[A cura di: ing. Fabrizio Mario Vinardi, consigliere segretario Ordine Ingegneri prov. di Torino] Storicamente, l’ATP – Accertamento Tecnico Preventivo – era (ed è tuttora) una procedura giudiziaria di “volontaria giurisdizione”, nella quale la parte, pubblica o privata, che ne ha interesse chiede al Giudice – attraverso apposito atto giudiziario di ricorso – di nominare un soggetto terzo affinché proceda alla descrizione e/o rappresentazione di uno stato di fatto.
Normalmente, il Giudice affidava l’incarico all’Ufficiale Giudiziario, che – recatosi sul posto indicato – procedeva ad una sommaria descrizione di ciò che la parte aveva descritto in ricorso, ad esempio l’esistenza di una vistosa crepa su un muro, piuttosto che la condizione di allagamento di una cantina. Naturalmente, non sempre l’Ufficiale Giudiziario possedeva le necessarie competenze tecniche per poter compiutamente comprendere e, conseguentemente, descrivere quanto oggetto di ricorso: in questi casi il Giudice nominava contestualmente un CTU – Consulente Tecnico d’Ufficio – ossia un professionista iscritto in un apposito Albo tenuto dal Tribunale, che coadiuvava l’Ufficiale Giudiziario nella descrizione, di fatto dettando il contenuto tecnico nel verbale di descrizione oppure, nei casi più complessi, redigendo una breve relazione, a volte supportata da fotografie o disegni.
Col passare del tempo, l’orientamento è stato quello di affidare direttamente al CTU il compito della descrizione, evitando la nomina dell’Ufficiale Giudiziario; il procedimento di ATP, pur divenuto un po’ più snello nella sua gestione, era comunque limitato ad una mera “fotografia” della situazione di fatto così come vista ed esaminata dal CTU.
L’innegabile vantaggio per la parte ricorrente era quello di tutelare il proprio diritto di acquisire una “prova” ben prima dell’instaurarsi di un processo civile e, al tempo stesso, poter porre rimedio al problema senza dover attendere i tempi del processo (si pensi all’esempio della crepa nel muro sopra citato: dopo la “fotografia” dello stato dei luoghi a cura del CTU, è possibile riparare la crepa evitando l’aggravarsi del dissesto). Tuttavia, il fatto che il quesito del CTU dovesse limitarsi alla mera descrizione dei luoghi (compito puramente ricognitivo), senza possibilità di essere esteso alla ricerca delle cause (che era, invece, lasciata alla fase di merito ossia alla causa vera e propria), costituiva un forte ostacolo alla concreta utilità e diffusione di questo strumento di tutela della parte. Per completare gli esempi precedenti, non era possibile accertare se la cantina si fosse allagata per rottura di una colonna condominiale oppure di una diramazione privata.
Fortunatamente, a partire dal 1° marzo 2006, con la riforma introdotta dalla conversione nella Legge n. 80/2005 del D.L. n. 35/2005, il procedimento di ATP è stato radicalmente innovato: alla precedente funzione “ricognitiva” è stata aggiunta la fondamentale funzione “valutativa”.
Quindi, posto ovviamente che il quesito lo chieda, il compito del CTU – oltre alla “fotografia dello stato dei luoghi” – è ora esteso anche ad indagare le cause che hanno portato al problema lamentato, indicando le opere necessarie per porvi rimedio, con stima dei relativi tempi e costi di intervento.
Sul punto va detto che è ben diverso, per il CTU, poter indagare sulle cause di un danno nell’immediatezza dei fatti (ATP) oppure a distanza di anni (CTU nella causa di merito), quando spesso l’originario stato dei luoghi è stato necessariamente modificato per evitare l’aggravarsi del problema iniziale.
Grazie a questa prima innovazione, l’ATP può diventare un ottimo strumento per permettere alle parti di valutare serenamente se sia opportuno cercare un accordo bonario oppure iniziare una causa di merito, soprattutto nei casi in cui vi sia inizialmente una reale incertezza sull’effettiva responsabilità dell’una o dell’altra parte ovvero vi siano pareri discordi sull’entità del danno.
Ma vi è di più: la citata riforma ha diversificato l’istituto dell’ATP attraverso due distinti articoli del codice di procedura civile: l’art. 696 e l’art. 696 bis cpc.
L’art. 696 cpc recita che “Chi ha urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato di luoghi o la qualità o la condizione di cose può chiedere … che sia disposto un accertamento tecnico … [che] può comprendere anche valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all’oggetto della verifica”.
Il requisito rimane, come prima della riforma, quello dell’urgenza di costituire – prima del giudizio – una prova sullo stato dei luoghi (funzione ricognitiva) con eventuale estensione alle cause ed all’entità del danno (funzione valutativa); perché l’ATP possa essere concesso, tuttavia, deve sussistere il periculum che lo stato dei luoghi possa modificarsi (o debba essere modificato, per motivi di sicurezza o salubrità), condizione che sarebbe di grave impedimento per poter acquisire e valutare la prova nella successiva causa di merito, stante anche le tempistiche (e a volte le lungaggini) della giustizia.
Nonostante, come sopra detto, la funzione valutativa dell’ATP possa essere di sprone per un accordo bonario tra le parti, il ruolo specifico è dettato dall’art. 696 bis cpc, che ha come titolo proprio “Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite” e prevede che “L’espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al 1° comma dell’art. 696” ossia mancando il requisito dell’urgenza (che normalmente comporta la necessità di ripristinare, modificandolo, lo stato dei luoghi prima del giudizio).
In questo caso al CTU è specificatamente richiesto di tentare di risolvere la controversia in seno all’ATP stesso: l’art. 696 bis, infatti, prevede che “Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti”.
In questo caso il CTU, dopo aver accertato lo stato di fatto ed aver compiuto le indagini tecniche di rito, deve aiutare le parti ad individuare possibili soluzioni conciliative; in caso positivo, gli accordi così raggiunti con l’aiuto del CTU vengono formalizzati dal CTU nel proprio verbale di conciliazione, cui il Giudice attribuirà – laddove una parte sia inadempiente – efficacia di titolo esecutivo, affinché si possa ad esempio iscrivere una ipoteca o procedere attraverso idonea procedura esecutiva.
Questa tipologia di ATP è spesso dirimente laddove le cause del problema siano pacifiche (an debeatur), ma vi sia disaccordo sulla valutazione del danno (quantum): si pensi, ad esempio, al caso di infiltrazione dichiaratamente proveniente da un terrazzo condominiale (o altro manufatto di proprietà comune); la responsabilità del condominio non è in dubbio, ma il condomino danneggiato potrebbe non aver trovato un accordo economico con il condomino (o la relativa compagnia di assicurazioni), per cui l’intervento del CTU in un ATP ex art. 696 bis potrà sicuramente risolvere il problema fornendo una stima del danno al tempo stesso autorevole e disinteressata.
Conclusioni
In conclusione, per tutelare i propri diritti è possibile: