ipotesi il condomino sarebbe senza dubbio onerato di procedere ogni anno all’impugnazione del bilancio, perché si tratterebbe ogni volta di un credito nuovo e non della semplice traslazione nel bilancio successivo di un credito non pagato nella gestione precedente (vd. Tribunale Roma, sezione V civile, sentenza 5 ottobre 2017, n. 18743).
Si ha mera annullabilità nel caso di violazione dei criteri già stabiliti quando vengono in concreto ripartite le spese. Invece, si ha nullità nel caso di modificazione del criterio millesimale, così come quella della sostituzione dello stesso criterio, adottato ab origine nel regolamento condominiale predisposto dal costruttore ovvero successivamente dall’assemblea, con altro e diverso criterio di ripartizione delle spese condominiali, di nullità. (Cass. civ., sez. II, 18.01.2010, n. 657; Cass. civ., SS. UU. 07.03.2005, n. 4806; Cass. civ., 09.02.1995, n. 1455; Cass. civ., 08.06.1993, n. 6403).
[1] Allegato, con gli altri documenti contabili, all’avviso di convocazione dell’assemblea dei condomini che deve discutere il rendiconto dell’amministratore.
[2] L’assemblea condominiale è libera, in sede di esame dei consuntivi di spesa, di approvare l’esecuzione di un’opera eseguita senza la preventiva autorizzazione ed il relativo esborso economico, in quanto ciò si risolve in una ratifica dell’operato dell’amministratore. Questi, infatti, ove non intervenga la ratifica dell’assemblea, è tenuto a sollevare il condominio da ogni esposizione patrimoniale conseguente al lavoro eseguito senza autorizzazione e non approvato in sede di rendiconto, avendo ecceduto rispetto ai limiti del mandato che caratterizza i suoi rapporti con il condominio (Trib. Bologna, 18 dicembre 1997).
Dello stesso avviso è il Tribunale di Genova (25 febbraio 1994) quando afferma che “l’assemblea dei condomini può ratificare, con l’approvazione del rendiconto, un impegno particolare di spesa, ancorché non autorizzato, eccedente i poteri di gestione ordinaria dell’amministratore”.
[3] L’assemblea del condominio in un edificio, in sede di approvazione del consuntivo di lavori eseguiti su parti comuni del fabbricato e di ripartizione della relativa spesa, ben può riconoscere a posteriori opportunamente e vantaggiosamente realizzati detti lavori, ancorché non previamente deliberati ovvero, a suo tempo, non deliberati validamente, ed approvarne la relativa spesa, restando, in tal caso, la preventiva formale deliberazione dell’opera utilmente surrogata dall’approvazione del consuntivo della spesa e della conseguente ripartizione del relativo importo fra i condomini. (Cass. Sez. II, 24 febbraio 1995, n. 2133).
[4] I rendiconti e la ripartizione delle spese predisposti dall’amministratore del condominio ed approvati validamente dall’assemblea divengono operativi in caso di mancata impugnazione della deliberazione di approvazione da parte dei singoli condomini assenti o dissenzienti nel termine di decadenza di trenta giorni previsto dall’ultimo comma dell’art. 1137 c.c., salve le ipotesi di nullità per violazione di norme inderogabili o per menomazione dei diritti di ciascun condomino derivanti dall’atto d’acquisto o dalle convenzioni che possono essere fatte valere ai sensi dell’art. 1418 c.c. (Cass. Sez. II, 31 maggio 1988, n. 3701).
[5] Esiste un solo precedente giurisprudenziale (Corte d’App. di Roma, sent. n° 1859 del 21 Dicembre 1995) che non riconosce l’obbligo dell’amministratore di allegare il consuntivo alla convocazione d’assemblea; tale orientamento non è condivisibile perché verrebbe a mancare la necessaria preventiva informazione dei condòmini circa l’oggetto della deliberazione in applicazione dell’art. 1105 c.c. applicabile in virtù della norma di salvezza (art. 1139 c.c.).