[A cura di: avv. Lorenzo Cottignoli – presidente LAIC – Lega Amministratori Immobiliari Condominiali] Con Ordinanza n. 33057 del 20.12.2018, la Seconda Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, prendendo occasione dalla lite insorta tra un condominio torinese ed una società di costruzioni, interviene a chiarire quali siano le modalità per consentire ad una commissione di condòmini – o di consiglieri – di decidere validamente in materie che siano state oggetto di delega da parte dell’assemblea condominiale.
La pronuncia assume particolare interesse in quanto è frequente l’ipotesi, nell’ambito delle determinazioni assembleari, che si vada a delegare il consiglio di condominio, od uno o più Consiglieri, o – diversamente – uno o più condòmini, a formare una commissione con la funzione di svolgere valutazioni od operare scelte che risulterebbero eccessivamente complesse per l’assemblea, così conferendo ad essi compiti e funzioni che appartengono, per legge, all’assemblea stessa.
L’intervento della Suprema Corte consente di delineare il perimetro entro cui il singolo condomino, o una commissione di condòmini o consiglieri può operare legittimamente, in relazione a tali deleghe, intervenendo così sulle conseguenze, non da ultimo, in capo all’amministratore, derivanti dalla sottoscrizione di contratti in esito alle determinazioni di tali commissioni, non ratificate dall’assemblea condominiale.
Nel caso in questione, la problematica sorgeva a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo che il condominio spiegava, per contestare il credito vantato dalla società, la quale aveva svolti lavori di ristrutturazione nello stabile, su indicazione di una commissione di due condòmini, che l’assemblea aveva delegati a “verificare i preventivi e decidere la spesa da effettuare”. Tali lavori risultavano eccessivi e sproporzionati rispetto alle determinazioni assunte dall’assemblea ed il condominio richiedeva, già in primo grado, ma senza vedere accolta la propria domanda, la chiamata in causa dell’amministratore che aveva sottoscritto il contratto d’appalto, al fine di vedersi tenere indenne dalle richieste di pagamento del fornitore.
L’interpretazione della portata di tale mandato appare necessariamente preliminare alla determinazione della sussistenza del credito dell’impresa nei confronti del condominio, e dunque viene analizzata in punto di diritto dalla Suprema Corte, la quale censura le pronunce delle Corti di merito.
In particolare, la Corte d’Appello di Torino, confermando la decisione del Tribunale aveva ritenuto che sussistesse un mandato “conferito a due consiglieri designati, quali mandatari a tutti gli effetti degli altri condòmini, con lo specifico e dettagliato incarico di porre in essere tutte le opportune iniziative che valessero ad individuare sia il soggetto a cui commissionare la concreta esecuzione delle opere deliberate, sia i termini del correlativo esborso pecunario, vale a dire, in sostanza, stipulare, nell’interesse e con effetti vincolanti per i mandanti, un contratto d’appalto caratterizzato dalle prestazioni indicate dall’assemblea”.
Il Supremo Collegio, al contrario, richiama un suo insegnamento precedente (Cass. Civ. sez. 2, n. 5130 del 6.3.2007), con il quale aveva statuito che “se è ben vero che l’assemblea condominiale può deliberare qualunque provvedimento purchè non estraneo ai fini del condominio (v. sent. 4437/85), e perciò può deliberare di nominare una commissione di condòmini con l’incarico di esaminare i preventivi e le relative spese per valutare quali di essi sia meglio rispondente alle esigenze del condominio, con la conseguenza che una tal delibera, in sè, è del tutto legittima; è altresì vero, però, che la scelta ed il riparto effettuati dalla commissione perchè siano vincolanti per tutti i condòmini (anche cioè per i dissenzienti) andavano riportati in assemblea per l’approvazione con le maggioranze prescritte, non essendo delegabili ai singoli condòmini, anche riuniti in un gruppo, le funzioni dell’assemblea.”.
Dunque, la validità delle determinazioni assunte da uno o più condòmini, delegati dall’assemblea, secondo l’insegnamento dei Giudici delle Leggi, è subordinata alla approvazione di questa, con le maggioranze di legge e, nel caso in esame, pertanto con la maggioranza di cui all’art. 1136 commi 2 e 4 c.c. (maggioranza degli intervenuti e 500 millesimi).
Diversamente, prosegue la sentenza in commento, ne consegue che “in mancanza di qualsivoglia delibera assembleare di approvazione della scelta del contraente (in ipotesi) svolta dai consiglieri incaricati e del relativo corrispettivo, il contratto di appalto stipulato dall’amministratore (per lavori di manutenzione straordinaria dei quali, come nella specie, non sia stata accertata, in fatto, l’urgenza: art. 1135, comma 2°, c.c.), pur se conforme (in ipotesi) a tali scelte, non è giuridicamente opponibile ai condòmini”.
La gravità delle conseguenze di tale assunto si riverbera integralmente sull’amministratore, il quale – salvo il caso dell’urgenza in fatto, ed eventualmente l’arricchimento procurato al condominio mediante le migliorie conseguenti ai lavori svolti – risponderà pertanto personalmente delle obbligazioni contrattualmente assunte.
“L’amministratore del condominio, del resto – prosegue il Supremo Collegio, con assoluta chiarezza espositiva – non può stipulare un contratto che sia idoneo a vincolare i condòmini nei confronti di un terzo, se non abbia ricevuto l’autorizzazione da una deliberazione dell’assemblea (Cass. n. 8233 del 2007) che, con le maggioranze prescritte, abbia fissato i limiti precisi dell’attività negoziale da svolgere (Cass. n. 5297 del 2014, in motiv.)”. La Suprema Corte, pertanto, cassava la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello torinese.
Va rilevato, infine, come tale pronuncia non costituisca un caso isolato, seppur non frequente: si ritrova il principio qui espresso anche nelle pronunce delle Corti territoriali precedenti alle decisioni di legittimità qui richiamate. Tra esse è opportuno ricordare la decisione del Tribunale di Napoli del 14.7.1987 (in Giurisprudenza Italiana, 1989, I, 2, 420 con nota di Vincenti) che afferma come sia “annullabile la delibera con la quale l’assemblea abbia conferito ad una commissione di alcuni condòmini, oltre l’amministratore, la delega a disporre sopra una serie di provvedimenti e di scelte tecnico-economiche inerenti lavori urgenti e di straordinaria amministrazione interessanti lo stabile condominiale, comportando ciò un esautoramento del condominio nella gestione della cosa comune e nell’organo stabile di rappresentanza.”.