È cresciuta del 30% la quota di condòmini che, in Italia, tende a non pagare le spese in condominio, a discapito di chi invece contribuisce alla gestione dell’immobile. È quanto emerge dai dati raccolti da Anammi, secondo cui manutenzione ordinaria, costi per la pulizia e consumo dell’acqua sono le voci più contestate.
In sostanza, come si evince dall’indagine di Anammi, ormai un terzo degli italiani dilaziona costantemente il pagamento delle quote dovute per le spese in condominio. Si decide di saltare prima una rata, poi un’altra, poi un’altra ancora, entrando così nel tunnel della morosità condominiale, dal quale è poi difficile uscire. Una volta accumulata una certa somma, infatti, è ancora più complicato e oneroso rifondere il debito.
“Che l’Italia sia in recessione, gli amministratori di condominio lo avevano già capito – osserva Giuseppe Bica, presidente dell’Anammi –. Basti pensare alle assemblee condominiali che vanno deserte per evitare di votare le delibere necessarie a far fronte a riparazioni e ristrutturazioni degli immobili, anche quando sono urgenti, o alla continua contestazione delle spese essenziali, come dimostrano le nostre rilevazioni”.
Secondo un’indagine interna dell’associazione, infatti, i costi di gestione messi sotto accusa più di frequente in assemblea sono, nell’ordine, quelli legati alla manutenzione ordinaria, alla pulizia del condominio e al consumo dell’acqua. “Eppure, si tratta di attività di normale amministrazione, che consentono, nel medio periodo, di risparmiare – spiega ancora Bica –. Si arriva persino a criticare il costo del conto corrente condominiale. Un atteggiamento simile si può comprendere soltanto con la crisi economica e con la conseguente paura del futuro”.
Il fenomeno non è certo una novità: prima della crisi del 2008, un 10% dei condòmini non pagava le somme dovute al condominio. Ora la morosità è tornata a risalire: dal 20% del 2013 si è passati al 30%. Un fenomeno sociale, comune ai quartieri popolari come a quelli di alta gamma. “Nelle città, dove il costo della vita è maggiore – aggiunge il presidente dell’Anammi – appare sempre più difficile mantenere l’appartamento nell’immobile di pregio o nel rione storico. Con una classe media impoverita ed i professionisti sempre più in difficoltà, è facile comprendere come mai il problema abbia registrato l’ennesimo picco verso l’alto”.
Il problema, aggiunge Bica, “è che evitare le spese condominiali significa mandare in rovina l’immobile. Si pensi, ad esempio, alla riparazione di un impianto elettrico o di un cornicione: si tratta di lavori importanti, che coinvolgono la sicurezza dell’immobile e dei suoi abitanti. Non si può rimandare sempre e giustificare il moroso, a discapito, tra l’altro, di chi ha sempre pagato. Inoltre, in questo modo, è sempre più difficile svolgere il lavoro dell’amministratore condominiale”.
Visto l’aggravarsi del fenomeno, l’Anammi si interroga circa la possibilità, per i soggetti più fragili economicamente, di impiegare la Carta Rdc, ovvero il bancomat del reddito di cittadinanza, per le spese condominiali. “Non si tratta certo di spese per beni di lusso – afferma Bica – ma destinate alla gestione del luogo in cui viviamo, date le decine di milioni di italiani che abitano in condominio”.