[A cura di: avv. Paolo Ribero] La legge 220/2012 ha ampliato il testo codicistico dell’art. 1118 C.C. disciplinante i diritti dei partecipanti sulle cose comuni.
Ai primi tre commi, che riprendono i principi di indivisibilità ed irrinunciabilità dei diritti sulle cose comuni e i conseguenti oneri di partecipazione alla manutenzione, proporzionali al valore di proprietà di ogni condomino, segue il IV comma che prevede le modalità con cui il condomino può distaccarsi dall’impianto di riscaldamento e condizionamento centralizzato.
Da una prima, superficiale, lettura parrebbe ravvisarsi una contraddizione tra i primi tre commi ed il quarto, in quanto dapprima si stabilisce l’indivisibilità e l’irrinunziabilità sulle parti comuni (tra cui espressamente l’art. 1117 C.C. include gli impianti per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria) dall’altra si prevede la possibilità – in presenza di determinate condizioni – di distacco dagli impianti di riscaldamento e condizionamento.
In realtà ciò non è, in quanto, anche nell’ipotesi di distacco viene ribadito dall’ultima parte dell’articolo in esame che il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma; quindi rimane inalterato l’obbligo di contribuire alla manutenzione straordinaria dell’impianto che permane di proprietà comune.
Pertanto il legislatore facendo propri i principi già enunciati e ormai consolidati in giurisprudenza ha stabilito che solo dalle spese di consumo resterebbe esentato il rinunziante.
In merito al distacco dell’impianto di riscaldamento o condizionamento però è opportuno sottolineare che con la legge 220/2012 non si è previsto un diritto unilaterale del condomino al distacco ma si è subordinata tale possibilità alla realizzazione di due chiare e complesse condizioni, ossia che non si determinino:
Devono sussistere entrambi i presupposti perché il distacco si possa considerare legittimo: quindi non solo il distacco non deve procurare pregiudizio all’impianto ma gli altri condòmini non devono vedere aggravata la propria posizione (ad es. con un aumento di spese pro capite) da tale opera.
In pratica, il condomino che intende staccarsi dall’impianto di riscaldamento dovrà dimostrare, ritengo con una perizia redatta da tecnico abilitato (che prevedo possa dare origine a contenziosi allorquando vi siano contestazioni fondate su perizia contraria), che da tale opera non consegua un aggravio di spesa in capo agli altri condòmini.
Pertanto il diritto del condomino rinunziante deve risultare compatibile con il diritto degli altri partecipanti alla comunione condominiale a non veder aumentata la propria partecipazione di spesa in conseguenza del distacco. Inoltre, permane l’obbligo di contribuzione al pagamento delle spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma.
Si ritiene, in applicazione della norma Uni 10200, che debba essere attribuita al rinunziante anche una percentuale per i consumi cd. “involontari”: si tratta delle normali dispersioni di calore che si verificano tra i tubi del riscaldamento e che, di fatto, vanno a beneficio di tutti gli appartamenti irradiando il calore anche negli appartamenti distaccatisi. Bisogna dunque tenere sempre conto anche della dispersione del calore che passa dai tubi degli appartamenti e che finisce, sebbene involontariamente, per agevolare tutti i proprietari perché, alla fine, riscaldando le pareti, finisce per portare calore a tutte le abitazioni, comprese le scale
Nella stessa ottica deve essere letto l’inciso che il legislatore della riforma ha ritenuto di dover introdurre nel III comma dell’articolo 1118, in cui viene ribadito l’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni anche nel caso di modifica della destinazione d’uso dell’unità immobiliare.
Da ciò consegue che il condomino, rispettando la normativa in materia, ha diritto a modificare la destinazione d’uso della propria unità immobiliare, ma tale diritto non può far venire meno l’obbligo di contribuzione spese che determinerebbe implicitamente un aggravio di costi sugli altri partecipanti alla comunità condominiale.
Il diritto del condomino al distacco non può essere limitato né dal regolamento condominiale né da delibere condominiali.
Recentemente la Cassazione con ordinanza n. 28051/18 del 2.11.2018 ha riconosciuto l’illegittimità di una tale clausola regolamentare e la sua inapplicabilità in quanto lede un diritto assoluto del proprietario dell’appartamento ponendosi in evidente contrasto con l’articolo 1118 del Codice civile e con gli interessi collettivi dettati dalla legge 10/91 e dal Dlgs 102/2014. Si legge nell’ordinanza citata: “Rimane tuttavia nulla, per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune, la clausola del regolamento condominiale, come la deliberazione assembleare che vi dia applicazione, che vieti in radice al condomino di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, seppure il suo distacco non cagioni alcun notevole squilibrio di funzionamento né aggravio di spesa per gli altri partecipanti. Secondo l’interpretazione giurisprudenziale di questa Corte, infatti, la disposizione regolamentare che contenga un incondizionato divieto di distacco si pone in contrasto con la disciplina legislativa inderogabile emergente dagli artt. 1118, comma 4, c.c., 26, comma 5, L. n. 10 del 1991 e 9, comma 5, d.lgs. n. 102 del 2014 (come modificato dall’art. 5, comma 1, lettera i, punto i, del d.lgs. 18 luglio 2016, n. 141), diretta al perseguimento di interessi sovraordinati, quali l’uso razionale delle risorse energetiche ed il miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale, e sarebbe perciò nulla o non meritevole di tutela (Cass. Sez. 2, 12 maggio 2017, n. 11970; Cass. Sez. 2, 29 settembre 2011, n. 19893; Cass. Sez. 2, 13 novembre 2014, n. 24209)”.
Il Tribunale di Roma con sentenza 18721 del 22 settembre 2015 ha sostenuto che la delibera che non autorizza il distacco deve considerarsi nulla (e non semplicemente annullabile) per violazione del diritto individuale del condomino sulle cose comuni.
Allo stesso modo devono considerarsi nulle anche le delibere, successive, che hanno approvato il bilancio preventivo e consuntivo senza tenere conto del distacco, nella parte in cui hanno posto a carico dei “distaccati” le spese di consumo relative al riscaldamento (principio ribadito anche da Cass. 3 aprile 2012 n. 5331, Cass. 29 settembre 2011 n. 19893).
Nella stessa sentenza è stato anche escluso un contrasto tra la normativa di autorizzazione del distacco dall’impianto di riscaldamento e la direttiva europea 2002/91 CE sul risparmio energetico. Il Tribunale di Roma ha stabilito che “la limitazione dei distacchi alle sole ipotesi di cause tecniche o forza maggiore è frutto esclusivo della normativa di recepimento, non rinvenendosi nella norma comunitaria alcuna manifestazione di preferenza per gli impianti di riscaldamento centralizzato”.
Da ultimo è interessante citare un’ordinanza del Tribunale di Torino (20 gennaio 2014) ove il Giudice di prime cure ha ritenuto che la Legge Regionale (nella fattispecie, quella piemontese) non possa derogare ad una disposizione del Codice Civile, riconoscendo legittimo il distacco operato da un condomino nonostante il condominio richiamasse la disciplina regionale in materia.