[A cura di: Andrea Santoro, FiscoOggi – Agenzia delle Entrate] È necessario giustificare la capacità reddituale anche in merito alle spese di mantenimento dell’immobile, non risultando sufficiente la sommaria affermazione che le spese sono state sostenute per intero dal genitore, seppur comproprietario e convivente, trattandosi di giustificazione troppo generica e non documentabile.
A fornire questo principio è stata l’ordinanza della Corte di cassazione n. 149 del 7 gennaio 2019.
La controversia ha avuto origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate nei confronti di un contribuente, in capo al quale era stato rideterminato in via sintetica il reddito imponibile relativo al 2008. In particolare, la capacità reddituale manifestata dal soggetto si era rivelata incoerente rispetto all’ammontare degli esborsi effettuati ai fini dell’acquisto e del mantenimento dell’abitazione principale.
La Commissione tributaria provinciale respingeva il ricorso, mentre i giudici di secondo grado accoglievano l’appello del contribuente.
Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale, l’Agenzia delle entrate ha adito la Corte di cassazione, denunciando, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del Dpr 600/1973, articolo 38, e dell’articolo 2697 c.c.. L’Amministrazione ha eccepito, più precisamente, come l’accensione di un mutuo/finanziamento non potesse essere addotto a giustificazione della capacità contributiva e che l’affermazione circa il mantenimento dell’abitazione principale da parte della madre non fosse stata accompagnata dalla verifica della sussistenza di adeguati redditi in capo a quest’ultima. Il contribuente ha resistito con controricorso.
La Corte di cassazione, nel ritenere fondato il ricorso, ha accolto la tesi dell’Amministrazione finanziaria perché in linea, non solo con il dettato normativo (Dpr 600/1973, articolo 38, comma 6), ma anche con il proprio orientamento prevalente circa il perimetro della prova contraria a carico del contribuente (cfr. sent. 8995/2014), secondo cui l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito accertato deriva, in tutto o in parte, da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta.
I giudici di legittimità sottolineano come la disposizione normativa in esame richieda “qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte)”. A tal proposito, lo specifico riferimento alla prova documentata dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso è finalizzata ad ancorare a fatti oggettivi (sia dal punto di vista quantitativo che temporale) la disponibilità degli stessi al fine di ricondurre la maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico proprio a questi ulteriori redditi.
In tal modo, viene escluso, quindi, che i suddetti redditi siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico (ad esempio, un ulteriore investimento finanziario) poiché, in questo caso, essi non potrebbero giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato (Cassazione nn. 7389/2018 e 1510/2017).
Precisa, inoltre, la Corte che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, laddove l’ufficio determini sinteticamente il reddito del contribuente in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali e il contribuente giustifichi questa spesa con l’accensione di un mutuo ultrannuale, il mutuo stesso non esclude ma diluisce la capacità contributiva (Cassazione n. 4797/2017).
Nella fattispecie in esame, le spese contestate riguardavano sia l’acquisto dell’abitazione che il mantenimento dello stesso immobile.
Per quanto concerne l’investimento immobiliare, i giudici hanno ritenuto ragionevole ritenere che l’accensione di un prestito bancario, documentato dal contribuente, costituisca una prova idonea della provenienza non reddituale della provvista. Secondo la Corte, è sufficiente la prova della sussistenza del mutuo, senza che occorra la dimostrazione delle motivazioni dell’erogazione e delle garanzie che la supportano.
Al contrario, non può reputarsi sufficiente la prova per quanto riguarda le spese per il mantenimento dell’appartamento. In merito a queste ultime, che il contribuente ha tentato di giustificare attribuendone il sostenimento integrale alla madre, i giudici hanno ritenuto questa spiegazione troppo generica e non documentabile.
La Commissione tributaria regionale – spiegano i giudici – si è limitata erroneamente a presumere che “le spese occorrenti per il mantenimento dell’appartamento di 110 mq., di cui era proprietario al 50% unitamente alla madre con lui convivente, fossero da questa sostenute anche per la quota a lui spettante”, senza alcuna precisazione, nemmeno in merito alla continuità del possesso dei redditi nel tempo.
Il ricorso dell’Agenzia delle entrate è stato, dunque, ritenuto meritevole di accoglimento, la sentenza della Commissione tributaria regionale è stata cassata e il giudizio rinviato alla stessa Ctr, in diversa composizione, affinché si attenga ai principi enunciati dalla Corte e si pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.