[A cura di: avv. Silvio Rezzonico – presidente Confappi] I contratti di locazione a uso transitorio sono stati introdotti dalla legge 9 dicembre 1998, n. 431 sulle locazioni abitative: da un lato, per venire incontro agli utenti che necessitano di sottoscrivere un contratto di breve durata; dall’altro per consentire al locatore di liberare l’alloggio in tempi brevi.
Questi contratti hanno una durata massima di 18 mesi (non rinnovabili) e non prevedono limitazioni sulla durata minima. Tali accordi sono contraddistinti da un canone di locazione che nella maggior parte dei casi è definito in accordi locali, sottoscritti dalle associazioni dei proprietari e dai sindacati degli inquilini. I contratti non assistiti dalle associazioni dei proprietari o dai sindacati degli inquilini, come previsto dal dm 16 gennaio 2017, devono essere accompagnati da un’attestazione firmata da almeno una di queste associazioni. Il decreto dispone, infatti, che «le parti contrattuali possono essere assistite, a loro richiesta, dalle rispettive organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori. Gli accordi definiscono, per i contratti non assistiti, le modalità di attestazione, da eseguirsi, sulla base degli elementi oggettivi dichiarati dalle parti contrattuali, a cura e con assunzione di responsabilità, da parte di almeno una organizzazione firmataria dell’accordo, della rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all’accordo stesso, anche con riguardo alle agevolazioni fiscali».
Altra caratteristica del contratto transitorio è l’esigenza transitoria, ossia il motivo che giustifica per il locatore, per il conduttore o per entrambe le parti la sottoscrizione dell’accordo. Per il proprietario le esigenze transitorie possono essere il trasferimento temporaneo in un’altra sede lavorativa, l’attesa della concessione edilizia o dell’autorizzazione da parte del Comune per la ristrutturazione o demolizione dell’immobile, oppure il rientro dopo un periodo trascorso all’estero. Per il conduttore figurano fra le possibili esigenze il trasferimento momentaneo della sede di lavoro; la sottoscrizione di un contratto di lavoro a tempo determinato in un Comune diverso da quello in cui si risiede, l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica o l’acquisto in cooperativa o presso privati di un immobile che si rende disponibile entro 18 mesi.
La legge prevede una serie di altri motivi che esulano dalle esigenze previste negli accordi locali. In questo caso, però, è indispensabile l’assistenza delle associazioni dei proprietari e dei sindacati degli inquilini. Per il proprietario gli ulteriori motivi che giustificano la scelta del contratto transitorio sono: imminente matrimonio o convivenza, matrimonio dei figli o separazione; la possibilità di destinare l’immobile a uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale a uso del coniuge dei genitori, dei figli e dei parenti fino al secondo grado. Per il conduttore l’esigenza può essere legata a finalità di studio o ricerca oppure alla necessità di stare vicino a un parente malato.
La norma vigente prevede, nel caso in cui l’esigenza transitoria dovesse decadere, che il contratto si trasformi automaticamente in un classico 4+4. Sul punto, l’articolo 2, comma 6, del dm 16 gennaio 2017 dispone che «i contratti di cui al presente articolo sono ricondotti alla durata prevista dall’art. 2, comma 1, della legge n. 431 del 1998 in caso di inadempimento delle modalità di stipula del contratto previste dai commi 1, 2, 4, 5 del presente articolo».
Riguardo al recesso, è consentito soltanto al conduttore (il locatore non può recedere unilateralmente il contratto) ma solo in presenza dei “gravi motivi” e comunque previo invio al proprietario dell’immobile, mediante lettera raccomandata e ricevuta di ritorno, di un preavviso di almeno 3 mesi.
Sulla ripartizione delle spese, a meno di accordi differenti decisi dalle parti, occorre fare riferimento alle tabella inserita nell’Allegato D del dm 16 gennaio 2017. In linea generale il locatore copre i costi di manutenzione straordinaria, mentre le spese ordinarie sono a carico del conduttore.
Fra i contratti a uso transitorio figura quello pensato ad hoc per gli studenti universitari, iscritti a un corso di laurea o formazione post laurea (master, dottorati, ecc) in una città diversa da quella di residenza. Il modello è contenuto nell’Allegato C del dm 16 gennaio 2017 e anche in questo caso, per i contratti non assistiti, occorre l’attestazione delle associazioni di categoria. Il contratto per studenti si applica se sussistono due condizioni essenziali: l’immobile deve essere ubicato nel Comune in cui ha sede l’università o in una città limitrofa e l’inquilino deve essere regolarmente iscritto a un corso di laurea.
L’accordo può essere firmato da uno o più studenti, dai loro genitori o dalle aziende per il diritto allo studio e ha una durata compresa tra i 6 mesi e i 3 anni. Si rinnova automaticamente per uguale periodo alla prima scadenza. Se lo studente decide di disdire l’accordo, è obbligato a comunicarlo al proprietario con un preavviso di almeno un mese e non oltre tre mesi prima della data di scadenza.
Per quanto concerne il canone, la legge 431/1998 prevede che «è facoltà dei comuni sede di università o di corsi universitari distaccati, eventualmente d’intesa con comuni limitrofi, promuovere specifici accordi locali per la definizione di contratti-tipo relativi alla locazione di immobili ad uso abitativo per studenti universitari». In ogni caso, l’accordo locale, come specificato dal dm 16 gennaio 2017 «può individuare misure di aumento o diminuzione dei valori dei canoni in relazione alla durata contrattuale».