[A cura di: dott.ssa Silvia Zanetta] Di regola, il contratto di locazione deve essere registrato a cura del locatore o del conduttore entro 30 giorni dalla stipulazione. La registrazione del contratto può essere effettuata per via cartacea oppure on line: quest’ultima è obbligatoria per i contribuenti che sono proprietari di più di dieci immobili, mentre è facoltativa per gli altri. Si effettua attraverso la compilazione del modello RLI: la “richiesta di registrazione e adempimenti successivi per i contratti di locazione e affitto di immobili”. Si tratta di un modello scaricabile dal sito dell’Agenzia delle Entrate, nel quale si devono indicare i dati dei soggetti e le informazioni relative all’immobile, il regime di tassazione, locazione con canoni differenti per le varie annualità.
Il modello RLI può essere usato sia per la prima registrazione del contratto di locazione che per le proroghe, risoluzioni o revoca della cedolare secca.
Gli adempimenti da svolgere per registrare il contratto sono i seguenti: presentare il modello RLI, pagare un’imposta di bollo da euro 16 per ogni 100 righe del contratto di locazione, e infine, se il contratto d’affitto non prevede la cedolare secca, allegare la ricevuta di pagamento dell’imposta di registro da versare tramite il modello F24 Elide, anch’esso scaricabile da sito dell’Agenzia delle Entrate.
Dopo la richiesta, se la registrazione è contestuale alla ricezione, l’Agenzia delle Entrate rilascia la copia del contratto firmata e timbrata. Nel caso in cui la registrazione sia differita rispetto alla ricezione, rilascia la ricevuta dell’avvenuta consegna e comunica successivamente quando la copia è disponibile.
Si noti che sui contratti di locazione sono previsti due tipi alternativi di tassazione: regime ordinario e sostitutivo. Il primo si applica a tutti i contratti di locazione stipulati da chiunque e obbligatoriamente si deve versare l’imposta di registro e di bollo. Il secondo (cosiddetta cedolare secca) si applica prevalentemente ai contratti di locazione ad uso abitativo (recentemente è stato esteso ai negozi, ma con una casistica specifica che esula dalla presente trattazione) e può essere scelto facoltativamente dal locatore.
La mancata registrazione del contratto entro il termine di 30 giorni ne comporta la nullità e quindi esso non produce alcun effetto: alcun canone di locazione può essere richiesto e il locatore non potrà procedere allo sfratto dell’inquilino per morosità, ma solo agire attraverso l’azione di occupazione senza titolo. La comminatoria di nullità conseguente alla mancata registrazione è stata introdotta espressamente dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 346 ed è applicabile a tutti i contratti di locazione a prescindere dalla destinazione dell’uso (abitativo o non).
Tale norma ha acceso un vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale su due punti: la qualificazione delle conseguenze del contratto di locazione non registrato e la possibilità di sanatoria di tale vizio.
Circa la prima questione, si sono possono individuare tre diversi orientamenti. Il primo indirizzo svolge un’interpretazione antiletterale, secondo la quale, sebbene la norma parli espressamente di nullità, il legislatore intendeva individuare una condizione di efficacia sanabile sin dall’origine.
Il secondo ritiene che la norma individua un’ipotesi di nullità sanabile ex nunc, ossia dal momento in cui l’omessa registrazione viene in rilievo. Il terzo indirizzo interpreta letteralmente l’articolo in esame e conclude che si tratti di una nullità insanabile e assoluta.
Sul punto sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione, le quali hanno accolto la tesi intermedia della nullità sanabile ex nunc, in quanto l’omessa registrazione del contratto di locazione è un vizio non originario, ma sopravvenuto, che deriva da un fatto extra genetico rispetto alla formazione del contratto. Il contratto produce gli effetti fino a trenta giorni dalla sua stipulazione, e se non viene effettuata la registrazione, viene dichiarato nullo. Durante i trenta giorni, le parti possono procedere alla registrazione del contratto, sanando il vizio di nullità. Questa sanatoria è un’eccezione rispetto alla disciplina generale della nullità, e trova fondamento nell’esigenza di tutela della parte debole del rapporto contrattuale, ossia il conduttore.
Recentemente, la Cassazione ha precisato che la sanatoria del contratto non registrato ha efficacia solo per il periodo di durata indicato nel contratto (cfr. Cassazione civile sez. III, 20/12/2018, n. 32934).
Ulteriore problematica connessa alla registrazione del contratto riguarda all’ipotesi in cui le parti si accordino circa un canone maggiore rispetto a quello indicato nel contratto registrato. Circa tale questione, viene in rilievo l’art. 13 comma 1 legge 431/1988, che commina la sanzione della nullità per tali patti solo nel caso di locazioni di immobili ad uso abitativo.
Questa norma è stata oggetto di molteplici approfondimenti da parte della dottrina e della giurisprudenza. In primo luogo, gli interpreti si sono focalizzati sul profilo temporale attinente al momento della stipulazione del contratto registrato e del patto occulto. In particolare, ci si chiede se sia vietato il patto modificativo contestuale alla stipulazione del contratto registrato, oppure il patto modificativo intervenuto nel corso del rapporto, cioè della locazione.
Inizialmente, la giurisprudenza ha adottato una tesi restrittiva, volta ad escludere ogni interferenza tra la norma tributaria che pone l’obbligo di registrazione e la validità dell’atto. La ragione veniva individuata nel principio di immodificabilità del canone di locazione nel corso del rapporto. Ne consegue che si riteneva valido il patto modificativo intervenuto contestualmente alla stipula del contratto, mentre nullo quello intervenuto durante la locazione. Nel 2015, questo orientamento è stato superato dalle Sezioni Unite, le quali hanno precisato che l’art. 13 comma 1 legge 431/1988 è volto solo a sanzionare solo il patto occulto, cioè l’accordo che simula il canone diverso da quello risultante nel contratto registrato, ma non inficia il contratto registrato, che resta valido.
Le Sezioni Unite hanno ulteriormente evidenziato che la successiva registrazione del canone maggiore contenuto nel patto occulto non integra un’ipotesi di sanatoria. Si tratterebbe di un adempimento extra negoziale che è inidoneo a spiegare i suoi effetti sull’assetto civilistico dell’efficacia del contratto.
Si noti, infine, che il contratto di locazione non abitativo è regolato dalla l. n. 392/1978 (legge sull’equo canone), che non prevede una disciplina analoga, sicché ci si chiede se la soluzione adottata dalla legge 431/1988 possa valere anche per i contratti di locazione ad uso non abitativo, e quindi se si possa ravvisare un’ipotesi di nullità virtuale e non solo testuale. Secondo la tesi dominante, la nullità del patto occulto non deriva dall’omessa registrazione, ma dall’illiceità della causa concreta del negozio. Qualificando la nullità in tali termini, si ritiene che l’articolo in analisi operi anche per i contratti di locazione ad uso non abitativo.
Tale conclusione è stata adottata anche dalla Cassazione con la sentenza n. 23601/2017: “È nullo il patto con il quale le parti di un contratto di locazione d’immobili ad uso non abitativo concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato; detta nullità vitiatur sed non vitiat, con la conseguenza che solo il patto risulterà insanabilmente nullo, a prescindere dall’avvenuta registrazione.”.