La previsione di un’altezza massima ha una valenza puramente negativa: il manufatto che non supera quei limiti non è, per ciò solo, accessorio, ferma restando, se quei limiti siano rispettati, la necessità di una valutazione complessiva dell’opera in rapporto a tutti gli altri parametri rilevanti nei singoli casi concreti. È il presupposto sulla cui base la Cassazione, con l’ordinanza 25050 del 10 ottobre 2018, ha rigettato l’appello contro una sentenze che aveva ritenuto illegittima l’edificazione di un corsello d’accesso a garage, per violazione delle distanze legali.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 10.10.2018,
n. 25050
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B.A. conveniva in giudizio avanti al tribunale di Brescia, sezione distaccata di Salò, la F.C. s.r.l. e i condòmini dell’edificio che la stessa società aveva costruito sul fondo confinante, denunciando la violazione delle distanze dal confine incorsa nell’edificazione di un corsello di accesso alle autorimesse private poste completamente al di sotto dell’edificio.
La domanda era accolta dal tribunale, con sentenza impugnata davanti alla Corte d’Appello di Brescia.
La F.C. riproponeva la tesi, già sostenuta in primo grado, che il corsello costituiva accessorio del fabbricato principale.
In conseguenza di tale qualificazione l’appellante invocava l’applicabilità delle norme regolamentari locali che consentivano l’edificazione a confine degli “accessori alla residenza”.
La corte di merito non condivideva la qualificazione del manufatto come “accessorio” proposta dalla società, vuoi per le sue imponenti dimensioni, esterne al perimetro dell’edificio, vuoi per la sua autonoma funzionalità: il corsello era utilizzabile sia come passaggio di accesso all’area di parcheggio sottostante, sia come ulteriore parcheggio.
Per la cassazione della sentenza la F.C. s.r.l. ha proposto ricorso, affidato a un unico motivo.
Ha resistito con controricorso B.I., in proprio e nella qualità di procuratore generale di C.C., entrambe eredi della parte originaria B.A..
Gli altri condoòini sono rimasti intimati.
Le parti hanno depositato memoria in prossimità dell’udienza.
L’unico motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 873 c.c. e degli art. 9 e 16, comma 4, delle Norme tecniche di attuazione del Comune di Vorbano (art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c.). Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c.).
La ricorrente censura la sentenza per non avere considerato che le norme regolamentari consentono l’edificazione a confine degli accessori alla residenza, purché di altezza inferiore a metri 3 al colmo e di altezza media di metri 2,50.
Il corsello realizzato nel caso di specie rientrava in tali parametri.
Inoltre, la ricorrente rimprovera alla corte d’appello di non avere considerato che la concorrente e autonoma funzionalità del manufatto era caratteristica compatibile con la nozione di accessorio: la norma regolamentare, in via esemplificativa, menzionava fra gli accessori i box, pure dotati di autonoma funzionalità.
Il motivo è infondato.
La ricorrente interpreta art. 16, comma 4, delle Norme tecniche di attuazione del Comune di Vorbano nel senso che, ai fini della liceità della costruzione a confine, è condizione necessaria e sufficiente che siano rispettati i limiti di altezza previsti dalla norma regolamentare.
Tale interpretazione non può essere condivisa.
La norma pone dei limiti di altezza superati i quali l’opera, pur essendo in relazione con un corpo principale, rimane soggetta al rispetto delle distanze, ma ciò non autorizza, a contrario, a ritenere insignificanti gli altri parametri dimensionali sui quali essa non prende posizione.
Insomma, la previsione di un’altezza massima ha una valenza puramente negativa: il manufatto che non supera quei limiti non è, per ciò solo, accessorio, ferma restando, se quei limiti siano rispettati, la necessità di una valutazione complessiva dell’opera in rapporto a tutti gli altri parametri rilevanti nei singoli casi concreti.
Da ciò consegue, da un lato, che la valutazione della corte di merito, nella parte in cui ha negato la legittimità della costruzione a confine in considerazione delle “sue imponenti dimensioni”, non costituisce violazione della norma regolamentare, che non disciplina che quel singolo parametro dimensionale; dall’altro, che quella stessa valutazione costituisce inevitabilmente apprezzamento di merito non censurabile in cassazione.
Al rilievo sulle dimensioni del manufatto la corte di merito ha aggiunto quello relativo alla sua autonoma funzionalità e l’uno e l’altro rilievo sono oggetto delle censure mosse con il motivo in esame.
Ciò non toglie, però, che già quel primo rilievo è sufficiente a giustificare all’applicabilità delle norme sulle distanze, giustificandosi di conseguenza l’inammissibilità, per sopravvenuto difetto di interesse, della censura sul secondo, in applicazione dei principi di giurisprudenza sulle decisioni fondate su una duplice ratio decidendi.
«Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa» (Cass. n. 2108/2012).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
(omissis)
rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200, ed agli accessori di legge.