[A cura di: Mauro Simone – vicepres. naz. ALAC e pres. ALAC Area Metropolitana Bari] Il dibattito sugli amministratori di condominio non si è mai interrotto, anzi è tornato di attualità rilanciare l’atavico dilemma: “Albo sì o no? Registro sì o no?”.
Ma la domanda più urgente, forse, è un’altra: quali sono le esigenze primarie e impellenti che esternano, rispettivamente, gli amministratori di condominio, i condòmini consumatori e le associazioni di categoria?
Per quanto riguarda i primi, le quotidiane interlocuzioni con i loro rappresentanti ci portano a ritenere che gli amministratori di condominio aspirano innanzitutto e prioritariamente ad ottenere una retribuzione equa e dignitosa, in ossequio al precetto costituzionale di cui all’art. 36 Cost. In verità, è sotto gli occhi di tutti che a fronte innumerevoli disposizioni legislative, obblighi e adempimenti burocratici, l’amministratore di condominio svolge quotidianamente un lavoro gravoso e affatto remunerativo.
E d’altra parte è risaputo anche che i condòmini si pongono come precipuo obiettivo il massimo risparmio possibile del compenso riconosciuto all’amministratore, ben prima di accertarsi della qualità, capacità e serietà del professionista. Da parte dei condòmini, la scelta dell’offerta gestionale più economica e conveniente fra quelle proposte dai candidati amministratori viene prima di ogni altra considerazione, dimenticandosi che un’antica locuzione medievale, comunque sempre attualissima, recita: “chi meno spende più spende”.
Peraltro, anche l’amministratore, oggi, pur svolgendo una funzione sociale importante avverte un po’ di delusione e insoddisfazione per il proprio lavoro a causa della misera retribuzione riconosciuta dai condòmini. È appena il caso di evidenziare che un tempo “il lavoro affrancava dalla povertà. Oggi si è poveri pur lavorando”.
Per questo motivo il cosiddetto equo compenso per gli amministratori di condominio è una battaglia sacrosanta che tutte le associazioni dovrebbero affrontare tenacemente, chiedendo di sedersi quanto prima ai tavoli ministeriali per discutere i parametri retributivi per determinare un compenso proporzionato alla qualità e quantità del lavoro svolto dagli operatori delle amministrazioni di condominio.
Per quanto riguarda i condòmini, ovvero i fruitori finali dei servizi richiesti all’amministratore, gli stessi si attendono giustamente di ricevere qualità delle prestazioni professionali, competenza e serietà. Invece, questo auspicio non sempre si concretizza, vuoi per colpa degli amministratori, vuoi degli amministrati, talvolta per colpa di entrambi.
La realtà condominiale è diventata estremamente complessa, abbracciando una serie di attività interdisciplinari che richiedono per la loro gestione competenze professionali sempre aggiornate per una maggiore garanzia e trasparenza per i condòmini e per una buon amministrazione dei beni comuni. Purtroppo, non tutti gli amministratori curano assiduamente l’attività di formazione periodica prevista dal Decreto del Ministero di Giustizia n.140/2014. E sono soprattutto coloro che non risultano iscritti alle associazioni, se non si aggiornano, i meno affidabili.
Servono perciò maggiori garanzie per l’utenza condominiale. Ciò si potrebbe ottenere apportando alcune modifiche al D.M. 140/2014, quali ad esempio:
a) estendere all’amministratore cosiddetto “interno”, ovvero nominato tra i condòmini dello stabile, l’obbligo di espletare annualmente un corso di formazione continua con esame finale ai sensi del D.M.140/2014. All’uopo occorrerebbe però modificare l’art. 71 bis disp. att. c.c. lettera g. 2° co.;
b) elevare a 30 ore, dalle 15 attuali, la durata del corso di formazione continua on line e/o in aula;
c) prevedere l’obbligo di allegazione al verbale dell’assemblea dell’attestato relativo alla formazione periodica conseguito nell’anno precedente l’elezione o il rinnovo dell’incarico di amministratore. Ciò costituirebbe un mezzo semplice e idoneo a disposizione di chiunque, sia dei condòmini, sia dei candidati amministratori, per la verifica del possesso dei requisiti dell’amministratore prescelto dall’assemblea.
Alcuni chiedono l’albo professionale e l’esame di stato per l’abilitazione all’esercizio della professione, ma considerando che dal 1974 in poi sono state presentate numerose proposte di legge, tutte senza successo, sembra pura demagogia dei politici sperare di legittimare questa istanza, peraltro non condivisa da tutte le associazioni e contrastato pure dall’Europa e dall’Antitrust.
Il governo invece sarebbe orientato a istituire un Registro pubblico degli amministratori, ipotesi anch’essa non condivisa da tutte le associazioni in assenza di garanzie circa le prerogative delle associazioni stesse nel ruolo di garanti del Registro, oltre che delle regole e della trasparenza.
L’ipotesi di un Registro presso le Camere di Commercio, poi, non sarebbe neppure lontanamente da alcuno condiviso.
A prescindere dalle posizioni – rispettabili ma non univoche – espresse dalle associazioni, diciamocela tutta: all’attualità può essere il Registro o l’Albo la priorità per gli amministratori di condominio?
L’eventualità di un albo prevedrebbe comunque oneri per la categoria. Oggi sembra prematuro parlarne senza prima aver modificato la Legge 220/2012 e il D.M. 140/2014 e aver definito anche la figura giuridica dell’amministratore, fissandone le caratteristiche e assoggettandola a regole che tutelino anche il ruolo e la funzione. Risolta prioritariamente la questione dell’equo compenso, (DL 148/2017), immediatamente dopo, ma solo dopo, si potrebbe mettere mano alla regolamentazione della professione.
Dulcis in fundo, ci dicono che viviamo all’inizio dell’età dell’oro dell’Intelligenza artificiale e della Machine learning. Con la Machine Learning e l’Intelligenza artificiale e con i cinesi alle porte, se arriveranno in Italia forse anche a gestire i condomini, da parte delle associazioni non è il caso di incominciare a ragionare sull’ipotesi di una Federazione?