[A cura di: avv. Andrea Marostica] L’art. 66, co. 1, disp. att. c.c. distingue tra assemblea convocata “in via ordinaria” ed “in via straordinaria”: da tale distinzione è invalso l’uso delle espressioni “assemblea ordinaria” ed “assemblea straordinaria”.
L’assemblea convocata in via ordinaria è quella convocata annualmente per le deliberazioni indicate dall’art. 1135 c.c., ovvero la nomina dell’amministratore, l’approvazione del rendiconto della gestione precedente, l’approvazione del preventivo di spesa per la gestione successiva, opere di manutenzione straordinaria ed innovazioni.
L’assemblea convocata in via straordinaria è quella convocata quando l’amministratore lo ritenga necessario o quando ne sia fatta richiesta da almeno due condòmini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio.
A parte quanto appena detto, non vi è alcuna differenza ontologica tra assemblea ordinaria ed assemblea straordinaria: la legge fornisce un’unica disciplina dell’assemblea (relativa ai vari aspetti della convocazione, della partecipazione, della votazione, ecc.), senza porre alcuna distinzione.
In merito all’assenza di differenze tra assemblea ordinaria e straordinaria, è stato affermato (Cass. civ. 1984/3456) che ai fini della validità di una deliberazione di assemblea condominiale, è privo di qualunque rilievo il fatto che la delibera impugnata sia stata adottata in un’assemblea straordinaria piuttosto che in un’assemblea ordinaria, o viceversa, giacché non esistono, tra le competenze di questi due tipi di assemblee, differenze di sorta, né sono previsti differenti quorum per la legale costituzione delle assemblee medesime, l’assemblea straordinaria essendo menzionata, in opposizione a quella ordinaria, dall’art. 66 disp. att. c.c., soltanto per disporre che l’assemblea ordinaria deve essere convocata annualmente, a differenza di quella straordinaria, che è convocata in qualsiasi momento in caso di necessità.
L’assenza di ulteriori differenze è ribadita dalla irrilevanza, quanto alla validità delle delibere adottate, della correttezza dell’indicazione “ordinaria” o “straordinaria” nella convocazione dell’assemblea. È stato così evidenziato (Cass. civ. 1975/2050) che allorché tutti i condòmini di un edificio abbiano avuto tempestiva comunicazione della convocazione dell’assemblea e degli argomenti all’ordine del giorno, non ha rilevanza, al fine della validità delle delibere adottate, l’esattezza o meno dell’indicazione dell’assemblea, nell’avviso di convocazione, come ordinaria o straordinaria; tale distinzione, infatti, non ha altra giustificazione che quella di stabilire l’annualità ed obbligatorietà della prima, per la retta amministrazione del condominio, e l’eventualità e non periodicità della seconda, ma non attribuisce all’una od all’altra alcuna particolare natura o funzione.
Una differenza di disciplina tra assemblea ordinaria ed assemblea straordinaria, invero, può essere rinvenuta a proposito dei soggetti legittimati alla convocazione. Infatti, come si vedrà in seguito, mentre l’assemblea ordinaria può (e deve) essere convocata soltanto dall’amministratore (salvo, evidentemente, il caso in cui l’amministratore non vi sia), quella straordinaria può essere convocata anche dai condòmini (seppure soltanto a seguito dell’omessa convocazione da parte dell’amministratore).
Una ulteriore – apparente – differenza tra assemblea ordinaria ed assemblea straordinaria può essere rinvenuta nell’art. 1130, co. 12, n. 1, c.c. circa la mancata convocazione da parte dell’amministratore e le relative conseguenze. Infatti, mentre per l’assemblea ordinaria costituisce grave irregolarità la sua omessa convocazione, per l’assemblea straordinaria (nei casi di revoca e nomina dell’amministratore e nei casi in cui la legge ne preveda la convocazione) costituisce grave irregolarità il ripetuto rifiuto di convocarla. Ma, a ben guardare, non si tratta di una vera differenza – omissione in un caso, rifiuto nell’altro -, quanto di una conseguenza della necessità dell’assemblea ordinaria e della eventualità dell’assemblea straordinaria. Con riferimento all’assemblea ordinaria, sarà sufficiente ometterne la convocazione nel termine per commettere grave irregolarità, in quanto tale assemblea è necessaria ed il dovere di attivarsi dell’amministratore non è subordinato ad alcun atto di impulso che debba provenire da altri soggetti. Con riferimento all’assemblea straordinaria (nei casi indicati), invece, sarà necessario rifiutarne ripetutamente la convocazione per commettere grave irregolarità, in quanto tale assemblea è eventuale ed il dovere di attivarsi dell’amministratore sorge soltanto a seguito di un atto di impulso proveniente da altri soggetti. Da ultimo, si segnala che l’insufficienza di un solo rifiuto ma la necessità di almeno due rifiuti è semplicemente una scelta di opportunità del Riformatore.
Da quanto detto all’inizio circa l’art. 66 disp. att. c.c., sembrerebbe che le uniche ipotesi di convocazione dell’assemblea siano:
In realtà, si danno altre ipotesi:
Al fine di fornire un quadro al tempo stesso completo e schematico, verranno di seguito esaminate tutte le ipotesi di convocazione dell’assemblea, utilizzando quale criterio ordinatore il soggetto titolare del dovere o del potere di convocazione.
Il singolo condomino ha il potere di convocare l’assemblea in due casi: quando l’amministratore non vi sia (art. 66, co. 2, disp. att. c.c.) e quando l’amministratore cessi dall’incarico a causa della perdita dei requisiti (art. 71 bis, co. 4, disp. att. c.c.).
Si noti una differenza in ordine alle formalità della convocazione: nella prima (amministratore mancante) nulla viene detto, mentre nella seconda (amministratore cessato per perdita dei requisiti) la disposizione citata precisa che il singolo condomino può convocare l’assemblea “senza formalità”. Ora, se risulta evidente che nella prima ipotesi il condomino convocante dovrà osservare tutte le disposizioni in materia di convocazione (modalità, termini), appare nebuloso l’inciso relativo all’assenza di formalità nella seconda ipotesi.