Condomino cade su una grata: amministratore condannato
La vicenda di un amministratore di condominio, condannato per non aver provveduto alla manutenzione di una griglia di aerazione sulla quale un condomino è inciampato e caduto riportando lesioni. Di seguito una sintesi della sentenza 49592/2018 della Corte di Cassazione.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. IV pen., sent. n. 49592/2018
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Fatto e diritto
- Con sentenza del 9 novembre 2017 il tribunale di Lecce ha confermato la sentenza del giudice di pace di Lecce con cui A.P. è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 590, commi 1° e 2°, cod. pen., per avere, nella sua qualità di amministratore del condominio D., con negligenza, imprudenza ed imperizia, omesso di provvedere alla manutenzione della griglia di aerazione dei locali sottostanti un piazzale di pertinenza del condominio, così provocando la caduta di F.D., che riportava lesioni personali gravi, da cui derivava una malattia della durata superiore a quaranta giorni.
- Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, formulando una sola censura con cui lamenta il vizio di motivazione, per non avere il giudice di appello tenuto in considerazione le emergenze istruttorie idonee a dimostrare l’estraneità dell’imputato all’evento dannoso, limitandosi a valorizzare alcune prove dichiarative, intrinsecamente poco attendibili. Osserva che la foto n. 32, utilizzata in giudizio per individuare il sopraelevamento della grata, che causò la caduta, non solo è stata scattata dal fratello della parte civile, ma non contiene alcun riferimento specifico da cui si possa desumere la sua coincidenza con quella su cui è caduta la persona offesa, tanto è vero che sia il marito della F.D., che il teste B. hanno riconosciuto altra fotografia ritraente pacificamente una grata dell’Enel e non quella condominiale. Rileva, peraltro, che il teste G. non ha indicato il punto della caduta della persona offesa, affermando solo di avere visto la F.D. a terra. Ritiene che nessun peso possa essere attribuito alla dichiarazione del teste G. nella parte in cui riferisce di altre cadute nel passato, perché il medesimo non chiarisce su quale delle grate presenti sui luoghi ciò sarebbe avvenuto. Denuncia come, al contrario, il giudice di secondo grado abbia completamente trascurato le dichiarazioni dei testi D. e L., pur avendo il primo affermato che l’amministratore provvedeva sempre alla manutenzione delle grate e che l’assemblea, di poco successiva all’evento, nulla deliberò in ordine alla manutenzione poiché non ve ne era bisogno, e benché il secondo avesse esposto di avere eseguito personalmente due sopralluoghi nel periodo ottobre-novembre 2011 e nel gennaio 2012, un mese prima del sinistro, senza nulla rilevare. Conclude chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
- Con la censura si pretende, invero, una rivalutazione delle prove raccolte in giudizio, non consentita in questa sede. (omissis).
La sentenza d’appello, nondimeno, ha congruamente motivato su ciascuno dei rilievi sottoposti dal ricorrente, giustificando la ricostruzione dello stato dei luoghi, attraverso il riconoscimento delle fotografie riproducenti le grate, ma anche attraverso la narrazione dei testi presenti al momento del sinistro che hanno riferito sulla situazione in cui si trovava la grata. Non solo, ma la sentenza ha affrontato espressamente anche la questione della conoscenza da parte dell’imputato della situazione in cui si trovava la grata condominiale, su cui cadde F.D., desunta dalle precedenti cadute di altre persone. D’altro canto, il vizio lamentato, relativo alla mancata considerazione delle deposizioni dei testi D. e L. ed all’equivocità delle dichiarazioni del teste G. in ordine all’identificazione della grata su cui si verificarono le precedenti cadute, è sprovvisto di qualsiasi riferimento al contenuto delle dichiarazioni testimoniali, la cui considerazione si ritiene omessa, che non solo non sono allegate, ma neppure richiamate per esteso, in palese violazione del principio dell’autosufficienza del ricorso (omissis). In definitiva, la trama argomentativa della sentenza è priva degli errori che le vengono addebitati, avendo dato risposta ai motivi di appello, per come riportati dalla medesima, in modo logico e coerente; né è possibile apprezzare il travisamento della prova dichiarativa fatto valere, stante l’incompletezza delle allegazioni all’atto di impugnazione.
- Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.