[A cura di: dott. Andrea Tolomelli – presidente AbiConf] Sempre più spesso, nelle odierne città, anche di dimensione metropolitana, si sta diffondendo una forte richiesta di alloggi per periodi temporanei limitati ed/o in funzione di esigenze di turismo d’arte, vacanziero o per necessità di studio e/o lavoro. Di qui le diverse forme contrattuali di B&B – bed & breakfast, casa vacanza, contratto per studenti, etc.. Dato comune, nell’ambito dei rapporti di condominio, sempre più spesso, gli stabili sono abitati da persone che non vi dimorano stabilmente, che hanno esigenze di utilizzo anche in orari “particolari” e che spesso sono stranieri con ragionevoli difficoltà di comprensione della lingua e abitudini locali.
Quello che da un lato è, dunque, una grande possibilità per i proprietari di trarre un reddito dal proprio immobile, diventa un problema per i residenti nello stabile. Così, sono all’ordine del giorno, nell’ambito condominiale, le questioni circa la “rumorosità” negli appartamenti e nelle parti comuni (si pensi al turista che arriva a tarda notte con le valige, al gruppo di spensierati vacanzieri che eccedono nel tono della voce e/o al gruppo di studenti che abitando l’immobile per diverse stanze creano disturbo con vociare, televisione o altri apparecchi d’uso comune per musica o comunicazioni). Di conseguenza si è spesso riproposta, anche nelle aule di giustizia, la tematica del “divieto” e del “rispetto del divieto”.
A tal proposito credo, occorra da subito affermare un principio che oggi si può ritenere consolidato di giurisprudenza: il divieto di un utilizzo “particolare” delle singole unità immobiliari può risultare solamente da un regolamento di condominio contrattuale – richiamato nei singoli atti di compravendita – e più in particolare il singolo divieto dovrà essere ben esplicitato in nota di trascrizione. Così la Corte di Cassazione nella sentenza n. 21024 del 18 ottobre 2016 per la quale una previsione contenuta in un regolamento condominiale convenzionale di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, incidendo non sull’estensione ma sull’esercizio del diritto di ciascun condomino, deve essere ricondotta alla categoria delle servitù atipiche e non delle obbligazioni propter rem, non configurandosi in tal senso il presupposto dell’agere necesse nel soddisfacimento di un corrispondente interesse creditorio. Pertanto, l’opponibilità a terzi acquirenti di tali limiti va regolata secondo le norme proprie delle servitù, e dunque avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso indicando nella nota di trascrizione, ai sensi dell’art. 2659 n° 1 e 2 c.c., le specifiche clausole limitative, non essendo sufficiente il generico rinvio al regolamento di condominio.
Le disposizioni di divieto in parola, ove esplicitamente accettate varranno, invece, nei confronti dei singoli proprietari direttamente acconsenzienti.
Le clausole limitative del diritto di proprietà devono essere interpretate con grande rigore, dovendo risultare ogni limite quanto più esplicito come sottolineato del Tribunale di Milano nella sentenza n. 2757 del 8 maggio 2018.
In particolare, in giurisprudenza, da un lato è stata affermata la perfetta sovrapponibilità tra l’attività di bed & breakfast e gli usi di pensioni o camere d’affitto che, ove vietati nel regolamento di condominio contrattuale deve ritenersi illegittima per violazione della norma regolamentare che fa divieto di destinare le proprietà esclusive a “pensioni” o “camere in affitto” – vedasi in tal senso il Tribunale di Milano n. 11380 del 10 novembre 2017 e la Cassazione civile n. 109 del 7 gennaio 2016. Altre sentenze, dello stesso Tribunale Meneghino – la n. 11275 del 2018 – hanno viceversa ritenuto l’attività imprenditoriale di casa vacanza – consistente nel concedere in godimento i locali per soggiorni di varia durata con la sola messa a disposizione di arredamento, condizionamento ed un servizio di concierge, non assimilabili a quelle di “albergo, pensione e locanda” vietate dal regolamento di condominio, in quanto l’assenza di servizi quali il cambio della biancheria, pulizia giornaliera dei locali, la mancanza di somministrazione di cibi e bevande e la consegna della chiavi per l’intera durata del soggiorno ne escludono l’assimilabilità. Per altro Giudice, sempre del Tribunale di Milano, l’attività di bed & breakfast, organizzata in attività commerciale, contrasta con il regolamento di condominio che vieta usi diversi dall’abitativo o ufficio in quanto, per il Giudice, al “passaggio” turistico non corrisponde il concetto di abitazione.
Premesso quanto sopra, ove non vietate dal regolamento di condominio tali forme particolari di utilizzo dell’immobile queste devono ritenersi consentite. Ciò non esonera però, il proprietario ad adottare ogni più opportuno accorgimento affinché dall’immobile non derivino disturbi agli altri condòmini, i quali però nel denegato caso avranno l’onere di provarli in giudizio. Così il Tribunale di Roma nella sentenza n. 18557 del 07 ottobre 2016 a mente della quale: “Per la costituzione di un bed & breakfast o di un affittacamere non occorre l’approvazione dell’assemblea condominiale ne è necessaria alcuna variazione di destinazione d’uso. Tale attività tuttavia non deve arrecare alcun pregiudizio ai condòmini e non deve essere espressamente vietata dal regolamento di condominiale, intendendosi nella nozione di pregiudizio anche il pericolo per la sicurezza dei singoli condomini in conseguenza della presenza di numerose persone utenti del servizio”.
In conclusione, sarebbe opportuno che, il proprietario ove intenda concedere in locazione il proprio immobile ad usi diversi da quelli tradizionali di abitazione e/o ufficio le doti di idonee insonorizzazioni – tra l’alto oggigiorno facilmente ed economicamente realizzabili nell’ambito di un buon progetto per una adeguata e confortevole struttura – e di strumenti idonei quali cuffie per televisori, dispositivi limitatori di volume ecc.. Come pure, studi e realizzi tutti gli accorgimenti informativi necessari per rendere edotti gli inquilini delle norme di comportamento ed utilizzo dell’immobile e delle parti comuni (posti auto a disposizione, modalità di funzionamento dell’ascensore – anche nel caso di emergenza – orari di rispetto della quiete). Ciò ancor più nell’ottica di realizzare un’effettiva attività volta anche a garantire la sicurezza degli stessi dimoranti (si pensi all’indicazione delle uscite di sicurezza e/o degli estintori se presenti nell’immobile) indipendentemente da quanto si rende necessario per le norme di prevenzione incendi.