La trasformazione di un giardino condominiale in parcheggio, modificando la concreta destinazione della cosa comune, rappresenta un’innovazione per approvare la quale occorre una maggioranza qualificata in assemblea. È quanto rimarcato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 10077 del 10 aprile 2019, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 10.4.2019,
n. 10077
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Con ricorso depositato il 30.11.2009 R.A. e R.Ann. invocavano la declaratoria di nullità, ovvero l’annullamento, delle deliberazioni dell’assemblea del condominio … assunte in data 10.8.2009 e 22.10.2009. Assumevano in particolare che dette deliberazioni, con le quali erano state deliberate innovazioni alle cose comuni (specificamente, alle aree scoperte già destinate a giardino, delle quali era stata decisa la trasformazione a parcheggio) da ritenersi in tesi vietate ai sensi dell’art.1120 secondo comma c.c. e comunque, in ipotesi, assunte senza il rispetto delle maggioranze previste dal primo comma della disposizione appena richiamata.
Si costituiva il Condominio per resistere alla domanda e il Tribunale di Chieti, sezione distaccata di Ortona, con sentenza n. 370/2013 respingeva la domanda, condannando le attrici alle spese del grado.
Interponevano appello le R. e la Corte di Appello di L’Aquila, con la sentenza n. 1793/2017 oggi impugnata, respingeva il gravame condannando le appellanti alle spese del grado.
La Corte territoriale riteneva in particolare che il regolamento condominiale prevedesse la destinazione a parcheggio di tutte le aree scoperte comuni e non ravvisava pertanto alcuna innovazione nelle delibere contestate, che di conseguenza riteneva pienamente legittime.
Ricorre per la cassazione di detta decisione R.A. affidandosi a due motivi.
(omissis)
Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del regolamento condominiale in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in riferimento all’art. 360 n. 5 c.p.c.; nonché la nullità della sentenza o del procedimento per motivazione apparente in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. Ad avviso della ricorrente, la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto che la clausola del regolamento condominiale secondo cui “Sono di proprietà ed uso comune ed indivisibile a tutti i condòmini: a) il suolo su cui sorge l’intero edificio, il relativo sottosuolo e le aree scoperte destinate a Parcheggio” – peraltro riproduttiva della disposizione di cui all’art. 1117 n. 2 c.c. – comportasse la necessaria destinazione a parcheggio di tutte le aree scoperte di proprietà comune. Al contrario di quanto ritenuto dal giudice di appello, la clausola del regolamento condominiale non contiene, secondo la ricorrente, alcun vincolo di destinazione a parcheggio di tutte le aree scoperte, ma si limita a prevedere che quelle, tra dette aree, che siano destinate a parcheggio sono di proprietà ed uso comune e indivisibile a tutti i condòmini.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1120 e 1136 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’art. 360 n. 5 c.p.c.; nonché la nullità della sentenza o del procedimento per motivazione apparente in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c..
Ad avviso della ricorrente, le delibere oggetto di impugnazione, prevedendo la trasformazione del giardino comune in area comune da destinare a parcheggio realizzavano una innovazione, in tesi non consentita ai sensi del secondo comma dell’art. 1120 c.c. ed in ipotesi, comunque, soggetta all’approvazione della maggioranza qualificata di cui al primo comma della norma in commento (nel testo in vigore anteriormente all’entrata in vigore della Legge n. 220 dell’11.12.2012, applicabile ratione temporis).
I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono fondati.
Ed invero “In tema di condominio negli edifici, la distinzione tra modifica ed innovazione si ricollega all’entità e qualità dell’incidenza della nuova opera sulla consistenza e sulla destinazione della cosa comune, nel senso che per innovazione in senso tecnico-giuridico deve intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri l’entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria, mentre le modificazioni che mirano a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lasciano immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condòmini, non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto” (omissis).
La Corte territoriale dà atto, in motivazione, che con la prima deliberazione del 10.8.2009 l’assemblea condominiale aveva deliberato di adibire a parcheggio l’area sino ad allora destinata a giardino e, a tal fine, l’esecuzione di lavori “quali rimozione dei muretti, abbattimento delle piante di epitosfero, livellamento del suolo delle parti interessate ai lavori e spostamento dei lampioncini” (cfr. pag.3 della sentenza impugnata).
Dette opere non costituiscono semplici modifiche alla cosa comune finalizzate a sopperire alla sua eventuale insufficienza strutturale ovvero a migliorarne l’utilizzazione da parte dei condòmini, bensì vere e proprie innovazioni, in quanto mediante le stesse viene ad essere modificata la concreta destinazione della cosa.
In argomento, questa Corte ha affermato – a titolo esemplificativo – che la ristrutturazione dell’impianto fognario, vecchio di oltre cinquant’anni e bisognoso di interventi strutturali, non costituisce innovazione, trattandosi di opera necessaria alla conservazione ed al godimento della cosa comune (omissis). O ancora, che la bonifica di un terreno compiuta da uno dei comproprietari, non alterandone la destinazione economica ed essendo diretta al miglioramento del bene o a renderne più agevole la fruizione senza pregiudicare il diritto di godimento degli altri comproprietari, non integra gli estremi di un atto innovativo (omissis).
Il tratto caratterizzante dell’intervento di ristrutturazione o miglioria che non costituisce innovazione in senso tecnico giuridico va pertanto individuato nella conservazione della precedente destinazione concreta della cosa sulla quale esso incide.
Costituisce invece innovazione qualsiasi intervento modificativo eseguito sulle parti comuni di un edificio o su impianti o cose comuni che ne alteri l’entità materiale operandone la trasformazione, ovvero ne modifichi la destinazione di fatto, nel senso che detti beni, a seguito delle opere eseguite su di essi, presentino caratteristiche oggettive, abbiano una consistenza materiale o comunque siano utilizzati per fini diversi da quelli precedenti all’intervento, di guisa che le opere predette precludono la concreta utilizzazione della cosa comune in modo conforme alla sua naturale e precedente fruibilità (omissis).
Detti principi, che meritano di essere ribaditi, consentono di affermare che la trasformazione del giardino comune, realizzata mediante abbattimento dei muretti e delle essenze verdi, livellamento del suolo e spostamento dei punti di illuminazione, in funzione della nuova destinazione dell’area a parcheggio, costituisce innovazione, che come tale dev’essere assoggettata al regime previsto dall’art. 1120 primo e secondo comma c.c., nel testo in vigore anteriormente all’entrata in vigore della Legge n.220 dell’11.12.2012, applicabile ratione temporis alla fattispecie.
(omissis)
la Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la decisione impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte di Appello di L’Aquila.