[A cura di: Forum naz. Salviamo il Paesaggio] Nei giorni scorsi Roma Capitale e l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – ISPRA hanno presentato in Campidoglio un approfondito studio sul consumo di suolo a Roma i cui dati “fotografano” una situazione attuale a dir poco drammatica: una superficie complessiva di 30 mila ettari di territorio risulta essere completamente edificata, asfaltata o in un qualche modo impermeabilizzata. Un territorio grande circa 3.600 volte l’area del Circo Massimo ha perso ogni naturalità, oltre ad aver sigillato il 13% delle aree a pericolosità idraulica. Questo studio ci dice che quasi un quarto del territorio romano risulta coperto da edifici e infrastrutture: un’enormità. Soprattutto per un’area vasta come quella del comune di Roma e ricordando che la media nazionale del consumo di suolo è pari al 7,65%, secondo i dati ISPRA, e quella europea è di poco superiore al 4%.
Occorre precisare che il computo di consumo di suolo registrato da ISPRA, sia per Roma che su scala nazionale, si riferisce alla sola “copertura artificiale” del suolo. Con una scala di estremo dettaglio, lo studio individua ogni singolo fabbricato, strada, piazzale e altro; semplificando, potremmo dire che individua con precisione il suolo oggi ricoperto da asfalto e calcestruzzo, per effetto dell’azione umana, con conseguenze irreversibili: se, infatti, volessimo riportare questo terreno compromesso (asportandone la copertura) alla sua “naturalità”, dovremmo attendere non anni, ma secoli: per formare 1 cm di suolo occorrono infatti dai 3 ai 4 secoli. E ben 3 mila anni per raggiungere uno spessore utile ai fini agricoli.
Tuttavia, occorre ricordarsi che, oltre a questo quarto di città che vede il suo suolo ormai interamente consumato, vi è un altro quarto di città che ha perduto la sua originaria naturalità e che, a fatica, mantiene una minima – anche se ancora preziosa – funzione ambientale e sociale. Ci riferiamo a tutte quelle aree naturali e seminaturali che si trovano all’interno del tessuto urbano, indipendentemente dalla loro destinazione d’uso e dal fatto che siano pubbliche o private, e che correttamente non vengono considerate nel conteggio del consumo di suolo dagli studi di Ispra. Ad esempio, aree non costruite ma in stato di degrado, fasce di rispetto stradale, fino al giardino non pavimentato di un edificio. Tutte aree importanti per il contesto sociale urbano e che, pur nella debolezza della loro naturalità, vanno tutelate e difese dagli assalti di quanti vorrebbero considerarle come aree già consumate per consentire qualsiasi intervento al loro interno, senza che questo venga considerato come un nuovo consumo di suolo (e alcune leggi regionali, gravemente, già hanno scelto di sacrificare queste aree naturali e seminaturali, favorendo fenomeni di densificazione urbana che andrebbero viceversa evitati).
Nel 2004 il documento ufficiale “Carta dell’uso del suolo”, redatto dallo stesso comune di Roma, dimostrava che prima del Piano Regolatore dell’amministrazione Veltroni (2008), il suolo urbanizzato era pari a 44 mila ettari. Documenti redatti successivamente da Vezio De Lucia per Italia Nostra e ulteriori nostri studi – sulla base dei progetti previsti da tale PRG, delle varianti approvate dall’amministrazione Alemanno e delle ulteriori compensazioni urbanistiche approvate in seguito – portano a una quantificazione del territorio urbanizzato stimabile in circa 60 mila ettari, pari a quasi la metà della superficie totale di Roma. Di questi circa 60 mila ettari, metà sono stati certificati da ISPRA come a copertura artificiale, mentre l’altra metà è data dalle resistenti aree naturali e seminaturali all’interno del tessuto urbano (cioè non natura pura, ma spazi di respiro).
Ai dati del monitoraggio di Roma Capitale e ISPRA che delineano una situazione gravissima, si deve aggiungere la previsione del Piano Regolatore vigente di altri 10 mila ettari di nuovo suolo (su aree edificabili) pronto per essere disinvoltamente consumato, come hanno “candidamente” ricordato i dirigenti comunali. Riteniamo, quindi, che a fronte dell’enorme patrimonio edilizio già esistente e completamente vuoto/inutilizzato, non sia più accettabile costruire ancora nuovi edifici e strade occupando 10 mila ettari di suolo vergine, una superficie pari ad altri 15 mila nuovi campi di calcio.
Il Forum nazionale Salviamo il Paesaggio, ha presentato a febbraio dello scorso anno, una Proposta di Legge per l’arresto del consumo di suolo e il riuso dei suoli urbanizzati, da ottobre in discussione al Senato: un testo normativo rigoroso che, se approvato, permetterà di fermare l’inutile sacrificio di territorio, suolo e paesaggio per orientare il comparto edile al recupero del patrimonio esistente ancora privo di utilizzo e, dunque, alla costruzione del proprio futuro.
In un Paese che registra oltre 7 milioni di abitazioni inutilizzate, oltre 700 mila capannoni vuoti, più di 500 mila negozi chiusi – come segnala l’ISTAT – la strada da percorrere non è certamente quella di nuove edificazioni ed infrastrutture. Anche (e soprattutto) a Roma.